"Mi chiedevo se fosse possibile salutare la malata" disse dolcemente avvicinandosi. Jane gli sorrise di cuore e gli fece segno che poteva accomodarsi. Borrough guardava la signorina Eagle con attenzione cercando di cogliere in lei qualche segno di sofferenza. Fu confortato dal fatto che le sembrava in ottima forma. "In realtà sono rimasto qui da sabato ma mi sembrava doveroso attendere un accenno di remissione prima di vedervi" disse. Poi, come per magia, tirò fuori e poggiò una rosa bianca sullo scrittoio. Jane ammiccò verso Georgiana con uno sguardo molto eloquente. La signorina Eagle avrebbe di gran lunga preferito ricevere uno schiaffo piuttosto che dei fiori davanti alla sorella. Odiava sentirsi in imbarazzo davanti alle persone, non avrebbe voluto essere attaccabile in nessun momento e Borrough le stava offrendo un pretesto perché si parlasse di rose bianche per il resto del mese. Comunque il terzetto si mise a discorrere d'altro e, grazie anche all'arrivo di Cavendish, Georgiana poté contare su più di un'ora di spensieratezza. Ben presto fu il momento per tutti di ritirarsi e l'unico rimorso di Jane fu quello di non aver visto il signor Benedict per potersi personalmente congratulare di come Georgiana si stava rimettendo. Il dottor Mills si presentò dopo che il gruppo ebbe lasciato la ragazza e constatò che era tutto nella norma. Se la mattinata si era rivelata stimolante grazie all'intervento dei suoi parenti il pomeriggio fu odioso. La signorina doveva, secondo la duchessa, rimanere a riposo. Questo, per Georgiana, si tramutava in silenzio assoluto in una camera sì confortevole ma vuota. Il momento del laudano, che le veniva fornito la sera, fu l'avvenimento più eccitante delle ultime ore. Era l'unico conforto e, nonostante ella ne conoscesse l'uso smodato da parte di molte signore, si sentiva del tutto giustificata ad utilizzarlo per lenire il dolore, non solo quello fisico ma anche la malinconia di ritrovarsi in quella casa. In tarda serata una visita fu annunciata. Georgiana, pensando si trattasse del signor Benedict, tentò di ricomporsi. La cosa fu difficile perché si sentiva leggera e assonnata ma non ancora in forze per cadere addormentata. Lady Asheby entrò e si presentò. Il colloquio fu breve e la signora si limitò a constatare che quella giovane donna era talmente drogata dal non essere in grado di articolare risposta. Così, dopo essersi congedata, andò a verificare che i suoi bagagli fossero stati portati nelle sue stanze e che la signora Benedict fosse pronta a riceverla.
Le due sorelle si incontrarono poco dopo e Lady Asheby chiese di essere messa a parte di ciò che era accaduto. La signora Benedict era entrata in uno stato di agitazione nel momento preciso in cui la sorella aveva messo piede a Headston: aveva il timore che fosse ancora adirata per ciò che era successo al ballo. Ma non c'era stato il tempo di alimentare il rancore di Elaine Asheby dato che Borrough, la prima persona che vide, le aveva raccontato cosa era successo. Lady Asheby raggiunse la sorella nella biblioteca piccola dove quest'ultima si era rifugiata sperando di posticipare il loro incontro all'indomani, o a mai se fosse stato possibile. "Pauline, mia cara, la situazione è davvero sconcertante" disse Lady Asheby accomodandosi sull'unica poltrona presente. La signora Benedict vagava nervosa lungo gli scaffali della parete mentre Elaine riprendeva a parlare: "Deve soffrire terribilmente la poveretta per essere sedata in quel modo, vi assicuro che l'ho sentita rivolgersi a me come se fossi vostro figlio. Mi ha chiamata signor Benedict. È stato uno spettacolo alquanto pietoso." Pauline si fermò volgendole uno sguardo indignato poi aprì la bocca tentando di farne uscire un tono imperioso: "Seguiamo le istruzioni del dottor Mills alla perfezione e non capisco perché tu ti voglia intromettere su questioni del genere, sai