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«Cam!» la voce stridula di Celine mi riporta alla realtà.
Controllo il cellulare: Sabato 21 dicembre 2015.
Ma che problemi ha ?

Mi metto un cuscino in tesa per non sentire altro.
Dopo qualche secondo è già sparito.
«Cosa vuoi ?» chiedo a Celine con voce roca.
«C'è un tuo amico.. Tom, mi pare che si chiami»
Oh merda.
Mi ero completamente dimenticata che oggi dovevo uscire con Tom.

«Mamma e papà sono a casa ?» le chiedo.
Se solo scoprissero -soprattutto mio padre- che esco con un ragazzo senza che loro lo sappiano, mi rinchiuderanno in casa a vita.
In realtà sanno che esco. Ma sanno che esco a pranzare con Stacy.

«No, sono usciti presto stamattina, non ho idea di dove siamo andati» Gesù. Grazie.
Strano però. Di solito ci avvisano sempre. Ed io sono sempre più sicura che queste strane uscite centrino con l'offerta. E non credo più che sia una semplice offerta.

«Perfetto. Tieni occupato Tom il tempo necessario perché mi prepari» le dico mentre vado ad esaminare i vestiti all'armadio.
«Vuoi dire che devo tenerlo occupato per tre ore minimo ?»
Ma quanto odiosa può essere ?
«'Fanculo» le dico digrignando i denti.

Lei non replica e corre giù per le scale: lo capisco quando va più veloce, e l'ho imparato in questi sedici anni di vita.

Scelgo un paio di jeans e una maglia normalissima. Vado in bagno e faccio il possibile per sembrare presentabile.
Non ci riesco male e scendo soddisfatta.
Ho battuto letteralmente il mio record: 7 minuti per prepararmi. Portatemi le medaglie di Obama.

Scendo le scale, lo vedo sulla soglia, mi scruta leggermente.
Il mio battito cardiaco aumenta inspiegabilmente e cerco di stare calma quando i suoi occhi profondi mi fissano.

«Ciao» mi saluta sorridendo. Ricambio con un cenno di mano.
«Andiamo ?» chiede poi tirando fuori dalla tasca le chiavi della macchina. Andremo tanto lontano ?
Annuisco e lo seguo fino alla sua macchina.

«Hai perso la parola ?» chiede non appena siamo nell'abitacolo.
Ecco, ci mancavano le sue stupide battutine. Sento che sarà una giornata mooolto lunga.

«No» rispondo con forse troppa acidità.
«Va bene.. Non voglio rischiare di innervosirti ulteriormente» dice puntando lo sguardo fisso sulla strada, e picchiettando costantemente le dita sul volante. Non che lo stia osservando.
I suoi lineamenti sono troppo belli.. E per quanto possa essere antipatico ha carisma.

Quando mi sorprende a fissarlo sorride, ed io distolgo lo sguardo.
«Non c'è bisogno che tu smetta di guardarmi. Se sono bello lo sono e basta» Queste sue parole non fanno altro che confermarmi che è solo uno stronzo. Non so neanche perché sto perdendo tempo con lui. Anzi forse dovrei già andarmene. Se non fosse che sono dentro un'auto e che Tom la stia guidando.

Quando si ferma e scendiamo lo seguo fino ad una tavola calda. Molto carino il locale, niente male.
Ci sediamo e lui mi fissa per qualche secondo. Il cuore mi batte all'impazzata. E non so cosa dire. Quando mi fissa, mi manda letteralmente in pappa il cervello. E a me la situazione non piace per niente.

Non parliamo finché non arriva la cameriera e ci chiede cosa gradiamo mangiare.
E, quando se ne va, Tom inizia a parlare. È così evidente che sono a disagio ?
«C'è qualcosa che non va ?» mi chiede infatti.
C'è qualcosa che non va ? Non ne ho idea.
«No. È tutto apposto» In realtà non so davvero come mi sento, pranzare con lui é strano, ma allo stesso tempo provoca in me ansia ed eccitazione. Il mio cuore non la smette di battere ad un ritmo irregolare.

