capitolo 7

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19 dicembre, venerdì.

Il venerdì arrivò presto. Troppo presto. Impreparata, spaventata. Primo appuntamento in diciassette anni. Ed era con la persona che detestavo, o che forse amavo. Era difficile. Perché i miei sentimenti erano andati a puttane già da un pezzo, e farli uscire di nuovo dal cuore ghiacciato che mi ritrovavo non era possibile. Mi sembrava quasi di annegare, nell'oceano di pensieri che inondavano la mente, e che si infrangevano contro le pareti di quest'ultima come delle onde. I mal di testa erano sempre più continui, tanto che ormai non ci facevo più caso. Dopo un po' ti abitui a tutto. Il dolore passa, le sensazione di impotenza pian piano scivola via. E cominci a preferire quel qualcosa che fa male alla completa assenza di emozioni.

Poi però ci sono quelle persone che ti fanno ricominciare a provare qualcosa.

- E poche ci riescono. - dissi, finendo il pensiero ad alta voce. Mia madre si voltò.

- A far cosa? - chiese, sorridente. - Comunque sono davvero felice per te Meg, ti piace questo ragazzo almeno? -

- È....complicato. - mormorai, chiudendo il frigo. - È un bel ragazzo, ma il carattere è molto...diverso dal...comune. -

- E tu gli piaci? - domandò ancora, mettendo i piatti nel lavandino. Feci spallucce, sdraiandomi sul divano. Lei sorrise. Amavo il suo sorriso.

- E che ne so, ti ho detto che la faccenda è complicata. - sospirai. - Non so più neanche io quello che provo. -

-  Alla tua età è difficile, Meg. -

Il suo sguardo si perse nei ricordi, come se stesse immaginando un mondo tutto suo. Sorrise, i suoi occhi azzurri si persero in un punto fisso. Stava ripensando a papà. Lo vedevo. E ai momenti meravigliosi che le aveva regalato. E che poi si riprese, facendoci sprofondare di nuovo nella merda. La bionda scosse la testa.

- Non sai mai cosa provi fino a quando non hai la conferma delle tue emozioni. -

- Aspetto da troppo questa conferma...o forse già l'ho avuta, e non me ne sono accorta...è complicato. -

La donna sorrise, e si stese affianco a me, circondandomi in un abbraccio. Mi strinsi a lei, poggiando la testa sulla sua spalla, ascoltando il suo respiro. Lei rise, stringendomi. Mi accarezzò i capelli, come faceva quando ero piccola. E io amavo quando mi accarezzava i capelli. Il suo tocco era dolce, il suo profumo era così delicato, e il suo sorriso era così bello. La sua voce dolce mi venne sussurrata nell'orecchio destro, facendomi chiudere gli occhi. Amavo tutto di lei. Ma amavo la sua forza. La forza di andare avanti. Su quello avevo preso da mio padre. Cazzo.

- Adesso vai a prepararti, non far aspettare il tuo ragazzo. - rise lei, alzandosi.

- Non è il mio ragazzo! - esclamai, mettendo il broncio.

- Ancora per poco. -

Il disastro. La mia camera era un disastro. E io stavo lì, con un asciugamano che mi copriva fino a sopra le ginocchia, ad osservare quali vestiti potessi indossare. Di vestito ne avevo uno, ma non mi sembrava adatto. Forse dei jeans? O forse un maglione? Non lo sapevo, non sapevo niente. La tentazione di chiamare Lola si fece sempre più intensa. Ma non lo feci. E rimasi a pensare alle conseguenze. Sospirai. Un paio di jeans chiari e una maglia nera sopra? Oppure un paio di pantaloncini con sotto le calze e sopra una felpa? No, mi sarei morta di freddo.

Dio quant'era difficle vestirsi decenti.

Presi una maglia nera e un paio di jeans qualunque. Si, sarei andata così.

Mi guardai allo specchio. Vidi una ragazza triste, in attesa di qualcuno che le potesse strappare un sorriso. Ma questo qualcuno non arrivava. E la ragazza continuava a sperare, ma si sa, la speranza consuma. Senza accorgermene una smorfia schifata mi comparse sul volto. Dio, come mi ero ridotta. Il mio viso era sciupato, la carnagione era troppo pallida. Mi vedevo addirittura più magra. La storia delle foto mi aveva distrutto, e questo si rifletteva sul mio aspetto fisico. Mi morsi il labbro, pensando.

Amore, Bastardo.Dove le storie prendono vita. Scoprilo ora