Vita e Morte

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Portare Piper in ospedale era stata la cosa più semplice e allegra della loro giornata.
Dopo che tutti si erano sentiti meglio, Zoey aveva preso la cherokee in spalle ed erano corsi all'ospedale più vicino. Quel medico dall'aria gentile aveva subito portato via Piper, dicendo loro di andare a.distrarsi, nonostante quello strano terremoto, non registrato e previsto da nessuno, che aveva scosso la città di San José. Per fortuna i danni non erano stati troppi, e i ragazzi avevano deciso di andare a prendere Percy. O per lo meno, Fate, Zoey e Nico decisero di andare. Rachel non se la sentiva di lasciare Piper sola.

-Se si dovesse sentire meglio, qualcuno deve restare qui.

Gli altri avevano concordato. Sadie aveva deciso di stare con lei. La rossa sembrava molto scossa, e avere al suo fianco qualcuno non avrebbe potuto farle che bene. Perciò loro due erano rimaste in ospedale, anche se la stanchezza era prevalsa sulla rossa, che al ritorno dei tre era addormentata sulla spalla di Sadie.
Sapere che Percy era scomparso li aveva sconvolti non poco. Nico ricordava con esattezza ogni momento. Si erano arrampicati sul tetto, come la prima volta. Ma una volta in cima, Percy non era lì. Sulle tegole, le uniche cose rimaste erano la giacca di Nico e Vortice, la spada di Percy. Percy non avrebbe mai abbandonato la sua spada, e poi questa sarebbe dovuta tornare da sola nella sua tasca, ma invece era lì. Quando Nico la prese in mano, la sentì fredda, come se non fosse più quello che era sempre stata. Quando la aprì, la spada uscì fuori, ma era diversa. Prima aveva come... Un'energia propria. Ora non sembrava nulla, solo un oggetto da museo, con valore sì storico, ma nulla di reale. Gli oggetti in un museo non si possono toccare, sfiorare, sentire davvero...
Le lacrime uscirono dagli occhi di Nico senza che potesse fare nulla per fermarle.
Fate gli aveva subito messo una mano sulla spalla.

-Lo ritroveremo. É una promessa.

Lui la guardò negli occhi, scuri e sinceri. Gli venne in mente quella frase di Sadie... Si sarebbe mai fidato davvero di qualcuno?
Le prese la mano e si rialzò, rimettendosi la giacca che ora profumava vagamente di mare. Gli occhi pizzicarono, ma Nico ricacciò tutto indietro. Non c'era bisogno che anche lui crollasse.
Zoey aveva una faccia diversa. Fredda, seria, preoccupata ed indifferente allo stesso tempo. Guardava lontano.
Nico l'aveva appena sentita sussurrare la frase "Sarei dovuta restare con lui...".
Fate li aveva portati via entrambi da lì, per poi cercare nei dintorni. Non avevano trovato alcuna traccia di Percy. Nessuna.
Alla fine si erano arresi ed erano tornati in ospedale a dare la brutta notizia alle altre, sperando almeno in u a ripresa di Piper, che però sembrava non avere dato segni di guarigione. O per lo meno era ancora svenuta.
Zoey e Fate si erano sedute, e mentre la prima sfogliava con rabbia e figa i giornali a disposizione senza mai leggere realmente neanche una pagina, l'altra preferì dormire. Sembrava affaticata, e forse un pò di riposo l'avrebbe aiutata.
Sadie invece l'aveva fissato per un pò.

-Nico, puoi seguirmi un secondo?

Nico aveva annuito, e si alzò, seguendola nel giardino. Era molto stanco e avrebbe tanto voluto dormire, ma in quel momento Morfeo sembrava ignorarlo.
Quando Sadie si era seduta sulla panchina, lui aveva fatto altrettanto.
Anche lei aveva un'aria stanca, e non sembrava la ragazza vivace e ribelle che Nico aveva visto all'inizio. Aveva gli occhi stanchi, nonostante quella luce allegra, era fin troppo tranquilla. Tra i suoi capelli, le ciocche colorate ormai stavano quasi per sparire definitivamente.
Lei sospirò. Non sembrava essere troppo intenzionata a parlare sul serio, e Nico avrebbe preferito tentare di riposarsi.

-Allora Sadie?

Lei lo guardò con i suoi vivaci occhi azzurri, che a Nico ricordarono dolorosamente Will.
Gli mancava tanto, non poteva negarlo.
Lei tirò fuori dalla tasca dei jeans un pacchettino.

-É per te.

