Campo Giove

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Fate cominciava ad essere sempre più confusa. Insomma, la sua vita non era mai stata effettivamente facile, soprattutto da quando sua madre era morta, lasciandola da sola.
Aveva ancora con sé la sua collana, divisa da quelle dodici perfette incisioni. Non aveva mai perso la speranza di poterla ritrovare un giorno, non poteva averla abbandonata così. E soprattutto, era convinta che non fosse morta. Forse era semplicemente un sogno della sua infanzia che ormai si portava dietro da così tanto tempo da essersi ormai radicato completamente nella sua mente. O forse era solo una consapevolezza. Una di quelle che aveva a volte, durante le quali veniva a conoscenza di cose che in realtà non avrebbe dovuto sapere. Come era successo a scuola con Rachel. O come era successo con Zoey. O con... Percy.
La consapevolezza di sapere dove fosse ma di non poter dire nulla agli altri era una sofferenza atroce, soprattutto a causa del fatto che loro stavano male senza di lui. 
Nico, che già all'apparenza non sembrava una persona piena di vita, sembrava essersi chiuso ancora di più in se stesso, e l'unica persona che gli si poteva avvicinare era Sadie. 

Rachel aveva lo sguardo costantemente perso nel vuoto, come se avesse visioni continue. Una volta aveva provato a parlarle, e ciò che ne era uscito fuori non sembrava certo di buon auspicio. 

-Mi sento come... Legata.

Rachel parlava con tono vacuo, spaventato. 

-Mi sento come se fossi legata a qualcosa, sono immobile, nonostante vorrei andarmene. Sento che qualcuno sta morendo di fronte a me, che vorrei salvarlo, ma non posso. Fin'ora non ho nemmeno visto chi sia questa persona. Poi vedo sempre più spesso fiamme... Incendi, uragani, tempeste... Catastrofi naturali, ma non so nemmeno in quali luoghi.

L'aveva guardata con una piccola scintilla di speranza.

-Secondo te cosa vuol dire?

Fate non voleva che si sentisse male. Le aveva messo una mano sulla spalla.

-Onestamente? Penso che dovresti concentrarti su ciò che possiamo capire dalle tue visioni. Sono importanti, tu sei importante per il gruppo. Pensa solo a San José. Se non fosse stato per te, non saremmo qui.
-Ho fatto un danno. Percy non è qui. Ed è colpa mia.
-Non prenderti le colpe di cose che non hai fatto, non è corretto, non è giusto. Vedrai che tutto si risolverà.

Rachel aveva annuito e le aveva rivolto un piccolo sorriso, per poi dormire. 

