Capitolo XXII - incontri

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Scendemmo per la colazione, non che ne avessimo bisogno. Semplicemente era meglio non sparire troppo a lungo. La mensa per gli schiavi era uno scantinato piuttosto piccolo, visto il numero di persone presenti. L'ambiente era ben illuminato, le macchie di umidità erano visibili sui muri di pietra scura. Era strano trovarsi entro delle mura scure, fino ad ora ero stata immersa nel bianco. Ci sedemmo vicini, i posti erano in gran parte vuoti. Mi guardai attorno in cerca di un viso familiare e mi bloccai. Diedi una leggera gomitata agli altri e puntai lo sguardo su quel volto. Damon mi guardava preoccupato e lo fulminai con un'occhiata.
《Non dovresti guardarlo, Alexis. Non se non ti sai controllare. Abbassa lo sguardo.》
Ma io ero bloccata e nella mia mente avevo le immagini di tutto ciò che mi aveva fatto. La rabbia saliva rapida e inarrestabile.
《Troppo tardi》sussurrai tra i denti. Strinsi i pugni sotto il tavolo. Lentamente Lhokar alzò lo sguardo, fino ad allora basso, e mi guardò. In pochi istanti anche lui rimase pietrificato. Nei suoi occhi vedevo la paura, la stessa che io avevo provato davanti a lui, e iniziai a vedere nero. Solo allora riuscii a guardare Damon.
《Portami via》
Lui si alzò e mi seguii in silenzio fino alla nostra stanza. Solo allora concessi alle lacrime di scendere lungo le guance. Lacrime di rabbia e dolore, perché se non fosse stato per quello che avevo bevuto probabilmente Lhokar sarebbe morto nello stesso istante in cui l'avevo visto.
《Non dovevamo scendere, scusa. Come va il petto?》
《Meglio... aspetta! Come sai...?》
《Avresti dovuto lasciare subito la sala. Non sei in grado di controllarti, dovresti almeno lasciarti aiutare.》
《Non ho bisogno del tuo aiuto, me la cavo anche da sola. E questo è stato solo un incidente.》
《Un incidente che avrebbe portato alla morte di Lhokar》
Mi alzai e iniziai a camminare.
《Dove vai?》
Il corpo non rispondeva ai miei comandi e mi avvicinavo sempre di più alla stanza di Christian. Cancellai ogni traccia delle lacrime poco prima di entrare.
《Oh, Alexis. Vieni.》
Mi avvicinai sostenendo il suo sguardo.
《Qualcuno sa cosa succede tra noi?》
Non mi piaceva il modo in cui si era espresso. Il "noi" era completamente fuori luogo.
《Si》sussurrai.
《Cosa? Come l'ha saputo?》
Strinsi i denti.
《Non lo so》dissi con voce tremante.
《Oh no, tesoro. Non va bene, non puoi mentirmi. Ora ti mostro quanto può essere forte, forse cambierai atteggiamento. Non muoverti.》
Posò le sue labbra sulle mie e ricambiai il bacio. Ma era il suo controllo a muovermi o ero io? Non lo capivo, ma escludevo categoricamente la seconda opzione. Portò le mano al corpetto del vestito e lo slacciò con calma, divertito dalla mia impotenza. Ero riluttante, eppure sapevo che mi stavo solo facendo del male.

Ero stanca. Non sapevo da quanto tempo le sue mani erano su di me, ormai aveva sentito ogni parte del mio corpo. Spogliata di tutte le mie difese mi sentivo debole e indifesa.
《Sei incredibile, Alexis. Sei così tremendamente perfetta, la migliore di tutte. Se fossi anche buona...》
Gemetti piano.
《Lasciami. Non hai già fatto abbastanza?》
《Oh no, tesoro. Devi capire che con me non puoi fare quello che vuoi.》
Sospirai.
《E cosa ti fa pensare che io voglia mentire?》
Era stupito e incredulo.
《Non vuoi?》
《Non si mente perché lo si vuole, si mente se ce n'è bisogno》
《E ora stai mentendo?》
《No》
Si era fermato. Davvero lo avevo convinto? Era stato strano, soprattutto perché non ho avuto bisogno di pensare. Semplicemente avevo agito d'istinto.

