Confusione

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Piper non ne poteva più di svenire e ferirsi, per poi lasciare che gli altri la aiutassero a rialzarsi ogni volta.
In questo caso, un pezzo di tetto di pietra le aveva colpito la testa, ed era svenuta sul colpo.
Quando si era risvegliata si era ritrovata in una stanza d'ospedale. Rabbrividì. Le pareti bianche, come tutto intorno a lei, la facevano sentire strana ed impotente. Non le piacevano gli ospedali, con quel loro tipico odore che circondava ogni cosa come un'aura.
La sua prima impresa fu quella di mettersi a sedere, il che fu terribile. Il dolore alla testa era troppo forte, appena si era tirata su le sembrava le avessero conficcato una freccia poco sopra la nuca.
Si morse le labbra, cercando di mascherare il mugolio di dolore. Le braccia faticavano a reggerla, ma doveva resistere. Non poteva arrendersi in quel momento. In ogni momento, si era sempre sentita quella più debole, senza grandi poteri o una grande personalità. Ci aveva messo del tempo per costruire a poco a poco se stessa, il suo coraggio, la sua perseveranza, la sua stima nei suoi stessi confronti.
In quel momento aveva la sensazione che stesse tutto crollando come un debole castello di carte che il vento faceva crollare pezzo dopo pezzo, una carta alla volta, creando una tortura per i resti che cercano di restare in piedi.
Lei in fondo era un piccolo castello di carta. E in quel momento, ogni carta che formava un tassello della sua vita stava volando via.
Ma chi era in fondo lei?

-Solo una brutta copia degli altri... Non sei mai stata davvero tu, tu non esisti davvero. Sei solo un riflesso degli altri, senza una trama precisa...

Piper sbarrò gli occhi all'udire quella voce, sottile e profonda al tempo stesso, così simile alla sua lingua ammaliatrice.
Non doveva dargli retta, o sarebbe crollata. Non poteva permetterselo.

-Ehy Piper, cara, come ti senti oggi?

Nella stanza entrò un uomo sulla cinquantina, con un pò di capelli bianchi e gli occhi di un azzurro vivace, in contrasto con la serietà del resto.
La sua postura esprimeva autorevolezza, ma stranamente Piper non si sentiva a disagio, anzi. Si sentiva quasi... Attratta da lui. Era il suo pass per uscire da quel posto, ne era certa. E non poteva certo lasciarsi sfuggire l'occasione.
Ma in quel momento, il suo corpo non sembrava rispondere ai suoi stessi comandi.
L'indiana rimase in silenzio, fissandolo nella sua entrata nella stanza.
Lui la guardò aggrottando le sopracciglia.

-Ehm... Piper?

La sua voce era chiara e limpida alle orecchie di Piper, ma in quel momento non le importava.
Si alzò, lentamente, mentre il dolore scivolava via da lei, come se fino ad allora avesse avuto il peso di un oceano su di lei, e questo ora scivolasse via, come se alla fine fosse sola e semplice acqua.
L'uomo nella stanza indietreggiò.
Cosa sto facendo?
La sua mente pensava una cosa, ma il corpo ne faceva un'altra. Sentiva il polpastrelli pizzicare, e li sfregò gli uni con gli altri, ma la sensazione non diminuiva, anzi sembrava aumentare.
L'uomo la guardò, quasi spaventato, ed indietreggiò.
Dietro di lui vi era uno specchio.
L'attenzione di Piper era tutta rivolta a quello. Vedeva il suo viso, i loro corpi, i suoi occhi vacui.
Lo specchio, uno dei metodi per ammirare la bellezza di una persona. La bellezza fisica, esterna, quella che ti dava la prima idea di una persona, che ti fa pensare "Mi posso fidare" o meno.
Bellezza... Sua madre, Afrodite.
La voce maschile nella sua testa era forte e chiara. Una voce quasi... Familiare.

-Ora capisci come hai rubato i poteri a Zoey?

La Dea PerdutaDove le storie prendono vita. Scoprilo ora