Capitolo 14

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I'm out on the edge and I'm screaming
my name
Like a fool at the top of my lungs
Sometimes when I close my eyes
I pretend I'm alright

Jason Walker - Echo

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Non aveva preso la macchina, e non gliene importava nulla. L'edificio indicatogli da Adam era dall'altra parte del paese, tra l'incrocio di due vie abbastanza conosciute, ma era una parte non molto frequentata.
Marco si chiese come mai non gli fosse venuto in mente un posto come quello, era ovvio! Imboccò Via Alcione e la percorse tutta, superando la poca gente presente a quell'ora, di notte. Riusciva a scorgere qualche edificio abbandonato che sovrastava il cielo, che andava dal blu al nero, in mille sfumature, che se Marco non fosse stato così preso da quei edifici a pochi metri da lui, ne sarebbe rimasto incantato. Ma aveva altro a cui pensare.
E

ntrò spingendo la porta scardinata e graffiata. Quella casa doveva essere stata abbandonata da tempo. Non c'erano mobili, il pavimento quasi non si vedeva a causa della polvere e le pareti erano coperte di muffa in vari punti.
L'odore era quello di polvere e sporco. C'erano fogli, lattine, bucce di caramelle, cicche e cose che Marco non avrebbe potuto definire, o avrebbe voluto non vedere. Si infilò in un corridoio buio, così accese la torcia. Era uguale all'entrata, come aspetto e odore. Si trovò davanti ad una porta che non esitò ad aprire. Cercò ovunque. Nelle stanze, anche provando a sollevare una mattonella leggermente traballante del pavimento. Ma nulla, non c'era niente di suo.
Così, passò all'edificio accanto, dove la sporcizia era maggiore e l'odore di umidità e muffa più forte.
《Che schifo..》
Scalciava tutto ciò che si trovava davanti ai suoi piedi, finché la sua strada non venne sbarrata da una porta, leggermente più curata delle altre che aveva buttato giù per passare.
È qua. Lo so.
Quando aprì la porta con un colpo di spalla, gli venne voglia di strapparsi i capelli dall'esasperazione. Avrebbe voluto urlare, rivolto al cielo, che quella non era la vita che faceva per lui, ma che doveva vivere. Fingendo di essere qualcuno che non era per anni, alla fine si era abituato a quel carattere che lui stesso odiava e quel sorriso sbruffone.
Guardò la porta da cui era uscito dalla casa, pensando che dove aveva i piedi, ci fosse ciò che cercava da due mesi. E invece era solo uscito dalla casa.
Fu come se ci fosse stato qualcuno, nella sua testa, ad avergli detto che Adam era uno stupido. Che gli aveva mentito. Che gli aveva dato false speranze.
Prese il telefono dalla tasca e con le dita tremanti compose il numero.
《Pronto?》
《Sono Marco, Carla.》
《Ah》La ragazza dall'altro capo del telefono sospirò.《Come hai il mio numero?》
《È irrilevante. Sei al campo per i rifugiati?》
La voce della ragazza diventò più dura.《Cosa vuoi?》
《Ti ricordi quella ragazza che hai salvato insieme al fratello?》
《Si, certo. Sono spariti entrambi. Se qualcuno li tiene in casa, purtroppo verrà arrestato o qualcosa del genere..》
La bloccò, sentendo che qualcosa, dentro di lui gli diceva di fermarsi, di smetterla. Ma non diede retta nemmeno a quella piccola parte di umanità che gli rimaneva.《So dove è lei.》Sorrise beffardo, passandosi una mano tra i capelli sudati.《E anche chi la tiene.》

