Capitolo XXI - schiava

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La casa, anzi, la villa era immensa. All'entrata c'erano alcune guardie. Oltrepassate le pesanti porte di noce ci trovammo in una sala enorme animata da un viavai di gente. L'uomo ci slegò e ci condusse in una stanza al primo piano.
《Io sono Alan. Questa è la vostra stanza. Non voglio vedervi in giro, più tardi un inserviente vi dirà cosa fare e dove andare. E vi farò portare dei vestiti.》
Detto ciò uscì. La camera era piuttosto piccola e spoglia, due letti a castello erano addossati alla parete insieme ad una cassapanca.
《Cosa pensi di fare?》mi chiese Damon.
《Cosa?》 Di che stava parlando?
《Non fare la stupida. Perché ci troviamo qui? Se non fosse stato per te saremmo sicuramente altrove, non in questo stupido posto.》
《Di cosa vorresti incolparmi? Del fallimento della vostra fuga? O forse ti dispiace essere schiavo di un umano? Io sto solo ascoltando l'Oracolo. Inoltre, è meglio essere qui che non nella casa di qualche demone o strega. Cosa pensi di ottenere scaricando le colpe su di me? La situazione è questa, non puoi cambiarla.》
Calò il silenzio e mi accorsi di aver quasi urlato. Dovevo imparare a controllarmi. Entrò una ragazza e ci consegnò i vestiti. Indossai il mio quasi senza guardarlo. L'ultima cosa di cui mi sarei curata era il mio aspetto, avevo pensieri molto più importanti e questioni urgenti da risolvere. Per esempio volevo mettermi in contatto con Dalia appena possibile. Alan entrò di nuovo nella stanza. Guardava me. Mi fece segno di seguirlo e io uscii. Lo guardavo inespressiva aspettando una spiegazione. Lui però si limitò a guidarmi per i corridoi fino ad una stanza quasi vuota. L'unico presente era un ragazzo che mi guardava con interesse.
《Lui è mio figlio, Christian. Sei la sua schiava personale. Comportati bene e non usare la magia.》
Sembrava avere la mia stessa età. Era più alto di me, biondo con gli occhi chiarissimi. Non avevo nemmeno bisogno di sentirlo parlare: gli si leggeva tutto in faccia. Pareva divertito. Da cosa, non lo sapevo. Mi indicò di seguirlo in una stanza vicina.
《Quindi tu sei Alexis. Non male, mi ricordi qualcuno. Così hai i poteri?》
Annuii senza cambiare espressione.
《Vedremo se resisterai più di una settimana》
Mi scappò un sorriso compiaciuto. Se ero stata capace di resistere agli dei, cosa poteva mai farmi lui, un semplice umano?
《Cosa c'è di tanto divertente?》
Era sorpreso e forse anche irritato. Non si aspettava un reazione simile, naturalmente.
《Solo... cosa potresti fare di così terribile?》
《Non hai paura》
Non era una domanda, ma si sbagliava. Forse non si vedeva, ma come ogni essere umano avevo paura. Paura di quello che non conoscevo.
《Eppure dovresti. Forse ti serve un piccolo aiuto. La prima è stata con me cinque giorni, poi ha supplicato di essere impiegata in qualsiasi altro modo. La seconda abbiamo dovuto eliminarla dopo tre giorni. La terza sette giorni, la quarta sei. E ora ci sei tu.》
Mi si era avvicinato e avevo dovuto impiegare tutta la mia forza di volontà per restare immobile. Mi spinse contro il muro e premette la sua bocca sulla mia con violenza. Già, me lo aspettavo. Ma stavo perdendo il controllo delle mie azioni. Cercai di spingerlo via e lui mi bloccò le mani. Sapevo che avrei potuto fermarlo in qualsiasi istante, ma dovevo restare calma. Non potevo permettermi di commettere un simile errore. Era stato uno dei consigli di Dalia: "sii docile". Non capivo perché, ma dovevo ascoltarla.
《Non muoverti》sussurrò. Si spostò e prese una boccetta contenente un liquido nero. Tornò da me. Mi versò in gola l'intero contenuto della boccetta e si assicurò di non perderne nemmeno una goccia. Sentii il sapore amaro del liquido freddo in gola. Mi sentii invadere da una strana sensazione al petto. Guardai Christian sogghignare e strinsi i denti.
《Cos'hai fatto?》
《Una piccola precauzione tesoro. Così sarò sicuro che ti comporterai bene. Guardami.》
Alzai lo sguardo involontariamente, non ero io a muovermi. Mi sembrava di essere di nuovo controllata da Astrea, solo che ora era Christian ad avermi in pugno.
《E farai tutto ciò che ti dirò. Sarai solo mia.》
Mi sembrava di bruciare viva.
《Ah, e i tuoi amici non devono sapere nulla di tutto ciò, hai capito?》
Annuii meccanicamente.
《Domani mattina vieni nella mia stanza dopo la colazione. Inizieremo a giocare.》
Mi alzai e tornai alla mia stanza. Dentro c'era solo Damon.
"Dove sono gli altri" pensai.
《Evelyn lavora nella biblioteca, Tristan non so dove sia. Dove sei stata?》
Aprii la bocca ma non nessun suono.
"Dal figlio di Alan"
《Cos'hai? Perché non parli?》
"Non posso, quel ragazzino mi ha fatto bere qualcosa"
《Cosa?》
Ripensai a quel liquido nero e al sapore amaro.
《Astrea lo usava sui... sui suoi servi. Ma te ne ha dato troppo, o almeno credo. Visto che hai i poteri di Astrea con te potrebbe funzionare diversamente.》
"Come sai tutto questo?"
《Dimmi che non sei la sua schiava》disse quasi pregante. Lo guardai e deglutii.
"Cos'hai sentito?"
Esitava.
"Damon?"
Lo fissavo aspettando una risposta che però tardava ad arrivare. Quando si decise le sue parole mi scivolarono addosso come un fiume in piena. Lo guardai abbassare lo sguardo e strinsi i pugni cercando di reprimere la rabbia. E più questa avanzava, più mi bruciava il petto.
《Calmati. Ti farai del male.》
《A te che importa?》ruggii《Non sai proprio niente》
Taceva. In fondo era vero. Cosa ne sapeva lui della rabbia cieca, incontrollabile? Cosa ne sapeva lui di quel fuoco?
《Molto più di quanto credi》
Mi buttai sul letto e affondai la faccia nel cuscino. Soffocai i lamenti e piansi nel cuscino senza sapere per quale motivo piangevo. Per il dolore? Per la paura? Per la rabbia?