Christian pov
《È bello parlare con un umano》disse lei. Era un momento molto strano. Nessuna schiava mi aveva parlato così e sapevo che era sincera. Ma non capivo perché cercava di parlarmi. In fondo però aveva ragione. Non parlavo davvero con qualcuno da settimane ormai e non avevo mai considerato la possibilità di parlare con gli schiavi.
《Credo di sì. Forse è per questo che mio padre mi porta solo umane.》
《Nah, le umane sono solo le più deboli. Cerca solo di aiutarti.》
《E perché ha preso te?》
《Semplice. Primo: io ero l'unica umana. Secondo: non ti libererai di me in una settimana.》
Credeva di resistere? Beh, un po' ci speravo. Era davvero stupenda e, da quanto vedevo, potevo parlarci normalmente. Quando l'avevo vista avevo pensato che era come le altre, solo più bella. Ma oggi ne avevo visto la forza: nessuno era mai riuscito a disobbedire. Guardai l'orologio: segnava le 11;43.
《Pranzo. Rivestiti e vai. Torna alle 16. 》
Seguì gli ordini e sparì svelta. Controllai di essere in ordine e uscii anche io dalla stanza. Raggiunsi il resto della famiglia nella sala da pranzo, dove tutti erano già seduti e pronti per mangiare. Li salutai con un cenno del capo e mi sedetti al mio solito posto.
《Com'è la ragazza?》mi chiese mio padre.
《Sorprendente》mi limitai a dire con un mezzo sorriso. Sì, sorprendente era la parola giusta.
《Quando smetterai di portarti dietro quelle sgualdrine? Sono fastidiose.》commentò Eleonor, mia sorella maggiore.
《Tranquilla. Questa resterà più a lungo.》
《Sicuro fratellino? A me non sembra tanto diversa.》
《Spero che valga tanto quanto quello che ho speso per lei》commentò mio padre.
《Ve lo assicuro. E anche se non avessi ragione, la questione non riguarderebbe che me.》
Dafne scoppiò a ridere. Era poco più piccola di me, ma sapeva essere odiosa.
《Chris, dovresti fare attenzione. La schiavetta ti ha stregato.》
La fulminai con uno sguardo senza prestare attenzione al suo commento.
Ogni volta che cambiavo schiava era la stessa storia. Tutti volevano sapere come mi sembrava, se sarebbe resistita, se mi piaceva. Ma questa era la prima volta che ne difendevo una.
《Christian》
Trasalii. Mia madre non parlava spesso.
《Sono stanca dei tuoi capricci. Non è possibile che tutte le tue schiave non resistano più di una settimana. Voglio vedere cosa fai.》
Oh no, no.
《Cosa?》
《Hai capito bene. Verrò oggi stesso a controllare.》
《Ma... non...》
Ero senza parole. Cosa voleva? Lei odiava avvicinarsi agli schiavi, perché voleva vedere proprio la mia Alexis? Evitai di rispondere, tanto era inutile.

