Georgiana stava dormendo sonni relativamente tranquilli fino a quando quel cavallo non decise di calpestarla. La pestava e non la smetteva, recalcitrante e violento. Le stava spezzando il braccio, ne era certa, solo che non era un cavallo. Vide cos'era quando aprì gli occhi. Spalancò le palpebre per due volte prima di sentirsi spaccare in due dal male e realizzare che c'era una luce troppo forte e un vociare assordante. Poi un grido che non poteva controllare uscì dalla sua gola: fu dapprima confuso, poi sempre più chiaro. Ritrovandosi presente a se stessa si mosse tutta, anzi non si mosse affatto. Era bloccata da qualcosa: erano persone. Manifestò il suo disappunto con un fortissimo singhiozzo che non intenerì il dottor Mills. Egli continuava ad operare e a dire qualcosa di irriconoscibile in direzione di un'ombra, sopra di lei, che la teneva ferma. Benedict si trovò in difficoltà nel sedare Georgiana e Borrough dovette intervenire. L'effetto fu però contrario, la ragazza si stava svegliando sempre di più, si dimenava e rendeva difficile l'operato del dottore. Lucas, che aveva il viso molto vicino a quello di Georgiana, vide che quei grandi occhi marroni riacquistavano lucidità fino a che, ne era sicuro, lei lo stava riconoscendo. Quel forte odore alcolico del fazzoletto che Borrough le teneva sulla bocca entrava nelle narici di Benedict e lo intorpidiva, ma non scalfiva la ragazza. Poi lei girò la testa di lato e vide. Rosso, una lama, e quella puzza. Inorridì e decise di combattere irrazionalmente contro quell'abominio. Tenerla ferma stava diventando impossibile, ma prima che la situazione degenerasse Mills estrasse il proiettile e Georgiana decise che era stremata. In fin dei conti quell'odore era un soave profumo che l'avrebbe accompagnata nel sonno. "Tempismo perfetto" sbottò Lucas che mollò la presa e fece qualche respiro profondo scuotendo la testa. Borrough e Cavendish erano anch'essi molto provati e il dottore disse che la ricucitura sarebbe stata veloce.
Aprì gli occhi e fu come non averlo fatto perché intorno a lei era quasi buio. Aveva un forte mal di testa e ad ogni respiro sentiva di scoppiare di dolore. Ecco cosa l'aveva svegliata: un formicolio al braccio mentre rinveniva. Questo leggero fastidio si trasformò in una serie di dolorosissimi crampi che si alternavano fino a divenire una spiacevole costante. Si lamentò e, a seguito di quel rantolo, ottenne una curiosa reazione. Qualcosa si mosse in fondo ai suoi piedi: un frusciare di vesti, una lampada accesa, una voce che la interrogava. Era una donna e le sciacquava il viso. Ora la vedeva: era la signora Benedict. Una delle doti per le quali era maggiormente apprezzata dai suoi contemporanei era quella di essere indispensabile al capezzale dei malati. Nonostante non fosse affatto una persona che si poteva definire generosa, dimostrava un'empatia non comune per coloro i quali si trovavano in situazioni di salute peggiori di quanto non si trovasse lei. Era un'eccellente infermiera nonché una premurosa compagnia per i malati. Un vero peccato, però, che avvertisse l'imminente dipartita di chiunque si trovasse confinato a letto, sia che si trattasse di idropisia che di una banale tosse.
"Mia cara non alzatevi... ecco, bevete questo" disse in tono compassionevole allungando alla ragazza un bicchierino con all'interno un liquido dolciastro e sgradevole. "Vi trovate ad Headston Park dopo una brutta caduta da cavallo. Tutti i vostri familiari sono stati rincuorati e vostra madre mi ha informato che resterà presso i Cavendish in modo da agevolare ogni comunicazione sulle vostre condizioni di salute". La signora Benedict aveva avuto ben quattro ore di tempo per studiare una piccola bugia che potesse evitare ogni turbamento a quella sfortunata giovane e aveva pensato che la caduta da cavallo sarebbe stata molto più adatta allo scopo. Inoltre proteggeva da ogni possibile e prematura accusa il suo adorato figliolo. La signorina Eagle chiese dell'acqua e la ottenne dopodiché cercò di ricordare qualcosa a riguardo di cavalli e cadute. La signora Benedict si era sistemata ottimamente su una poltrona in quella sfarzosa stanza dove il blu era il colore dominante. Il letto era comodissimo, il camino doveva essere presente da qualche parte anche se non lo vedeva. Vi era, infatti, un gradevole tepore che Georgiana non sentiva da secoli. Richiuse gli occhi fingendo di addormentarsi con il solo scopo di non essere guardata con tanta insistenza dalla padrona di casa, la quale, tronfia della sua capacità di evitare sofferenze a quella debole creatura, ritornava compiaciuta a sonnecchiare nella sua poltrona. Il turbine di ricordi che affioravano scomposti nella sua memoria non poteva essere ordinato per colpa delle ferite che pulsavano. Aveva i capelli umidi e poteva affermare con sicurezza che era stata lavata di tutto punto e che le era stata infilata una candida veste da camera. Nonostante tutto le sue narici ricordavano quello sgradevole odore di sangue misto a lozioni sedative. Si sforzò di ricordare e un'immagine molto chiara proruppe nella sua mente: Benedict che la esamina così da vicino e lei che si trova ad un passo dall'oscurità che quegli occhi non riescono a nascondere. Respirò a fondo ma si ricordò che non doveva fare alcun rumore. Aveva dunque cavalcato e poi era caduta ma... cos'era quel rumore che risuonava ancora dentro di lei? Quella specie di applauso ininterrotto che di solito segue le grandi interpretazioni in una sala per concerti? Chi aveva applaudito mentre cadeva? Chi stava ridendo divertito e batteva le mani senza pietà? Cercò di concentrarsi ma il dolore era sempre più forte quasi che volesse tornare al fasto iniziale quando la carne si era frantumata per la prima volta. Georgiana non ebbe il tempo per riflettere, era stanca, esausta, perciò si addormentò.
