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CAPITOLO 10- NOTTE ROSSO SANGUE

•DAVINA 

Tirai un respiro di sollievo e lasciai la presa del coltello, appoggiandolo sul piano. Sentivo una strana sensazione come se qualcosa non andava. Sorrisi. Ma lui non ricambiò quel gesto.

« Non così in fretta. Devo godermi la scena. » Alzai gli occhi al cielo.

Ma cosa speravo?

Che mi fermasse o che avesse pietà di me ma lui non prova questi sentimenti.

Ripresi il coltello in mano con un sorrisetto falso in viso e sfiorai con la lama il polso.
Avrei fatto aspettare a Klaus quel momento e anche il mio sangue: non ne avrebbe bevuto una goccia. O almeno così  avrei voluto ma era un sogno irrealizzabile.
Però volevo disobbedire anche se il sangue si sarebbe versato in ogni caso.

Aprii la mano e con un gesto secco mi tagliai sul palmo. Il sangue iniziò a sporcarmi  e così misi sotto il bicchiere. Sentivo ogni goccia scendere dalla mano,bagnando la pelle, poi cadere nel bicchiere lento. 

Odiavo il suo suono che sbatteva sul fondo di vetro, odiavo che Klaus otteneva sempre tutto ciò che voleva anche se un capriccio inutile o non indispensabile. Continuava a scorrere e più il tempo passava, più il bicchiere era pieno.

A metà  mi fermai.
La ferita bruciava e nonostante fosse abbastanza superficiale, sentivo leggeri brividi di debolezza. Forse non mangiare per un giorno mi aveva indebolito abbastanza, anche se la mia natura soprannaturale mi permetteva di vivere senza per settimane.

Sarà stata la paura o solo quella parte di me buona e incostante, chiusa per cinquecento anni, riemergere. Quanto avrei voluto non permette a nessuno di prendere la nostra vita e la nostra libertà, se avessi potuto.
Ma da un giorno all'altro le conseguenze dovevano arrivare e colpirmi in modo netto. Aspettavo da secoli quel momento e volevo essere forte ma non ha funzionato.

Il solo pensiero di poter superare tutto senza farmi male o fare del male a chi mi sta accanto era completamente svanito.

« Basta. Portami il sangue. Ho altri progetti per te. » Quella frase mi fece spalancare gli occhi verso di lui. Rideva.

Portai il bicchiere verso di lui e non appena mi avvicinai lo prese in mano e bevve un sorso. I suoi occhi si fecero rossi ma non appena sbatté le ciglia scomparvero, tornando le pupille azzurre. Sospirai.

« Adesso voglio che prendi lo stesso pugnale » disse Klaus facendo cenno di rimanere con lui accanto al tavolo. « Ora ti metti comoda su questa sedia.»

Lo feci subito senza esitare così da risparmiarmi punizioni aggiuntive. Per un momento mi calmai ma l'ansia di sapere cosa mi aspettava era più forte di tutto. Klaus si aprì leggermente i bottoni della camicia bianca che indossava e si tirò per bene su le maniche.

Si inginocchiò accanto a me.

Non rivolsi a lui nemmeno uno sguardo o un accenno di interesse da parte mia. Sentivo il suo respiro caldo sulla mano, in modo più intenso ad ogni secondo che passava.

La sua testa era vicina.

All'improvviso sentii i suoi capelli e l'orecchio sfiorarmi il gomito e la sue mani si appoggiarono alla sedia. Giuro di averlo sentito sorridere sulla mia pelle ma poteva essere solo una sensazione qualsiasi.

« Voglio che ti pugnali da sola. »
Mi girai di scatto verso di lui.
Lo guardai incredula. Da sola?
 
Capivo sfruttare il fatto che guarivo in fretta e non morivo ma sembrava più una questione di perché io dovevo farlo e non lui. A che gioco stava giocando?
Cosa poteva esserci di divertente ed appagante nel vedermi fare tutto da sola?

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