11.

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Con il passare dei giorni imparai che il periodo cupo che stava attraversando il mio ragazzo prevedeva giornate brutte, giornate un po’ meno brutte e giornate assolutamente pessime.

C’erano giorni in cui parlava poco e preferiva starsene da solo, altri in cui era disposto ad uscire di casa e ad affrontare il mondo là fuori, altri ancora in cui non ne voleva sapere di lasciare la propria camera.

Il giorno di Natale si svegliò tardi, si alzò pigramente dal letto e non sembrava avere alcuna voglia di mettere il naso fuori di casa, ma in qualche modo riuscii comunque a trascinarlo fino a casa mia. Non mangiò molto a pranzo, parlò poco e si limitò ad ascoltare con aria assente ciò che la mia famiglia diceva. Io e Lizzy tentammo di trascinarlo in qualche discorso, ma lui ogni volta si limitava a scuotere la testa e a rispondere a monosillabi.

Quel giorno scoprii che ciò che aveva tenuto tanto occupata mia sorella il giorno prima non erano altro che i nostri regali di Natale.

– Cos’è questa? – chiesi scrutando un oggetto che somigliava vagamente ad una sveglia. – Una sveglia…fosforescente?

– Si illumina al buio! – disse Elizabeth, piena di entusiasmo.

– Uhm…carina. Grazie – lanciai un’occhiata a Thomas e vidi che lui tra le mani aveva una boccetta di profumo da uomo. – Perché a lui il profumo e a me la sveglia? Cosa sono queste preferenze?

– Perché tu sei un’inguaribile dormiglione. E non lamentarti per una volta. Andiamo, è Natale – mia sorella si allontanò da me, euforica, stringendo a sé la sciarpa che le avevamo regalato io e Thomas.

Anche il Natale passò, portandosi via con sé l’atmosfera che per tanto tempo aveva regnato incontrastata in città e in tutte le case. Gli altri giorni passarono lenti tra brevi passeggiate, programmi poco interessanti in televisione e la paura che Thomas potesse avere un altro attacco di panico. Sentivo la tensione dentro casa di Georgia e James, sentivo gli sguardi di quei due signori che scrutavano con paura e circospezione loro figlio e sentivo lui, Thomas, che andava sempre più alla deriva nonostante tutti i miei tentativi di impedirlo.

In quei giorni scoprii cosa volesse dire sentirsi inutile e avvilito. Per quanto mi impegnassi, per quanto ci provassi, niente sembrava tirare su di morale al mio ragazzo e vederlo in quello stato, spento e senza uno scopo, mi uccideva terribilmente.

Il peggio accadde la notte del ventotto dicembre.

Non avevo idea di che ora fosse. Sapevo solo che probabilmente era notte fonda quando mi svegliai di soprassalto sentendo delle urla cariche di terrore provenire dalla persona al mio fianco. Thomas si era tirato su, stava gridando come se lo stessero torturando, aveva ancora gli occhi chiusi e continuava a ripetere: – Non l’ho ucciso io! Non l’ho ucciso io!

La sue urla terrorizzate risuonarono per tutta la casa e infransero la calma e il silenzio di quella notte.

– Thomas! Thomas, svegliati! – gridai stringendo le braccia attorno al suo corpo. – Thomas, cacchio, apri gli occhi! E’ solo un sogno!

Lui si svegliò completamente, girò la testa e puntò i suoi occhi scuri su di me, respirando affannosamente. Aveva le lacrime agli occhi, la sua bocca era spalancata alla ricerca di aria e l’espressione dipinta sul suo viso era di assoluto orrore.

– Era solo un sogno. Un brutto sogno – gli dissi ad un orecchio. – Va tutto bene. Va tutto bene. Sei con me. Non hai nulla di cui aver paura, Tommy. Ci sono io con te.

Nel frattempo che lui si calmava, Lizzy, Georgia e James si precipitarono all’interno della stanza con gli occhi sgranati e le espressioni sconcertate. Li rassicurai dicendo che era tutto a posto e che Thomas aveva solo fatto un incubo. I suoi genitori non parvero per nulla rassicurati dalle mie parole e quando lui si fu calmato, lasciarono la camera ancora visibilmente sconvolti. Mia sorella sembrava profondamente angosciata e mi rivolse uno sguardo carico di tristezza prima di chiudersi la porta della stanza alle spalle.

Strength || Newtmas [Sequel di Distraction]Dove le storie prendono vita. Scoprilo ora