19.

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– Ragazzo, sei sicuro di stare bene?

Alzai lo sguardo e mi riscossi dai miei pensieri, ritornando alla realtà.

Fu come svegliarsi dopo aver dormito per giorni e giorni. Osservai distrattamente gli scaffali di legno che occupavano le pareti intorno a me, i libri impilati caoticamente sopra i ripiani, le decide di titoli che stuzzicavano la mia attenzione e che andavano a ricercare dei ricordi lontani all’interno dei cassetti della mia mente.

– Ragazzo? – una voce si infiltrò tra i miei pensieri e mi costrinse a distogliere lo sguardo dai libri. – Ragazzo, tutto bene?

Puntai gli occhi davanti a me e finalmente riuscii a mettere a fuoco la figura seduta dietro la scrivania. Golubev era adagiato comodamente sopra alla sua sedia di pelle e aveva l’aria di uno che aveva appena corso una maratona e che finalmente si stava concedendo il meritato riposo. I suoi occhi grigi e profondi erano puntati su di me e mi stavano scrutando in viso come se fossi una sorta di oggetto dai poteri magici che lui non riusciva a comprendere.

– Stavo guardando i suoi libri – dissi lanciando delle occhiate veloci intorno a me per poi tornare a guardare il mio professore. – Come fa a possederne così tanti?

– La maggior parte erano di mio padre – rispose lui indicando lo scaffale alla sua sinistra. – Questi qui li ho comprati io. La filosofia e la teologia non erano di suo interesse. Lui amava soprattutto le scienze. E’ stato lui a trasmettermi il suo amore per la medicina. Lui mi ha insegnato tutto ciò che ora spiego a studenti come te.

– Che fortuna – commentai appoggiandomi allo schienale della sedia. – Il massimo che mio padre potrebbe insegnarmi è come riconoscere la droga di ottima qualità e come prepararmi una canna.

Il prof serrò le labbra e parve a corto di parole, incapace di trovare qualcosa da dire. Lo osservai assottigliando gli occhi e attendendo pazientemente che se ne uscisse con qualcuno dei suoi commenti sarcastici o con qualche altro argomento che non aveva niente a che vedere con ciò che avevo appena detto.

Ero abbastanza seccato di trovarmi lì con lui e, a dire la verità, non capivo per quale cacchio di motivo mi avesse trascinato nel suo studio al termine della sua lezione. L’unica cosa che sapevo era che quella stanza stracolma di conoscenza mi affascinava, ma al tempo stesso non potevo fare a meno di provare una sorta di disagio trovandomi lì insieme a lui. Era come se Golubev volesse studiarmi e portare alla luce i miei segreti più oscuri, ed io odiavo le persone che mi rivolgevano quel tipo di sguardo, come se fossi una dannata cavia da laboratorio.

Alla fine il professore distolse lo sguardo da me ed emise un verso gutturale che mi lasciò non poco perplesso. – Va tutto bene, figliolo?

– Perché continua a chiedermelo?

– Beh, perché mi sei sembrato strano negli ultimi tempi – il prof piegò la testa, continuando ad osservarmi con uno sguardo indagatore. – Nelle ultime settimane sembri così assente. Hai qualcosa di diverso e non sembri nemmeno più interessato alle mie lezioni. Che cosa ti succede?

– Cosa le fa pensare che sia successo qualcosa?

– Perché hai qualcosa di diverso negli occhi – la sua voce aveva una punta di malinconia. – Il tuo sguardo è…spento. Come se avessi perso la tua solita luce. Allora cos’è successo?

– Nulla – risposi cercando di essere naturale. – Assolutamente nulla. Sono lo stesso Newt che conosceva prima delle vacanze di Natale. Non è cambiato nulla.

– Ne sei davvero sicuro?

A quel punto ne avevo davvero abbastanza dell’insistenza e della testardaggine di quell’uomo. – Senta, prof, sto bene. E’ solo un periodo stressante perché devo dare diversi esami tutti insieme. Sto studiando praticamente notte e giorno e desidererei solo dormire senza interruzione per le prossime due settimane. Ora ho un gran mal di testa, sono rinchiuso dentro allo studio di un mio professore e non ho la benché minima idea di cosa ci faccio qui. Direi che è comprensibile che abbia la luna storta, non le pare?

Strength || Newtmas [Sequel di Distraction]Dove le storie prendono vita. Scoprilo ora