«Sicura ?»
«Sicurissima»
Mi sorride calorosamente. Mi sento arrossire. Wow. Arrossisco per un semplice sorriso.
Vai così, Camila. Continua a fare la figura dell'idiota.

Non riesco più a dire niente. Sono paralizzata. Vedo che arriva la mia salvezza con i vassoi in mano pieni di cibo.
«Grazie» dico sorridendo alla cameriera.

«Mmm.. Sembra buono, no ?» mi chiede Tomas.
«Delizioso» replico io. La realtà è che sono affamata.
E che non vedo l'ora di dare un morso a questo panino.

Mente lo gusto, la sua voce mi interrompe.
«Sei buffa»
«Cosa ?» gli chiedo per la conferma delle parole che ho appena sentito.
«Mi hai sentito. Se buffa» dice Tomas ghignando.
«Non è vero!» protesto in mia difesa. Mi dà infinitamente fastidio. Perché ho accettato di uscire con lui ? Non lo so.
«Ohh, si che è vero!» dice divertito. Chiamalo come vuoi, ma questo è tutto fuorché divertimento. Alzo gli occhi al cielo e continuo a mangiare.
Decido di lasciarlo perdere: non lo sopporterei sentir parlare della mia buffonaggine un minuto di più.

Quando finisce lui mi scruta attentamente. È colpa mia se sto ancora mangiando. «Che c'è ?» gli chiedo in preda al penultimo boccone.
«Niente» dice, e distoglie lo sguardo. Non lo capisco.
Un attimo prima mi fissa, e poi e turbato se me ne accorgo e glielo faccio notare.

Non ci penso su e finisco tranquillamente il mio cibo.
Ci dirigiamo verso la cassa e lui si offre di pagare. Mai e poi mai. Se c'è una cosa che proprio non sopporto è quando un ragazzo si offre di pagare tutto.
Alla fine però è lui ad averla vinta.
Cavoli, è bravo.

«Dove vai ?» mi chiede non appena esco dal locale.
«A casa, forse ?» gli dico alzando un sopracciglio. Ma dove pensava che volessi andare ?
Pensavo che avesse quel minimo di cervello per capire che mi ha infastidita come una mosca che non sa cosa fare e quindi sente la necessità di starti intorno.

Apre la bocca per parlare, poi la richiude. Ci pensa su, e io mi metto a braccia conserte. Che ha intenzione di fare ?
«Va bene» dice infine. «Ti accompagno a casa»
Ti accompagno a casa.
Okay, mi ha assecondata. Per la prima volta. Pensavo che si mettesse a protestare e che mi portasse in chissà che posto, e invece no.
Però so una cosa: da lui non voglio passaggi a casa.

«No senti..non ce n'è bisogno» tagliò corto io.
«Ti accompagno a casa» ripete lui freddamente.
Apro la bocca per parlare e scuoto la testa.
«O-Okay» Accenno un sorriso. Lui mi mostra i suoi fantastici denti, un po' come i vampiri quando sai che vogliono il tuo sangue ora.

Camminiamo lentamente e restiamo in silenzio fino a quando mancano circa ottocento metri a casa mia, finché io non perdo la pazienza.
«Senti, perché stiamo andando così lenti ? Io devo andare a casa e desidererei che tu mi facessi arrivare in tempo, Tom» gli dico fermandomi di colpo.
Ridacchia.
Se c'è una cosa cosa che odio è la gente c'è ridacchia in continuazione. E lui è una di quelle.

«Andiamo» dice poi tendendo la sua mando in modo che io possa afferrarla.
«No» dico scuotendo la testa. «Io non vado da nessuna parte con te. Perciò cambia direzione e vai a casa tua, grazie» gli dico, e senza dargli il tempo di reagire mi volto e me ne vado a passo svelto.

Dopo duecento metri mi volto: è sparito.

ForseDove le storie prendono vita. Scoprilo ora