Alexis pov
Prima di andare in mensa entrai nella mia stanza. Avevo qualche minuto per calmarmi, poi avrei dovuto lasciare la camera. Damon era lì che mi aspettava, lo salutai con un cenno del capo. Chiusi gli occhi e liberai la mente dai ricordi della mattinata. Mi concentrai solo sulle immagini dei volti che ultimamente mi tormentavano. Qualcosa dovevano pur significare.
《Non riesco a capire perché continuo a vederli. Chi sono?》sussurrai a Damon.
《Non credo che...》
《Hanno a che vedere con me?》
《Sì》
《Allora devo saperlo》
Lui sospirò ma rispose.
《È la tua famiglia》
Uscii dalla stanza.
《Dove vai?》
《Mensa》
《Cosa? Hai visto come hai reagito questa mattina! Resta qui.》
Lo ignorai e continuai a camminare spedita. Damon mi prese per una mano.
《Perché diavolo stai facendo tutto questo? Io non ti capisco. Perché ti comporti così?》
《Non c'è nulla da capire》
Mi affrettai per i corridoi ed entrai nella mensa. Mi guardai attorno in cerca di qualche posto libero e scorsi una zona quasi vuota, che mi sbrigai a raggiungere. Damon mi seguì a ruota. Restai seduta in silenzio con lo sguardo basso.
《Alexis》
Alzai il volto con lentezza.
《Lhokar》lo salutai disgustata. Questa volta però non cercai di oppormi, semplicemente lasciai che il fuoco fermasse la mia rabbia.
《È strano incontrarci qui. Qualche tempo fa io ero un dio e tu eri distrutta.》
《E poco dopo le sorti si sono ribaltate. Tu eri un mortale distrutto dalle mie mani di dea.》
《Eppure io sono vivo e tu sei una schiava》
《Non sono l'unica, a quanto pare. Siamo state noi a mandarti qui?》
《Non sai quanto vi sono grato》disse il dio ironico. Mi voltai verso Damon, che ci guardava sbalordito.
《Visto? Ho capito come fare e ora ho tutto sotto controllo.》
Più o meno. Il petto mi bruciava, ma ci avevo fatto l'abitudine. Ma dal suo sguardo capii che qualcosa non andava. Lo guardai interrogativa.
《Andiamo》
Dalla sua espressione capii che era importante. Mi voltai e stavo per alzarmi quando Lhokar parlò.
《Ho visto tua cugina Jennifer qualche giorno fa. È sparita dopo soli due giorni nella stanza del ragazzino.》
Mi bloccai mentre un mare di immagini invadeva la mia mente. Ricordi che avevo perso. Mi alzai e uscii il più velocemente possibile, il volto pietrificato in un'espressione di tristezza. Entrai nella stanza seguita da Damon e chiusi la porta.
《Jenn... lei... come?》
《Cos'hai? Non ti ho portata via in tempo. Mi dispiace.》
Fredde lacrime nere mi rigavano il volto.
《Non dispiacerti, non hai sbagliato. Con quale intento l'ha detto?》
Lui parve stupito ma rispose.
《Ferirti》
《Beh, mi ha solo aiutata. L'Oracolo mi aveva detto che avrei incontrato qualcuno, un aiuto. Per prendere lo scettro di Astrea ho rinunciato ai miei ricordi e accettato la sua rabbia. Grazie ai ricordi la rabbia è sparita.》
《Vuoi dirmi che lui senza saperlo ti ha aiutata? Questo è...》

《Brava ragazza》disse Dalia.
《Ti riferivi a lui?》
《Sì e presto ti tornerà utile, ma ora devi avere pazienza. Continua così e conquisterai il ragazzo.》
《Ma io non capisco. Perché devo conquistarlo?》
《Devi avere pazienza e giocare bene le tue carte. Capirai tutto quando i tempi saranno maturi.》

《Alexis, posso vedere una cosa?》
Lo guardai senza capire. Damon mi si avvicinò e le sue labbra sfiorarono le mie, poi la pressione aumentò lasciandomi senza fiato. Ma in un attimo mi sentii avvampare e mi ritrassi. Abbassai lo sguardo e Damon uscì. Impiegai pochi secondi per capire. Christian aveva detto "sarai solo mia". Non ci avevo pensato in quel momento. Sentii dei movimenti dietro la porta e guardai fuori. Damon stava correndo verso la stanza di Christian e mi affrettai a seguirlo. Cosa pensava di fare? Ebbe un attimo di esitazione e riuscii a raggiungerlo e afferrarlo per un braccio. Lo tirai via fino alla nostra camera.
《Cosa pensi di ottenere andando da lui?》
《Deve lasciarti stare》
《E come pensi di convincerlo?》
《Deve lasciarti stare》ripeté.
《Damon non fare lo stupido. Riuscirai solo a farmi ammazzare.》
《Sei immortale》
《Solo se Astrea è nei paraggi》
Sospirò indeciso. Perché non accettava la situazione?
《Non posso stare lontano da te》mi sussurrò all'orecchio. Gli gettai le braccia al collo ignorando il dolore al petto.
《Non devi farlo. Devi solo avere pazienza. Usciremo da questo posto.》
《Ti fa male, non posso farti questo》
《Questo non è niente in confronto alle torture degli dei》ribadii. Era triste, triste per davvero. Non potevo vederlo così. Io avevo fatto appoggio su di lui e lo avrei fatto ancora, dovevo almeno fare qualcosa per lui.
《Posso...?》
Lo anticipai e chiusi la sua bocca con la mia. Lui mi prese per i fianchi e mi alzò un po' da terra. Rimanemmo così per alcuni istanti (o forse minuti?) e mi parve di vivere di nuovo. In quel poco tempo dimenticai tutto. Non importava se ero una schiava, non importava se ero umana, non importava se ero maledetta. L'unica cosa importante era che in quel momento, tra le sue braccia, io ero vera, lui era vero. Tutto si limitava a questo, ed era una sensazione bellissima.

Descendants - La Maledizione di AstraeaDove le storie prendono vita. Scoprilo ora