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Le cose iniziarono a complicarsi quando Gyada iniziò la scuola. Nella sua classe era l'unica con la pelle verde e, i bambini che ancora non la conoscevano, la scrutavano tutto il giorno. La piccola fata si sentiva in imbarazzo in mezzo alle sue compagne. Persino la maestra era "normale" e lei si chiedeva il motivo. Aveva pochi amici nella sua classe e non si spiegava il motivo di questo fatto, siccome lei era sempre gentile, affettuosa e disponibile con tutti i suoi compagni di classe. Ai genitori chiese con le lacrime agli occhi: <<Ma non è giusto. Io sono verde e gli altri sono gialli. Io voglio essere come loro!>> Il padre allora si chinò per essere alla sua altezza e guardarla negli occhi umidi e rossi e rispose asciugandole le guance paffute: <<Gyada, perché non ti accontenti di essere come sei? Io sarei orgoglioso di essere diverso!>> La madre provò a spiegarle: <<Fiorellino, te l'ho già spiegato. Tu sei unica ...>> Ma Gyada non voleva essere unica e soprattutto diversa. Pestava i piedini sul pavimento della casa e faceva vibrare le aluccie, facendo i capricci: <<Ma io voglio essere come tutti gli altri! Non voglio essere unica o speciale! Non voglio la mia pelle!>> Disse scoppiando nuovamente a piangere e strappando le mani da quelle dei genitori. Fire e Firefly si guardarono e provarono a calmarla. <<Tesoro, perché non vuoi distinguerti? Fortunata te che non sei la copia di qualcun altro!>> Ma Gyada non riusciva a capire. Non riusciva a vedere oltre le apparenze, non voleva essere allontanata da tutti solo per un colore. Odiava quel colore.
<<No! Preferisco confondermi tra gli altri che essere esclusa e additata!>> Gyada non era molto serena. Voleva la pelle gialla. A tutti i costi! Ma non capiva che l'essere diversa dagli altri non la sminuiva, anzi la prediligeva. Meglio avere un mondo diverso, piuttosto che essere tutti uguali ... che divertimento ci sarebbe, sennò?
Passò del tempo e Gyada non chiese più spiegazioni sul colore della sua pelle, perciò i genitori speravano che fosse stata solo una crisi passeggera, la loro piccola stava crescendo e questo era normale, ma si sbagliavano; Gyada pensava e pensava a un modo per diventare del colore del sole. Un giorno, la piccola, tornò a casa completamente ricoperta di polline e, saltellando felicemente, corse incontro a sua madre che sgranò gli occhi e fece cadere il piatto che aveva in mano, frantumandolo in mille pezzi. Si chinò vicino alla piccola e le prese il viso tra le mani. <<Ma cosa ti sei fatta?>> <<Sono come te!>> Rispose la piccola e si avvinghiò alla madre, al culmine della felicità. Firefly si commosse di quel gesto. La sua fatina voleva veramente essere come gli altri e non riusciva ad accettarsi. La staccò dal suo corpo e la accompagnò in bagno a lavarsi. Mentre faceva scorrere linfa calda e la infilava nella vasca, iniziò a parlare: <<Gyada, piccola, so che non ti accetti, so che vorresti essere come tutti i tuoi amici, ma fiorellino, devi accettare che non potrai mai essere come loro.>>
La piccola si rattristò. <<Perché?>> La madre le passò una spugna su tutto il corpicino appiccicoso di polline e sospirò. <<Perché vedi, tu sei nata così. Non c'è nessun motivo di vergognarsi nell'essere diversa. Tesoro, io e papà ti vogliamo bene e così anche i tuoi amici e anche la maestra. Gyada, ti ricordi cosa ti dicono i nonni quando vengono a trovarti?>> La piccola rifletté e poi, con un sorriso che mostrava tutti i dentini, rispose: <<Dicono che sono la fatina più bella di tutti e che sono speciale!>> Firefly annuì compiaciuta, aveva finalmente sorriso. <<Esatto! E hanno ragione. Sei bellissima così come sei e sei perfetta.>> La piccola si rassegnò e iniziò a giocare con la linfa che stava usando per lavarsi.

Abyss cresceva in fretta. Nuotava velocemente, soprattutto quando organizzava scherzi, non riuscivi a vederlo, scorgevi solamente il riflesso azzurro della sua coda che sgusciava via tra le risate. Amava molto divertirsi e scherzare, ma a volte diventava troppo invadente e dispettoso e le persone, soprattutto i pesci più anziani lo cacciavano. Nonostante tutto, Abyss possedeva numerosi amici con i quali nuotava per il lago tutto il pomeriggio .Era un pesciolino scherzoso e simpatico, non potevi non sorridere quando cercava di farti ridere. Voleva far ridere tutti e ci riusciva perfettamente.