La mattina seguente poco a poco riemerse dal suo sonno agitato. La luce filtrava dalle tende socchiuse, Lady Infermiera se n'era andata lasciandola finalmente sola e lei fu investita da un'illuminazione: capì chi aveva applaudito. Era stato Benedict. Non era una serie di applausi era un unico, gigantesco applauso. Come quel gioco che facevano lei e Jane da piccole. "Un applauso signori!" e quando sia il padre che la madre iniziavano a battere le mani le due furbe sorelle rimproveravano i genitori "Un solo applauso! Uno!". Un applauso era un solo battito, mano contro mano, poi il silenzio. Ecco cos'era l'applauso di Benedict: era lo scoppio che aveva emesso il fucile che lei aveva visto poco prima di cadere. E poi c'era stata la risata: arcigna e diabolica, proprio come suggerivano gli occhi torbidi che la scrutavano mentre era riversa sul tavolo della cucina. Cercò di sforzarsi. Aveva visto un animale, qualcosa di grosso, ma era stata distratta da una voce, si era girata e aveva intravisto Benedict. Era quasi certa che lui stesse sorridendo a lei quando aveva lasciato partire il colpo. Uno sbuffo di polvere leggero dalla pistola, e poi... Fu interrotta nel corso dei suoi pensieri da una cameriera che entrò per assicurarsi che stesse bene. Georgiana voleva metter nero su bianco la sua condizione in modo da informare immediatamente la sorella. Chiese carta e penna e, solo quando la cameriera la guardò con commiserazione, si rese conto che non poteva scrivere di certo a nessuno e tantomeno spedire col primo giro di posta: aveva il braccio destro inutilizzabile.
Nonostante la signorina avesse chiesto di non essere disturbata, la duchessa fu una delle prime persone a farle visita quella mattina. Entrò nella stanza miagolando e si sedette accanto a lei. "Una situazione davvero penosa per voi. Capisco bene il vostro stato d'animo, anche io ho sofferto molto in gioventù. Una volta fui costretta a letto dopo uno spiacevole incidente al Jeu de Paume. Com'ero avventata ai quei tempi! Se solo avessi immaginato quanto la mia salute sarebbe divenuta cagionevole!" predicò con sentita emozione. Si lamentò per il restante quarto d'ora indicando altri casi che l'avevano costretta a relegarsi in casa per malattie, infortuni e degenze di vario tipo. Georgiana era nauseata da una simile autocommiserazione, così la interruppe bruscamente: "Vostra grazia, mi chiedevo se poteste usarmi la cortesia di far sapere alla mia famiglia che sto bene". Pauline Benedict spalancò gli occhi e si riebbe dall'excursus sulla sua vita passata. "Oh, ma che scortese che devo esservi sembrata. Ma certo!" e si avviò allo scrittoio poco distante. Fu lei, dunque, che scrisse ai Cavendish e che si occupò di spedire subito il biglietto. Durante la rilettura Georgiana avrebbe voluto far togliere alcune frasi poco confortanti come "la salute della vostra cara signorina ci appare di poco migliorata ma ella, con grande tenacia, si aggrappa con fervore al vostro ricordo" oppure ancora "il suo corpo straziato le ha permesso di risvegliarsi in preda a lancinanti dolori ma ha avuto per voi il suo primo pensiero". La signora Benedict, quando ebbe finito di esporle quel suo spettacolare necrologio, la guardò con grandi occhi ricolmi di speranze e disse "Cosa ne pensate? Spero di aver colto esattamente il vostro animo in questi difficili momenti". Georgiana la guardò incredula con un sopracciglio alzato e il naso arricciato. "Credo..." disse cauta "che potrebbe andare..." e poi le inviò un sorrisetto disperato. Quantomeno la signora la congedò tutta convinta di averle reso un servizio di impagabile importanza.
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Georgiana
Historical Fiction[INGHILTERRA 1814] IN LIBRERIA come GEORGIANA di DEBORAH BEGALI "Il signor Benedict odia i balli, non sopporta la mondanità e tanto meno la compagnia del bel mondo. Un vero peccato cara signora!" disse rivolgendosi ad una delle tante ascoltatrici...