Capitolo 27

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18 aprile, sabato.

Rimasi stesa sul letto tutta la mattinata. Le voci cantate dalla musica sovrastavano il rumore dei pensieri. Sospirai, girandomi su un fianco, guardando la finestra. Dio, mai una giornata di sole. Sbuffai, alzandomi, mettendomi seduta sulla sedia della scrivania, aprendo il libro di fisica. Incrociai le gambe, poggiandoci sopra il gomito destro, prendendo la penna, mordicchiando il tappo della bic nera. Mi morsi il labbro. E la tentazione di prendere il telefono fu tanta. Scossi la testa, cominciando a leggere a voce alta le formule, ripetendole, mentre la mano sinistra scriveva tutti quei numeri, quelle parentesi e quelle lettere. Tutto incasinato. Tutto come la mia mente. Cristo, sembrava di essere in una fottuta serie tv. Ma era la mia, la MIA vita.  Eppure, se capivi l'insieme, avresti dovuto capire tutto. E invece niente. Passai la mano destra sulla fronte, sospirando più forte.

Fottiti fisica.

Presi il computer, poggiandolo sui libri. Guardai la foto dello schermo. Io e mia sorella. Io e lei, senza nessuno. Dio. Manchi. Troppo. Trattenni una lacrima. E non trattenni più niente. Battei un pugno sul letto, prendendo le coperte bianche, stringendole tra le mani. Un piccolo gemito lasciò la mia gola. In quel maledetto periodo andava tutto male. Ogni cosa mi faceva tornare le lacrime agli occhi. E io volevo fare la forte, volevo fare quella che se ne fregava. E come facevo a dimenticare? Non ci capivo più niente. Sembrava come un'equazione matematica. Ma di matematico non aveva niente.

Dovevo smetterla. Smettere di essere com'ero.

Inserii la password del portatile, aprendo Internet. Digitai velocemente " Nathan Prescott", attendendo che la pagina si caricasse. Così tanti risultati. E nessuno di quelli era vero. Cliccai sul primo link. Era un bel ragazzo, Nathan. I capelli erano biondi, a spazzola, gli occhi erano neri, neri pece. La carnagione era chiara, e quel poco di barba che le era cresciuta sul mento era corta, bionda. Lessi l'articolo.

"Ancora nessun ritrovamento del sedicenne Nathan Prescott, uscito la sera del 23 agosto, non ritornato più a casa. I parenti dicono che il ragazzo non faceva uso di droghe, non fumava, non beveva. La polizia sta indagando nella zona di McCaren Park, cominciando a non escludere l'omicidio. Gli amici della vittima hanno riferito agli agenti di aver visto il ragazzo uscire dal locale, ubriaco, smontando le credenze della famiglia. Alcuni ragazzi hanno dichiarato che il traqnuillo Nathan, soffriva in realtà di attacchi di panico. Si crede che il diciassettenne sia scappato, ma nulla è ancora certo. Speriamo solo che la polizia riesca a ritrovare Nathan Prescott e riportarlo a casa dalla sua famiglia. "

Mi morsi la lingua. Un senso di colpa si fece spazio nel mio stomaco. Sapevo tutto, e loro non sapevano niente. Guardai lo schermo del telefono. Alex, ancora. Diceva che voleva vedermi, che gli mancavo. Sorrisi involontariamente. Dopotutto, volevo vederlo anche io. Persi quei pochi attimi a pensare.

" Chillax? •_•" aveva chiesto lui.

" No...andiamo sugli scogli di Mahnattan Beach...prendiamo una pizza, mangiamo lì...che ne dici? "

" Dico che sei strana =) Ma ai tuoi ordini, White. Passo a prenderti alle otto. "

Tanto non avevo più nulla da perdere.

La pizza calda, il suo odore si diffondeva nell'aria ventilata. Il mare era grigio, ma calmo. Il cielo era triste, e le stelle non si riuscivano ad intravedere, perché le nuvole coprivano l'orizzonte. Quando arrivammo, il sole si stava spengnendo lentamente nell'acqua dell'oceano. Alex mi stava seduto affianco, le nostre gambe stese si toccavano. Lui mangiava tranquillo, io  mi stavo affogando dalle troppe domande che mi continuavo a porre. Chiusi gli occhi, poggiando la testa sulla spalla del moro. Lui mise una mano dietro la mia schiena, dandomi un bacio sulla guancia. Sorrisi, addentando un arancino, guardando il mare. Il ragazzo mugugnò.

- Dio, sono stanco....gli allenamenti di ieri mi hanno distrutto le gambe. -

Ridacchiai.

- Mangiare pizza non ti aiuta di certo. -

Lui roteò gli occhi.

- Facciamo finta che aiuti. -

Nessuno di noi parlò, e lasciammo che il silenzio urlasse nell'aria. Mi morsi il labbro. Mi voltai verso di lui.

- Devo dirti una cosa. - dissimo in coro, scoppiando a ridere.

- Vai, cosa devi dirmi? - chiese Alex, ridendo. La sua espressione mutò, non appena notò la tristezza nel mio sgaurdo.

- Approposito di...Nathan....- mormorai, abbassando la testa. - Voglio...far finta di non sapere nulla, voglio dimenticare quello che mi hai detto....e...voglio dimenticare...tutto quanto. Tutto quello che è successo tra te e Lola....tra te...e Cesly...devono capire che...noi due stiamo insieme...e...che non mi va...di...perderti...di nuovo. - balbettai, giocherellando con l' orlo della felpa nera.

- Senti, la storia di Nathan è morta e sepolta, ok? Non...fa come se non te lo avessi mai detto....-

- Lo sto facendo. Senti, Lola adesso smetterà  di minacciarti. Dopotutto, tu non hai giocato la carta di Frickman. -

- Frickman? Se lo diciamo siamo carne morta Meg. - 

- No, no, no, lo diremo solo a Lola. Lei se la farà sotto, e smetterà di ricattarti. Possiamo mettere la parola fine a questa storia, ok? - chiesi, prendendo il ragazzo per le guance, baciandolo dolcemente. - Celsy se ne tornerà sull'autostrada, Lola la seguirà a ruota. Devi smetterla di avere paura. Adesso so tutto.....e...lei non ha più potere. Siamo insieme adesso. Tuo padre non saprà nulla, te lo prometto. Quella stronza non può dire a nessuno quello che ha visto quella notte...e poi tuo padre fingerebbe di non sapere nulla...non può mettere a repentaglio il lavoro, giusto? Da...quanto ho capito è un uomo di questo tipo...-

Il ragazzo annuì.

- Siamo solo tu e io, adesso. - disse Alex. - Non c'è nessun altro. -

- Ti amo.... - mormorai, sorridendo timidamente.

- Cosa hai detto? Non ho sentito bene. - rise lui. - Ripeti per favore. -

- Hai sentito quello che ti ho detto. - sorrisi, baciandolo.

- Ripetilo. -

- Ti amo, Allen. -

Amore, Bastardo.Dove le storie prendono vita. Scoprilo ora