Non disse altro, non lo aveva neanche guardato in faccia.

-Scusami? Un regalo?
-É da parte del mio... Ragazzo. Anubi. Sai, il dio dei morti dell'Antico Egitto, bla bla bla...

Aveva un'aria triste, quasi affranta.
Nico sospirò, e aprì il piccolo pacchetto:al suo interno vi era una piccola collana con un simbolo egizio. Sadie lo guardava sottecchi, e sbarrò gli occhi.

-É... É un Ankh.
-Un che?

Lei sospirò, come se quella collana le portasse alla mente brutti ricordi.

-É il simbolo egizio della vita.

Nico la guardò, confuso.

-E perché darlo proprio a me? Insomma, ma mi ha visto?

Lei sospirò.

-Non... Non lo so, Nico...

-Hai... Problemi con lui?

Sadie gli scoccò un'occhiataccia che lo fece pentire di averle posto quella domanda.

-Non. Sono. Affari. Tuoi.

Nico sospirò e si rigirò quel ciondolo dorato tra le mani. Aveva una strana consistenza sotto i suoi polpastrelli, costantemente gelidi. Sembrava quasi... Tiepida, come se l'avesse già rigirata a lungo tra le mani.

-Anche mia madre ne aveva una uguale.

Nico guardò Sadie, i cui occhi, azzurri e quasi sempre vivaci, ora erano vuoti e persi nel vuoto, come se stesse osservando qualcosa che solo lei poteva vedere.

-Mia madre. É morta tempo fa. Io ero piccola, ma mi ricordo bene di lei... Ho parlato con il suo spirito e poi non l'ho più rivista... Poi é morto mio padre...

Strinse tra le mani una collanina, che aveva quasi la forma di angelo stilizzato.

-Se dovessi perdere anche mio fratello... Io non so che farei.

Nico sospirò. Non aveva quasi mai affrontato apertamente quel discorso con qualcuno. Ma forse era arrivato il momento. Proprio con quella ragazza della sua stessa età, eppure così allegra e positiva, così diversa da lui.

-Anche mia madre é morta quando ero piccolo. Mio padre é... Bé, Ade. Non ha mai badato sul serio a me e mia sorella.

Sadie lo guardava e ascoltava con attenzione, ma lui preferì non incontrare i suoi occhi mentre raccontava.

-Poi...

Sospirò.

-Io non sono di quest'epoca. Io dovrei essere morto. Io... Vengo dagli anni '30, all'incirca. Io e mia sorella siamo rimasti in un hotel particolare, nel quale la nostra età rimase invariata... Fino a quando non ci hanno fatto uscire. Io avevo undici anni, mia sorella tredici. Lei é andata in missione e...

Non concluse la frase, mordendosi il labbro, ma Sadie sembrava aver capito perfettamente.

-Non mi restava nulla... Non voglio che ti succeda la stessa cosa. So quanto sarebbe brutto.

Sadie gli sfiorò il braccio.

-Grazie...

-Di cosa?

-Di fidarti di me.

Nico rimase colpito da quelle parole. Non erano stati molti coloro che gli avevano mostrato vero affetto, oltre a sua madre e sua sorella. Hazel, Percy, Reyna, Jason... E Will. In quel momento gli mancavano così tanto... Avrebbe dato qualunque cosa pur di riavere uno di loro accanto a sé. Se avessero dovuto portargli via anche loro... Non sapeva se sarebbe riuscito ad andare avanti.
Si alzò in piedi, cercando di scacciare quei pensieri, ma fu travolto in pieno da Sadie, che lo abbracciò.
Lui ricambiò la stressa. Aveva bisogno di qualcuno.
Fu un abbraccio breve, ma bastò ad entrambi. Nessuno dei due era così sdolcinato da amare gli abbracci troppo lunghi, da provare affetto e fiducia nei confronti di tutti.
Poi Nico si sfiorò la collana, attaccata al suo collo.

-Allora il simbolo della vita eh? Indossato da un figlio di Ade, dil degli Inferi greco, e dono di Anubi, dio dei morti egizio?

Sbuffò.

-Non penso capirò mai gli dei.

Sadie ridacchiò.

-Vita e morte, in fondo, sono più collegate di quanto pensiamo.

Insieme tornarono nell'ospedale, e Nico con tutte le sue preoccupazioni per la testa, quell'ultima frase di Sadie e la collana, calda al contatto con la sua pelle fredda.
La sfiorò ancora, come se in qualche modo potesse aiutarlo.
Come se fosse una delle sue ultime speranze.



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