Capitolo 3

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Copyright © Astrad98, 2016
Attenzione alcune città, personaggi e luoghi presenti in questa storia sono veri ma il modo in cui vengono rappresentati sono frutto dell'immaginazione della suddetta scrittrice. E' vietata la riproduzione completa o parziale dell'opera ( es. frasi, descrizioni, contenuti e citazioni) senza il permesso della scrittrice. Il plagio è punibile a norme di legge.

A questo mondo esistevano due tipi di persone: quelle brave in cucine e quelle non tanto portate. La prima esigeva una predisposizione anche naturale, come ad esempio, quelle persone che alla prima prova riuscivano a creare una torta o un piatto degno di Master Chef. La seconda, invece, consisteva nell'essere un completo disastro ai fornelli. A tal punto, che Gordon Ramsay avrebbe chiesto un'ordinanza restrittiva per farti stare lontano dalla cucina. Poi, c'era una terza classe, ovvero quella degli amanti del microonde e dei piatti facili. Io rientravo senz'altro in questa categoria. Non facevo sicuramente esplodere la cucina, beh, perlomeno, non più e sapevo cucinare alcuni piatti anche in modo decente. Tuttavia se potevo, preferivo di gran lungo usare il microonde, anche perché tra il collage e il lavoro, non potevo perdere tempo a cucinare, quindi i miei pasti, erano facili, semplici e veloci ma comunque buoni. Diciamo che tra me ed i fornelli, infatti, c'era una piccola di avversione reciproca che andava avanti dall'alba dei tempi. Da quando all'elementari per preparare un paio di dolcetti per Santo Valentino, non soltanto stavo per rompere il forno della scuola ma avevo mandato all'ospedale circa 10 bambini, per forte indigestione, da allora è iniziata anche la mia antipatia per questa festa. Pensare che tra quei bambini, avevo una cotta per 6 di loro. Da allora, per tutti i cinque gli anni, nessuno bambino aveva osato più dichiararsi. La cucina non aveva segnato solo la fine della mia brillante carriera da pasticciera ma anche la fine di tutte le relazioni future, dato che ebbi l'opportunità di seguire molti di quei piccoli bambini, sia alle medie che al liceo, dove avevano subito delle strepitose trasformazioni. A finale, mi ero arresa e fino alla maturità, una presunta relazione tra me e la cucina era stata impossibile, oltre che esplosiva... letteralmente. Sebbene, amassi le frequentazioni illegali e il brivido del pericolo, non ero disposta a farmi bruciare viva. No, grazie, preferivo la prigione. Tuttavia, come si diceva, a mali estremi, estremi rimedi e quando avevo iniziato a frequentare il collage, stare lontana da loro, era stato pressoché impossibile. Anche perché, vivere esclusivamente con i pranzi della mensa ti riduceva al verde in un baleno. A quel punto, avevo preso in mano la situazione e avevo dovuto imparare. I primi tentativi, erano stati disastrosi e penso che Beth, la mia compagna di stanza, non mi abbia ancora perdonato per averle bruciato i capelli. Non tutti, tutti, solo le punte...perlomeno, li avevo sfoltiti. Dopo, altri piccoli incidenti di proporzioni minori, avevano imparato, perlomeno a cucinare i secondi. La pasta era tutta un'altra storia. La signora Bennett, il mio capo e proprietaria della pasticceria dove lavoravo, La Paris Baguette, era quella che aveva oro nelle mani. I suoi croissant, i suoi eclair riempiti di crema e glassati con il cioccolato, oppure le sue incredibili torte, autentici capolavori, come il Mocha chiffon cake, facevano ballare le tutte papille gustative . Di certo, lavorare in una pasticceria non era il posto adatto per gli amanti del fitness oppure per coloro che come per me erano sostenitori di una 'dieta' sana e equilibrata. Purtroppo, i peccati della gola erano difficili da combattere e tra un assaggio e la fama, era stato impossibile rifiutare. Lavoravo in quella pasticceria da 2 anni, non era il lavoro dei miei sogni ma perlomeno era meglio che fare la cassiera al supermercato. Esperienza che non avrei mai più voluto ripetere. Al solo pensiero, mi si rizzavano i capelli. L'unica cosa che rendeva gran parte delle