Quando iniziò la scuola, il tritone si dimostrò molto intelligente. La sua materia preferita era la comunicazione nella lingua dei pesci e vi riusciva decisamente bene, così passava le giornate intere a chiacchierare amorevolmente con i pesci suoi amici. Abyss si trovava meglio con loro che con i suoi coetanei, perché era l'unico tritone tra tantissime sirene e con loro, anche se erano simpatiche, non sapeva di cosa parlare. Le ragazze parlavano della moda e del loro futuro, mentre Abyss preferiva parlare degli sport oppure del mondo fuori da Wave. Abyss, però, era ignaro del suo destino. Non sapeva di essere fondamentale e si chiedeva spesso il motivo per il quale tutti i pesci, soprattutto i più anziani, sia maschi che femmine, appena passava, lo salutavano amichevolmente e, a volte, facevano un piccolo inchino e se ne andavano continuando a guardarlo. Non aveva mai chiesto spiegazioni a suoi genitori, temeva che lo considerassero troppo presuntuoso per porre una domanda simile, fino a quando, un giorno, una sirena già in là con gli anni, gli si avvicinò all'improvviso e lo fermò di colpo. Aveva gli occhi colmi di lacrime e un sorriso sdentato che le illuminava il viso. Gli prese le mani e iniziò a baciarle facendo un discorso delirante. <<Oh grazie mio signore! Il mio nome è Freshwater e ti ringrazio per quello che farai per noi! Grazie! Grazie! Ci salverai tutti! Mi piacerebbe molto aiutarti nella tua missione, ma sono troppo vecchia! Io non ho avuto figli maschi, ma solo figlie femmine ... ho vissuto bene la mia vita, ma non vorrei che questa popolazione scomparisse! Grazie!>> Abyss strappò le mani da quelle di Freshwater e la guardò spaventato, dopodiché scappò via diretto a casa. <<Spiegami mamma, perché una sirena oggi mi ha preso le mani e mi ha detto che vi salverò?>> Acqua e Rock si capirono con uno sguardo: era giunto il momento di rivelare al figlio la causa della sua nascita. Si sedettero e presero entrambi le mani del figlio, iniziando il racconto. <<Abyss, ormai sei grande ed è il momento di dirti la verità sulla tua nascita.>>
Un silenzio pesante piombò nella stanza. Aqua guardò Rock, che le fece un sorriso incoraggiante e la sirena riprese il discorso. <<Molti anni fa, quando tu non eri ancora nato e tuo padre e io non ci eravamo ancora sposati, in questo lago, avvenne un fatto strano: iniziarono a nascere sirene a dismisura e smisero di venire al mondo dei tritoni. La popolazione era molto preoccupata per questo strano evento, non era mai accaduto nei secoli e la gente si domandava cosa significasse, pensavano fosse una maledizione per qualche peccato compiuto, ma la popolazione di Wave si era sempre comportata bene e questo fatto rimase inspiegabile ed non è ancora chiaro tutt'ora. Fatto sta che la specie non avrebbe potuto continuare se fossero nate tutte sirene. Le coppie si sposavano per generare figli e soprattutto dare alla luce un tritone che avrebbe salvato la specie. E anche tuo padre ed io ci sposammo ...>> <<E questo cosa centra con me?>>
Aqua lanciò uno sguardo truce al figlio zittendolo, per poter continuare il racconto.
<< Mi sposai con tuo padre e qualche mese dopo scoprii di aspettare una creatura, tu. Tutti speravano, noi compresi, che fosse maschio e infatti, quando nacqui tu, ci fu una grande festa, perché tu sei l'unico tritone nato da anni e anni, Abyss, e tu sei importante perché devi salvare la nostra specie.>>
Aqua e Rock sospirarono e guardarono il figlio pieni di curiosità, non sapevano come avrebbe reagito. La sirena iniziò a mordicchiarsi le labbra e Rock e dondolare sulla sedia, in attesa di una risposta da Abyss. Abyss, dal canto suo, non sapeva cosa pensare. Si era accorto, ovviamente, che era l'unico tritone, ma non si era mai posto la domanda del perché era l'unico. Ora tutto aveva un senso. <<Abyss, è per questo che tu sei molto importante per noi. Quando iniziarono a scomparire i tritoni, la popolazione iniziò a diminuire: i tritoni anziani che non potevano più generare figli in breve tempo se ne andarono, i tritoni giovani cercavano di concepire dei figli maschi, ma inutilmente. Anche all'epoca della nostra infanzia i tritoni scarseggiavano, ma nascevano comunque, nacque tuo padre e mio fratello in un solo anno. Adesso tu sei la nostra unica speranza, per adesso ... a meno che qualche altra coppia dia alla luce un altro tritone.>> Abyss squadrava il pavimento della sua casa, era sconcertato ... una grandissima responsabilità gli era appena precipitata sulle sue giovani spalle.