bene che ho molta più esperienza. Ho allevato un figlio gravemente malato e ora lo potete vedere anche voi, è quasi in perfetta salute. Non lascerò che voi critichiate il mio modo di fare". Lady Elaine la guardò indignata da quel tono impudente. Poi si drizzò sulla seduta afferrando il bastone da passeggio con la sua mano colma di splendidi anelli. "Non ho affatto criticato il vostro modo di curare la signorina Eagle ma avrei qualcosa da ridire su vostro figlio! Di certo è in salute per cacciare fanciulle in mezzo al bosco ma non è altrettanto devoto ai suoi doveri di nipote e, anzi, si burla di me in pubblico e fa parlare di noi fino a Londra!" disse e cacciò fuori dalla borsa una mezza pagina di un giornale il cui titolo richiamava esplicitamente lei e Benedict. "Voglio vedere Lucas subito e chiarire una volta per tutte quali sono le sue intenzioni nei confronti della signorina Eagle. La gente molto presto aggiungerà ai pettegolezzi di quel ballo anche il fatto che la teniamo rinchiusa qui!" strillò. La sua ferma decisione di vedere il nipote si risolse molto presto, quando la duchessa invocò una delle malattie che spesso le facevano comodo in casi come questi e si ritirò. Lady Asheby avrebbe fatto da sé. Attese il ritorno di Lucas e gli pose un agguato quando stava per raggiungere le sue stanze. Seguendolo nel suo salottino privato disse: "Lucas questa faccenda è disdicevole!". Lui non si girò mai a guardarla, la ignorava e basta. "Non potete sposare Georgiana Eagle, non ha un soldo, non è più in età da marito e le vicende legate al padre sono oltraggiose." Benedict non rispose e cominciò a togliersi gli stivali. "Non possiamo sottovalutare quello che pensa la gente. Se avete un minimo di senno non appena sarà in grado di camminare, e badate bene che lo è già nonostante vostra madre raddoppi la dose di laudano, dovrete farla accompagnare a Wollenbridge Cottage e fare in modo che vi resti." Ancora una volta Benedict non emise alcun suono e continuò a spogliarsi. La zia allora, accorgendosi che stava per togliersi la camicia davanti a lei, alzò di un'ottava il livello della conversazione. "Non credete che vi lascerò fare a modo vostro, renderò la vita impossibile a Pauline e lei la renderà infernale a voi" dopodiché girò i tacchi ed uscì.
Benedict respirava affannosamente tentando di controllare l'impeto di rabbia che stava per prendere il sopravvento. Si sedette e rimase immobile. Guardava fisso davanti a sé senza vedervi nulla. Poi, con un guizzo, batté forte un pugno sul tavolo e fece rovinare a terra diversi oggetti che componevano la sua confusa scrivania. Si alzò e, con solo i calzoni addosso e la camicia slacciata, uscì dalla stanza e camminò furiosamente lungo il corridoio svoltando a destra mentre i passi pesanti risuonavano in tutta quell'ala di Headston Park. Non vi era nessuno, tutta la servitù doveva essersi già ritirata. Raggiunse l'ingresso della stanza blu e non ebbe alcuna esitazione. Spalancò la porta ed entrò nell'oscurità rischiarata soltanto dal camino che si trovava nell'angolo più remoto della stanza. Georgiana stava dormendo, abbattuta da quella dose doppia di laudano. Benedict chiuse la porta ansimando e si sedette sulla stessa poltrona che aveva usato sua madre per addormentarsi la notte dell'incidente. Si prese tra le mani la testa: aveva tutti i muscoli del viso contratti, stringeva i denti e faticava a respirare. Voleva essere lontano, in qualche luogo remoto dove anche la posta via mare faticava a raggiungerlo. Non sarebbe mai dovuto tornare ma, ora che la guerra era finita, non aveva più scuse per trascurare quelli che gli altri uomini avrebbero chiamato affetti. Sua madre e la zia erano lo svilimento di quello che significava essere uomo. Odiava la sua casa ma non riusciva ad abbandonarla, odiava la madre ma non se ne sarebbe mai andato perché sapeva che questo