giornate, perlomeno passabili, era l'uomo delle pulizie che si metteva a ballare 'Let's groove' dei Earth, Wind & Fire. Sfortuna che la sua decenza riguardo i gusti musicali, era totalmente inesistente per quanto riguardava il ballo, agita quel sedere come un frappè. Quel lavoro era stato un inferno, oltre alla noioso. Tra i turni rigidi e assurdi, la cordialità meccanica che dovevi mostrarsi a tutti i clienti, per non parlare delle pulizie e la chiusura, era stato orripilante. Tuttavia, per mia fortuna quel capitolo si era chiuso ben presto. La Paris Baguette non distava molto da Harvard, aveva orari flessibili, proprietari con un briciolo di compassione per gli altri e potevi scambiare qualcosa di più di un semplice sorriso con i clienti. Dalla vetrina refrigerata espositiva proveniva un delizioso profumo di brioche calde, baguette fumanti appena uscite dal forno,zucchero a velo e ganache al cioccolato oppure all'amarena mentre una nuova filiera di macarons usciva dalla cucina. Quei dolci avrebbero fatto gioire sia grandi che piccini grazie ai vivaci colori e alla loro graziosa forma, oltre alla bontà della farcitura. Li compravo sempre quando dovevo entrare in territorio nemico, ovvero a casa della mia migliore amica. Erano una specie di baratto o segno di pace che portavo ai figli con la rassicurazione che per circa un'ora non ci avrebbero mai importunato. Anche che ci pensavo, non era proprio una brillante idea, dato che quell'assorbimento di zuccheri, li scatenava più di prima e non riuscivi a fermarli, fino alla sera.
Aprii la vetrina, sistemando le targhetta e i vassoi, combattendo contro la voglia di allungare la mano per afferrare un bignè. Si avvicinava l'ora di pranzo e tra un po' il locale sarebbe stato super affollato. Infatti, non ci limitavamo solo alla vendita esclusiva di leccornie da far cadere i denti ma possedevamo anche un menù salato per vegetariani e non, e per tutti i momenti della giornata. Solitamente l'ora di pranzo e la cena costituivano i nostri momenti di punta, con più entrate, alla mattina e al pomeriggio, comunque, c'era affluenza ma era abbastanza scorrevole. La mattina era in assoluto il momento che più preferivo. Soprattutto quando accendevano la luminosa insegna a led e aprivano le finestre in tal modo che la luce potesse illuminare il bancone bianco in corian soldato, sulla quale erano incise in differenti caratteri e in tutti le lingue la parola dolci, in un caldo marroncino. Mi era sempre piaciuto il designer di questo posto, come ad esempio i pavimento in rovere chiaro, i tavolini in wenge bianco, le sedie e i divanetti in morbido ecopelle, fino ai lampadari a sfera che scendevano a spirale. Era luminoso, chiaro, semplice e moderno, che ti conquistava a primo impatto. Una scelta perfetta per una pasticceria.
"Come sta andando con il trasloco, dolcezza?"Jim uscì dalla cucina e si tolse il berretto, lasciando libera quella cascata di ricci castani che faceva stravedere le donne. Con la sua altezza e la sua corporatura massiccia come quella di un giocatore di football, unito alla sua carnagione olivastra, accompagnata dai suoi penetranti occhi neri, avrebbe potuto spingere una donna a spogliarsi nuda. Come mai faceva il cuoco, invece che il buttafuori oppure una guarda del corpo?Era uno dei problemi irrisolti della storia dell'umanità. La curva sottile delle sue labbra e i muscoli sotto il grembiule, gridavano sesso da tutti i pori. Infatti, gran parte dell'affluenza femminile che arrivava, era dovuto a lui. Diciamo che oltre ai pasticcini servivamo anche il suo numero di telefono, una piccola garanzia di successo. Jim, con quelle enormi mani non era soltanto bravo a fare torte e bignè. Nei primi tempi, ci aveva provato con me, piuttosto spesso ma l'avevo rifiutato tutte le volte, scelta di cui, a distanza di anni, mi stavo pentendo amaramente. Comunque, alla fine si era instaurato un buon rapporto, un po' come tra fratello e sorella, solo con battute e conversazioni che sfioravano il malizioso. Lui era diventato il mio bodyguard mentre io ero diventata la sua consulente relazionale.