<<Tutto bene?>> Chiese Rock appoggiandogli una mano possente sulla spalla ricurva. <<Certo ... sì ...>> Rispose con un falso sorriso forzato. <<E' solo che questa è ... una grossa responsabilità. Davvero grande.>> <<Lo sappiamo che ti abbiamo scaraventato sulle spalle un'enorme responsabilità, ma questa è la verità, Abyss.>> <<No, no, lo capisco! Ma perché avete aspettato?>> <<Per farti crescere serenamente senza questo peso. Perché, sai, molti si aspettano grandi cose da te.>> Aqua sorrise incoraggiante ma ciò non aiutò affatto ad alleggerire la situazione greve. <<Grazie per avermelo detto, cercherò di fare del mio meglio per non deludere nessuno.>>
Abyss si alzò dalla sedia su cui si era accasciato e se ne andò in silenzio, senza aggiungere una parola. Non era libero. Non poteva decidere di non sposarsi, non poteva decidere di viaggiare per gran parte della sua vita, non poteva andarsene a visitare il mondo superiore; avrebbe dovuto per forza sposarsi e generare un figlio. Magari continuare fino alla vecchiaia a concepire figli con la sua sposa finché non avrebbero avuto un maschio. <<Fantastico>> Pensò il tritone sbattendo la porta di casa e andandosene in giro per pensare a quella nuova informazione sulla sua vita.
Aqua e Rock si guardarono mortificati, la tristezza aleggiava nei loro occhi per aver raccontato quella strana storia.
<<Rock, forse avremmo dovuto aspettare un altro momento.>>
<<No, è stato meglio averglielo detto, fidati.>>
<<Ma non hai visto come l'ha presa? Ha solo tredici anni e parla come un tritone anziano. L'hai sentito? "cercherò di non deludere nessuno" ha detto proprio così. O cosa abbiamo fatto?>>
<<No, tranquilla. Meglio che l'abbia saputo adesso che non è ancora grande. Se non gliel'avessimo detto noi l'avrebbe scoperto da qualcun altro e si sarebbe arrabbiato. Adesso almeno sa cosa deve fare. Sta diventando adulto, non può più permettersi di pensare ancora alle frivolezze, deve pensare al suo futuro.>>
Rock in fondo al suo cuore, era dispiaciuto per quello che era successo. Non condivideva ciò che aveva appena detto alla moglie, ma doveva consolarla e calmarla in qualche modo. Le strinse la mano un'ultima volta e si allontanò dalla sala, lasciando la moglie seduta al tavolo, pensierosa.

Il popolo marino e il popolo fatato non potevano incontrarsi. Nel bosco di Maple vivevano solamente fate lucciole ed esse non sopportavano l'acqua, non si avvicinavano minimamente al lago per paura di cadervi dentro e non riuscire a uscirne. Nel lago, invece, i tritoni e le sirene non potevano uscire dall'acqua e stare sotto il sole per troppo tempo, altrimenti la loro pelle si sarebbe disidratata e sarebbero divenuti statue di sabbia.
I due popoli non si parlavano e non si erano mai visti.
Le fate lucciole avevano paura dei tritoni, perché le leggende che raccontavano le fate anziane erano tremende e paurose: narravano di strane creature con la pelle squamata, con mani palmate e strane code di pesce al posto delle gambe. Si raccontava che queste creature non uscissero mai dall'acqua e che mangiassero carne di fata che prendevano dalle fate sventurate e sciocchine che si avventuravano sopra il loro territorio. Le fatine avevano piena fiducia negli anziani, perciò erano terrorizzate dalle storie che essi raccontavano. Il popolo del lago, invece, non aveva paura delle fate, perché sapevano che nessuna di loro si sarebbe mai tuffata nelle acque profonde. Non sapevano niente delle leggende che circolavano nel bosco sopra di loro e ignoravano la vita delle creature fatate. Preferivano nuotare pacificamente nel loro mondo e non invidiavano affatto le fate lucciole, che dovevano volare tutto il giorno sotto il sole cocente.

WATERTREEDove le storie prendono vita. Scoprilo ora