"Non piangere, Alexis"
《Dalia? Sei tu?》
"Sì. Cerca di calmarti, è la rabbia a provocarti il dolore."
《Aiutami. Non ci riesco.》
"Sei sicura? Devi accettare i ricordi, ma devi farlo da sola. Io posso solo farti incontrare una persona, una delle persone che hai dimenticato."
《Di chi parli?》
"Devi capirlo da sola"
《E cosa devo fare con Christian?》
"Sii docile, conquista la sua fiducia come hai conquistato i suoi occhi."

Mi alzai e mi asciugai le lacrime sulle guance. Il bruciore nel petto era quasi svanito. Trstan ed Evelyn erano nella stanza.
《Cos'è successo?》chiese Evelyn.
《Niente, solo una visione》risposi. Per fortuna Damon non aveva detto niente.
《Hai visto qualcosa di utile?》
《No, avevo già avuto la stessa visone.》
《Ah. Dove sei stata?》
《A lavorare, niente di speciale. Nelle stanze di Alan.》
Mi credevano. Perfetto. Tornai a stendermi sul letto.
《Sapete che ore sono?》
《23:17》
《A che ora è la colazione?》
《7:30. Perché?》
《Per sapere quando uscire》
Chiusi gli occhi pur sapendo che non sarei riuscita a prendere sonno.
《Cos'è successo?》sentii sussurrare ad Evelyn. Sentivo i loro sguardi su di me.
《Non credo che...》
"Non c'è problema. Puoi dire tutto quello che vuoi." pensai.
Non disse tutto, no. Non parlò loro di cosa mi sarebbe successo, né del motivo per cui avevo pianto, non sapevo perché.

Mi svegliai, anzi... mi alzai verso le sette. Non avevo, semplicemente avevo ascooltato il variare del discorso durante la notte. Evitavo di pensare alle parole di Damon. Ma almeno per una volta ero sicura delle sensazioni che provavo. Non era paura, no. Era rabbia pura e semplice, ne ero certa. Lo sapevo perché non volevo combatterla, volevo accoglierla, anche se mi costava caro. Ero stufa di perdermi in futili battaglie contro me stessa. Stufa di essere circondata da fantasmi. Stufa di cadere davanti a tutti, senza possibilità di rialzarmi. E la situazione era parecchio ridicola se si considerava che ero la schiava di un ragazzino viziato, e questo perché? Per il semplice fatto che non volevo soccombere ad Astrea.

Descendants - La Maledizione di AstraeaDove le storie prendono vita. Scoprilo ora