l'avrebbe uccisa, odiava le interferenze della zia e odiava anche quella maledetta ragazza che ora dormiva sonni tranquilli in quel letto, in quella stanza. La odiava perché gli ricordava che si sarebbe dovuto sposare con un insignificante essere senziente, che magari sapeva suonare il pianoforte e che adorava gli abiti alla moda. Doveva legarsi ad una signorina M. o R. o T. e avrebbe dovuto avere dei figli per suggellare quel patto infernale che era il matrimonio. Sopportare tutto questo per l'ammiragliato sarebbe stato possibile? Non aveva forse amato abbastanza? Donne esotiche gli avevano regalato qualche gioia effimera e gli sarebbe bastato. Ma ora, secondo sua zia, secondo la buona società ma soprattutto secondo la marina, doveva sposarsi. Sulla Intolerance sapeva come calmarsi quando la sua rabbia traboccava: la sua cabina era pronta ad accoglierlo e dal portello sopra il letto poteva udire lo sciabordio delle onde sulla chiglia che lo rincuorava abbastanza da poter essere di nuovo presentabile ai suoi uomini. Non sempre funzionava, in passato aveva picchiato qualche giovane allievo come lui e solo dopo aveva trovato pace ma era stato molto molto tempo fa. Quella casa non gli offriva alcun riparo: così grande e ancora del tutto sconosciuta ai suoi occhi. Stringeva forte i capelli sciolti tra le mani e, solo quando il suo affanno svanì, riuscì a realizzare dove si trovava e a sentire un lungo respiro regolare provenire dal soffice letto di fronte a lui. Era un suono che poteva forse assomigliare al mare? Non lo credeva, eppure continuava ad ascoltarlo ad occhi chiusi e si sorprese ad attendere l'arrivo dei gabbiani che si contendevano quel che restava del pesce cucinato dal signor Foley Quando riaprì gli occhi, diversi minuti più tardi, Lucas Benedict aveva ricacciato dentro di sé quel vaso contenente tutte le sue emozioni migliori e peggiori: era tornato il nipote che non diceva una parola se interpellato. Sarebbe uscito, non avrebbe nemmeno girato lo sguardo verso la signorina Eagle, non avrebbe mai ammesso a se stesso o ad altri di essere giunto lì in quella stanza. Ma la signorina era riversa sul letto in una maniera davvero curiosa e questo non l'aveva affatto notato al suo arrivo. Ella teneva il braccio sano al di fuori del letto e, quando Benedict si avvicinò, notò che oltre la metà della mano era macchiata di scuro. Ora che vedeva l'intera scena non capiva come poteva essergli sfuggito che la signorina Eagle non era affatto in una posizione strana, bensì aveva tentato di allungarsi verso il campanello posto sul tavolino attiguo al letto. Di colpo il cuore gli balzò nel petto, cercò la lampada e la accese, la avvicinò al volto e constatò che non si sarebbe svegliata facilmente. Proseguì verso il braccio ferito che in realtà non era visibile essendo trattenuto all'interno della veste da camera, ma poteva dirsi certo del fatto che non c'era sangue. Cos'era dunque quello che aveva visto poco prima? Lo scoprì subito avvicinando la luce al braccio sinistro che penzolava dal letto. L'oscurità lo aveva indotto in errore: non si trattava di sangue bensì di inchiostro. Con un veloce sopralluogo nella zona laterale del baldacchino trovò un foglio dove vi erano delle scritte decisamente illeggibili. Una seconda pagina però era scivolata ben più lontano e qui, dopo che Georgiana aveva affinato la tecnica dello scrivere con il braccio sbagliato sotto i fumi della droga, si leggeva: "Il conforto dei ricchi: un camino acceso, la nobildonna infermiera e l'appagante tintura di oppio".
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Georgiana
Historical Fiction[INGHILTERRA 1814] IN LIBRERIA come GEORGIANA di DEBORAH BEGALI "Il signor Benedict odia i balli, non sopporta la mondanità e tanto meno la compagnia del bel mondo. Un vero peccato cara signora!" disse rivolgendosi ad una delle tante ascoltatrici...