《Ricapitolando, hai dormito in chiesa? Nello studio di un prete. Interessante, davvero.》
Aaida scrollò le spalle.《È simpatico.》
《Non lo metto in dubbio.》Alessandro le toccò una guancia con i polpastrelli ruvidi e con le unghie mangiate fino al vivo, poi le lasciò un bacio sulla guancia.
《Ti insegno a giocare alla Wii, vieni.》
《Alla cosa?》
La prese per un polso e la condusse in camera sua correndo per il corridoio, poi chiuse la porta di camera sua alle sue spalle.
《Mi spieghi cosa è la.. la coso?》
《La Wii?》Alessandro rise, riempiendo la stanza della sua risata.
Aaida scattò in avanti, arrossendo.
《Che c'è?》
《Nulla, nulla.》
《Aaida?》
《Mi piace la tua risata.》
Lui sorrise e la prese per un fianco, portandola davanti alla tv.
Per tutta la spiegazione era rimasto con la mano sul suo fianco, in una presa forte. Aaida non si era ancora abituata al suo tocco, ma le piaceva. A volte quando lui la sorpendeva baciandola, aveva l'impulso di tirargli un ceffone. Ma poi si ricordava di lui, che era lui. E non c'era nessun motivo di respingerlo. In Africa l'abbracciava solo il fratello, che quando vedeva qualcuno toccarla si tratteneva dal picchiarlo solo perché Aaida non glielo permetteva.
"Ho paura che ti porti via da me. Lo dice anche papà." Le diceva, ogni volta che si arrabbiava con qualcuno per qualche tocco anche solo sul braccio.
《Ehi, decelebrata, ci sei?》
《Si, si.》
《Prendi.》Le passò un telecomando nero, con vari pulsanti.
《Oddio, cosa è questo marchingegno?》
《Si chiama telecomando》A stento lui non le rideva in faccia.《Lo devi muovere in base al gioco che fai.》
Aaida annuì.
Appena le spiegò come non cavarsi l'occhio con il telecomando giocando a Just Dance, Aaida sollevò le braccia contenta.
《Okay, giochiamo.》
Alessandro accese la console allontanandosi pochi secondi da lei.
Partì una musica che Aaida non conosceva affatto, ma le risultava orecchiabile.
《Sembri un'anguilla.》Diede uno spintone ad Alessandro che non si mosse di un centimetro, ma lei si concentrò di nuovo sulla danza, che non faceva per lei. Per niente.
《Ti vedi?》Alessandro rise, e Aaida perse la partita solo perché si era concentrata a guardarlo mentre rideva.《Ti distrai troppo.》
Lei gli fece la linguaccia e si stese nel letto, sperando che Alessandro la raggiungesse.
《Aaida?》
《Se vuoi dirmi che sono un incapace a ballare ne sono consapevole, ma tu..》
《No. C'è Chad fuori. Mi ha appena mandato un messaggio.》
L'umore di Alessandro era radicalmente cambiato, ma Aaida non l'aveva notato. Si fiondò fuori dalla porta e si ricordò di quando aveva conosciuto Marco, con una voce che le sembrava quella di Adam, così si era messa a correre nel corridoio e aveva sbattuto il mignolo del piede in quel maledettissimo mobile.
Aprì la porta dell'ingresso e affondò nello sguardo scuro, quasi nero dell'amico davanti a lei.
《Aaida?》Chad la guardò.《Sei davvero qui!》
Davvero qui? Chi gli ha detto che sono qua?
Lei non rispose, si limitò ad abbracciarlo con tutte le forze che aveva in corpo, con tutto il cuore e la mente.
《Cosa ci fai qui?》Le chiese.
《Io.. giusto》Le si staccò da Chad.《Dovevo dirtelo, lo so. Scusami.》
Lui le sorrise ed entrarono insieme in casa, raggiungendo la stanza di Alessandro.
《Voi due mi dovete raccontare tanto.》
Aaida scoccò un'occhiata ad Alessandro, supplicandolo con lo sguardo di prendere parola. Lei non sarebbe riuscita a raccontare quei giorni sulle macerie, senza cibo e poca acqua, e con quei sguardi che le mettevano i brividi.
Si soffermò su Chad che ascoltava attentamente le parole di Alessandro che uscivano come un fiume dalla sua bocca.
《I miei sono davvero preoccupati. Non mi aspettavo di trovarti qui.》Disse Chad, rivolto ad Aaida, dopo aver ascoltato Alessandro e la sua sintesi.
《Io..》
《Non scusarti, ora che so che stai bene, non sono più in ansia》Fece un sorriso di sfuggita a lei.《Se vuoi stare qui, a me va bene. Però..Ale, i tuoi passano casini seri se la trovano qui. Lo sai?》
《Lo so.》
《Ah?》Aaida guardò freneticamente i due.《Cosa vuol dire?》
《Tu sei sparita dal campo profughi, Aaida. Sei una di loro, e quando sei arrivata hanno contato le persone e, guarda caso, due di loro il giorno dopo mancavano.》
《Ci cercano?》Aaida abbassò lo sguardo sul suo anello.《Me e Adam, intendo.》
Chad annuì. Alessandro, invece, rimase zitto.
《Tu lo sapevi? Dio, che casino che ho fatto!》Aaida guardò Alessandro.《Al! Lo sapevi? Puoi finire nei casini, io non posso stare qui, devo andare e cercare..》
Alessandro scosse la testa e abbassò lo sguardo per terra.
《Aaida calma》Chad le mise una mano sulla spalla di Aaida, che si rese conto di quanto fosse diversa la reazione dal tocco suo a quello di Alessandro.《Ti avrebbe dovuto lasciare la? E noi, quando sei arrivata, ti avremmo dovuta cacciare? Nessuno l'avrebbe fatto. Quindi..》
Aaida lo fulminò con lo sguardo.《Smettila! Non potete finire nei casini così. Al, perché non me l'hai detto? Dio, me ne sarei andata!》
Alessandro sollevò finalmente il volto, coperto da un velo di tristezza.《Mi dispiace.》
《Me ne vado. Evitate di finire nei casini entrambi, no?》Aaida si alzò dal letto e si sistemò allo specchio, vedendo lo stato in cui era ridotta.
《Che ti prende adesso?》Chad le si avvicinò.
《Che mi prende? Potete finire in guai seri perché sono uno schifo, non dovevo nemmeno venire qui! La mia vita fa schifo da quando sono qui in Italia, e sto creando anche problemi. Meglio se vado.》
Prese il suo zaino e uscì dalla casa, anche se la notte stava iniziando a calare, mangiandosi l'azzurro del cielo serale.
Aaida, non girarti. Non guardarlo.
Non diede retta a se stessa. Guardò Alessandro, che con lo sguardo impregnato di lacrime la pregava di rimanere, silenziosamente. Chad, invece, non la guardava. Era seduto e non guardava nulla, perso nei pensieri che lo sopprimevano.
Deglutì e uscì dalla stanza, dalla casa e dal vialetto che portava al cancello.
Ciao, Al.

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