"E' stressante, per fortuna che ho avuto Katherine ad aiutarmi con gli scatolini, altrimenti sarei già morta"sospirai, sfoggiò un mezzo sorriso mentre dalla tasca tirava fuori un pacchetto di sigarette. Aggrottai la fronte "sai che nell'orario di lavoro, non puoi fumare, non voglio un'altra ramanzina di Judy" Judy alias la signora Bennett, ovvero il nostro capo, era molto rigida sulle trasgressioni e ci teneva tantissimo all'igiene e alla reputazione del locale. Inoltre aveva la sorprendente abilità di tenerti ore ed ore seduta sulla sedia a parlare e tu dovevi restare lì ad ascoltare, e per ascoltare intendevo proprio che dovevi ascoltarla, perché poi si passava alla verifica. Al terzo richiamo, tuttavia, si passava a quelle che io chiamavo 'le punizioni corporali', cioè provvedere a chiudere ed aprire la pasticceria. Ciò significava, tornare un'ora e mezza più tardi alla sera e alzarsi alle 4 del mattino per aprire e sistemare. Una vera tortura. "Non voglio essere di nuovo la tua complice, sei stracolmo di debiti nei miei confronti"mi lanciò un'occhiata, con quel viso scolpito dai tratti nordici, avrebbe fatto sciogliere chiunque
"Lo sai che sei la mia complice preferito, vero, dolcezza?"ripose in tasca le sigarette, sorrisi "inoltre, ti ho invitato più volte di una volta a unirti a me, ti potresti rilassare"scrollò le spalle, scossi il capo, non sarebbe mai cambiato "comunque, se ti serve aiuto con il trasloco, io ci sono, non potrei mai lasciarti morire, poi chi mi aiuterebbe con le donne"mi fece l'occhiolino, già, questo gigante aveva qualche problema di relazione, incredibile, vero?Fin quando l'argomento era di naturale sessuale ed era la donna che si strusciava contro, allora, era tutto okay, ma quando si trattava di attaccare bottone con una cliente, per invitarla a uscire, allora,era un disastro. Una strana ironia della sorte.
"Per adesso si sta occupando di tutto il proprietario, ovvero il mio coinquilino"inarcò un sopracciglio sorpreso "tre giorni fa ho ricevuto una sua chiamata"dal telefono, la sua voce risultava stranamente più profonda e meno brusca dell'altra volta. Alla sua chiamata, avevo lodato il cielo. Quando ci eravamo incontrati per la prima volta, mi aveva assicurato che si sarebbe occupato lui del trasloco ma dopo una settimana, senza avere sue notizie, mi ero un po' preoccupata. Anche perché non avevo molti soldi e non volevo chiedere a David di pagarlo per me. Poi sarebbe stato impossibile,anche perché tra il lavoro e l'università, sarei arrivata alla fine messa peggio di un troll, spaventando i miei futuri corteggiatori. Magari avrei fatto come Penelope, nascosta dietro uno specchio ad osservare la schiera di ragazzi, soltanto per incontrare quello giusto. Niente principe azzurro per me, avevo giù usufruito di quell'abbonamento, un'esperienza che non avrei più ripetuto. Neanche Jared Leto sul dorso di un cavallo, mi avrebbe potuto convincere...beh, diciamo che magari un pensiero l'avrei fatto ma piccolo,piccolo. Alla fine, parlare con lui mi aveva fatto sentire incredibilmente bene, poiché mi aveva tolto di dosso un grandissimo peso, garantendomi di pagare il trasloco.
"non è un manico sessuale, vero?Altrimenti, lo faccio fuori, nessuno deve toccare la mia dolcezza"di questo non avevo dubbi
"nessuno farà del male alla tua dolcezza, non preoccuparti ma ora torniamo a lavorare prima che Judy ci scopra".

Amore in Affitto [Sospesa a tempo indeterminato]Dove le storie prendono vita. Scoprilo ora