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CAPITOLO 15: DAVINA

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Un mese prima del ritorno a Mystic Falls

« Spingi ancora Amara. Spingi! Spingi! »

Mia sorella era distesa su quel letto da ore ma il bambino non voleva saperne di nascere. Intanto io le mettevo un pezzo di stoffa freddo sulla fronte, asciugavo il sudore e talvolta le tenevo la mano.

Purtroppo la paura e il timore che entrambi morissero nel parto era nell'aria della casa, a quel tempo erano frequenti casi del genere. Malattie, batteri e altri fattori potevano far peggiore la madre in pochi secondi con grandi perdite di sangue fino a portarla alla morte e il bambino poteva nascere già morente o con gravi problemi di salute. Ma nonostante nessuno in quella casa volesse quel piccolo, tutti speravano nella sopravvivenza di Amara.

Le urla di dolore di mia sorella avevano portato mio nonno e altri servitori in quella stanza ad aiutare me e mia nonna o semplicemente ad osservare. Dopo ultima lunga spinta il bambino nacque. 

« Una bambina! » Mi avvicinai ma non abbastanza in tempo. Era così bella nonostante l'avessi visto per un millesimo di secondo.

« Posso vederla? »
Dissi, sperando che la pietà di mio nonno per me ,mia sorella e la bambina fossero tali da farmela portare a Mystic Falls anche se come orfana ma almeno sarebbe rimasta viva e tra le persone con il suo vero sangue.

Mia nonna si avvicinò sorridendo ma fu interrotta dalla voce potente e severa dell'uomo accanto alla porta.

« Cosa fate? Portatela qui! »
Lei si avvicinò a mio nonno che non appena la prese in braccio la guardò con disprezzo. Amara distrutta nel letto assisteva alla scena implorandomi con lo sguardo di salvarla ma in un momento pensai che sarebbe stata uccisa da qualcuno nella casa per non mandare la famiglia bulgara nello scandalo e nella vergogna.

« Vi prego lasciatela a me. Nessuno saprà di Amara.» Dissi ma fui subito contraddetta.

« Non ci pensare nemmeno! »
Negli occhi di tutti c'era la speranza per quella bambina, nessuno la voleva lì nella casa ma nemmeno morta. Mio nonno era severo ma non avrebbe mai ucciso suo nipote. Mai.

« Posso vederla una volta?  Una volta sola!»
Implorai con le lacrime agli occhi. Ma quello sguardo non fece nessun effetto così lui andò verso il corridoio con la piccola che piangeva. 

Come poteva toglierla a sua madre? Non capivo e non intendevo mollare. Infatti cercai di fermarlo ma invano. Un mano mi prese il braccio per fermarmi ma non con cattiveria.

« Dimenticatela ! Questa bambina è la vergogna della famiglia e sperate abbia pietà con vostra sorella! »

« No vi prego! No! »

Quelle mani mi avevano preso in un abbraccio forte e di amorevole . Avevano preso la decisione di portarla via da noi senza nemmeno vederla negli occhi una sola volta. Quella crudeltà mi distruggeva.

« Davina lasciala andare. Lasciala andare, piccola mia, lasciala andare! »

Mia nonna piangeva, mi fece appoggiare la testa sulla sua spalla ma non c'era nulla che mi potesse confortare in quel momento. La figlia di mia sorella sarebbe morta o finita in chissà quale posto. Non potevo vivere senza il rimorso perché avevo lasciato andare così qualcosa di importante e nessuno l'avrebbe mai rivista.

« Vi prego. Fermatelo. Vi prego. »
Piangevo come non mai. Odiavo me stessa con tutto il mio cuore. I servitori avevano il volto coperto da un velo di pietà, quella riluttanza nel tenere la neonata era scomparsa. Avevo perso e così mia sorella poteva essere esiliata e io sarei dovuta tornare a corte prima del previsto.  Odiavo quella situazione ma ero costretta.

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