Sembrava che quella chiacchierata le avesse fatto bene. Appena sveglia arrivò con la notizia che sapeva dove dovevano andare: Campo Giove. Avevano bisogno di qualcuno là dentro.
Quella era stata probabilmente la notizia migliore della settimana. I ragazzi si erano subito rimessi in viaggio. Sadie e Nico avevano passato la maggior parte del viaggio a dormire, mentre lei non ci era riuscita, nonostante si sentisse scarica, come senza batterie.
Zoey guidava come se ne andasse della sua stessa vita, mentre Rachel sembrava quasi meditare. Stava seduta sul sedile con gli occhi chiusi, ma Fate percepiva che fosse sveglia. A volte aveva quasi paura di entrare nei ricordi delle loro persone, nelle loro storie. Apprezzava molte cose di Rachel. La sua allegria, la sua fantasia, la sua creatività. Nonostante ciò, sapeva essere seria se ce n'era bisogno. Sapeva che fosse un po' gelosa di alcune persone, ma questo solo per la sua paura costante di perderle e restare di nuovo sola. Non aveva mai considerato i suoi come la sua famiglia, non l'avevano mai degnata di uno sguardo, tranne quando faceva loro comodo. Era una cosa che odiava, e ora voleva tenersi stretto ciò che aveva. Forse anche per questo la scomparsa di Percy l'aveva colpita particolarmente. 
C'era solo una cosa che a Fate non piaceva di lei. La sua irriverenza, quella voglia di fare sempre le cose a modo suo, il suo pensarsi superiore a cose come... Il suo stesso destino. Se uno dei suoi amici fosse stato in pericolo di vita, Fate era sicura che avrebbe cercato in qualunque modo di salvarlo, anche a costo di mettere a rischio le vite di altri. Era troppo fedele. La fedeltà era anche il difetto fatale di Percy. Forse loro due erano sempre andati così d'accordo anche a causa di quella fedeltà cieca che li univa, che li spingeva a compiere azioni impensabili. 
Fate si considerava una fatalista in un certo senso. Se ti succedeva qualcosa, un motivo ci deve essere sempre. Il destino, il tuo fato, è già segnato. Un po' come se tanti fili invisibili ci collegassero gli uni agli altri, e noi li percorriamo, e le nostre azioni le scegliamo noi, ma in realtà qualcun altro ne era già a conoscenza. Anche per questo la perdita di Percy non era stata troppo grave per lei. All'inizio l'aveva confusa molto, era vero. Ma se era accaduto... Un motivo ci doveva essere, e il suo compito non era interferire, ma solo capire. 
Dopo la sua visione su Percy, la sua concezione del ragazzo era cambiata completamente. Se prima si fidava di lui, ora sapeva di avere un necessario bisogno del suo aiuto. O nulla sarebbe andato nel verso corretto. Erano così simili e diversi al tempo stesso, legati da quel filo invisibile che aveva paura si potesse spezzare troppo presto. 
Si era spesso posta delle domande su quei legami. Se uno di questi si spezzava, era possibile ricucirlo? Sperava di sì. Lo sperava con tutta se stessa. 
Quando Zoey annunciò il loro arrivo al Campo Giove, non sapeva se sentirsi sempre più piena di domande a cui trovare risposta, o così piena di risposte alle quale doveva trovare una domanda. 

Quando mise piede giù dal veicolo, sentì l'aria fresca invaderla. Sentì subito l'energia di tutti quei semidei del Campo. La sentiva nell'aria, nella terra, in loro stessi. Sentiva ogni energia, positiva o negativa che fosse.
Sentiva gli Inferi e il Labirinto sotto di lei, sentiva le potenze divine sopra di loro. Si sentiva forte e debole, felice e triste. Sentiva i cuori e le anime di tutti suonare all'unisono, in una splendida armonia fatta di note accordate e di quelle sbagliate, di azioni e reazioni, di gentilezze e di errori.
Cominciò a volteggiare a qualche centimetro da terra quasi senza accorgersene.  Sentiva ogni perfezione ed imperfezione. Sentiva tutto, in quei fili che per un paio di secondi riempirono la sua visuale. Migliaia di migliaia di fili dai colori più disparati, accesi e spenti, tutti intrecciati gli uni con gli altri. Quando tornò a terra cominciò a correre verso l'ingresso del Campo. Le due guardie all'ingresso cercarono di fermarla, ma a lei bastò attraversare la porta, come se quasi non esistesse. Si sentiva forte. Comprendeva quel potere che la attraversava. Giusto e sbagliato su di lei allo stesso tempo. Non avrebbe dovuto abusarne. Vide il fiume di fronte a lei. Non era troppo profondo. Vide tutti coloro che l'avevano attraversato e avrebbero continuato a farlo. Chiuse gli occhi, e saltò il fiume con un balzo. 
Quando li riaprì, quattro occhi, due color ossidiana e due color grigio tempesta, la osservavano freddi e sulla difensiva. Una aveva già un coltello in mano, l'altra aveva messo mano all'elsa della spada di osso.
Alzò le mani in segno di difesa. Aveva esagerato. SI sentiva di colpo stanca, affranta, distrutta, come consapevole di aver fatto un errore.

-Sono qui per parlare. Sono qui con...

Non riuscì a finire la strada che cadde a terra svenuta. 

La Dea PerdutaDove le storie prendono vita. Scoprilo ora