10.

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Ci sono giornate, più di altre, in cui il tempo sembra correre più veloce del solito.

In giorni come questi, ci si rende conto di quanto siano inutili i tentativi dell'uomo di stargli dietro: qui si tratta di un nemico velocissimo e pericoloso, un nemico che dà agli esseri umani l'illusione di essere lento e facilmente raggiungibile, ma che in realtà sarà sempre infinitamente avanti rispetto a noi.

Quella vigilia di Natale fu uno di questi giorni.

Il cielo limpido, illuminato da un sole timido che si affacciava dietro alle nuvole candide, si apriva davanti a me e a Thomas. Lui era in piedi e fissava l'orizzonte oltre gli alberi, screziato di un azzurro limpido e intenso, quell'azzurro che colora il cielo nelle giornate serene e prive di nuvole temporalesche. Io ero seduto dietro di lui e osservavo la sua figura avvolta in un giubbotto grigio che gli copriva anche il collo.

Quel giorno c'era gente al parco. C'erano diverse persone che facevano jogging, altre che passeggiavano tranquillamente godendosi semplicemente quella bella giornata, poi c'erano diverse famiglie che avevano portato i propri bambini a giocare nella neve e che si divertivano tutti insieme. Faceva meno freddo rispetto ai giorni precedenti, forse perché il sole si era deciso finalmente ad uscire fuori e ad accarezzarci con il suo tocco caldo e piacevole, riportando le temperature ad un valore accettabile.

Per tutto quel tempo in cui io e Thomas non facemmo assolutamente nulla, se non starcene in silenzio, io lo avevo osservato attentamente e avevo cercato di far rivivere davanti a me quel ragazzo di quattro anni prima. Mi ricordai del suo sorriso che non abbandonava mai il suo volto, del suo entusiasmo quando mi parlava, della speranza che luccicava viva nei suoi occhi e che non si era mai spenta, nonostante tutti i miei tentativi di sopprimerla. Lo guardai cercando di rivedere quel ragazzo di diciassette anni innamorato di me che le provava tutte per conquistarmi, ma non trovai nulla di quella persona che ormai sembrava così lontana e irreale. Tutto era cambiato. Lui era cresciuto, io ero cresciuto e il tempo ci aveva trascinato con sé nella sua irrefrenabile corsa. Mi chiesi se fosse un bene.

- Aveva gli occhi come quel pezzo di cielo - disse Thomas indicando un punto al di sopra di una nuvola bianca. - Vedi quella nuvola e l'azzurro del cielo che intorno si fa così intenso? Gli occhi di Asher erano così. Vivi e luminosi fino alla fine.

Guardai quel punto che mi aveva indicato mentre lui indietreggiava e si sedeva al mio fianco sulla panchina, sospirando. Lo scrutai in viso cercando di capire cosa stesse succedendo dentro di lui, se quella tempesta stesse ancora infuriando oppure no. Sembrava più tranquillo rispetto al giorno prima, ma aveva comunque quell'aria affranta, angosciata e persa, come se non riconoscesse più il mondo che lo circondava.

Mi sentii rabbrividire e mi strinsi nel mio cappotto. - Non potevi fare niente per salvarlo, Thomas. Probabilmente nemmeno il miglior medico del mondo avrebbe potuto fare qualcosa.

Lui abbassò lo sguardo. - Lo so.

- Non sentirti responsabile. Non lo sei. Quando qualcuno ti pianta un proiettile nello stomaco...beh, potresti morire per un'infinità di motivi. Lesione ad un organo interno vitale, emorragia interna, dissanguamento...non sono molto alte le percentuali di sopravvivenza in questi casi.

Lui non diede segno di avermi sentito. Continuò a guardare in basso, le mani strette tra di loro e la bocca distorta in una smorfia di dolore. - Come ci riuscite tutti?

- Cosa?

- Come riuscite ad andare avanti, a rimettervi in piedi come se nulla fosse e a dimenticare tanto dolore? - il suo sguardo spento si posò su di me. - A me sembra di essere caduto in un baratro da cui è impossibile risalire. Io...io non vedo alcuno spiraglio di luce per me, Newt.

Strength || Newtmas [Sequel di Distraction]Dove le storie prendono vita. Scoprilo ora