Capitolo sei.

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16 dicembre, martedì.

Carcavo Paige. Paige Anderson. Una ragazzina del nono anno, la causa dei miei problemi, la stronza che aveva postato le foto. Le mie foto. Mi avevano parlato di lei. La descrivevano come " fuori dalle righe", oppure come " diversa dalla massa". Ma secondo me era la solita ragazzina carina, magrolina, che a volte faceva qualche bravata per farsi conoscere. Altri parlavano di una ragazza pacata, tranquilla. Le persone parlavano. Io non le ascoltavo. Era sempre affiancata dal suo amichetto, Noah, il solito appassionato di horror, o videogiochi, alto e buffo, con delle lentiggini sulle guance, con la fissa per i serial killer, innamorato di una ragazza così popolare, che non lo degnava neanche di un saluto, per non sembrare una sfigata.

La gente pensava troppo alle idee degli altri. Gli altri. Gli altri non sapevano niente.

Sbuffai, facendo navigare lo sguardo tra i volti troppo conosciuti del cortile. Cercavo quei capelli blu che la distinguevano. La cercavo nel parcheggio, ma non c'era. Forse non era a scuola. Non che mi interessasse, ormai sapevo dove abitava. Grazie, Frickman. Mi strinsi nella felpa, soffiando sulle mani, provando a scaldarle.

"Scalda il cuore, non le mani. " quella vocina nella mia testa mi martellava, mi infastidiva, mi confondeva, mi distruggeva. I pensieri, i pensieri. Non ragionavo. C'era lei che decideva, facendomi sbagliare, facendomi sprecare le poche occasioni che la vita mi presentava. Perché la vita è dura, soprattutto con le persone che non se lo meritavano. E mia sorella ne era un esempio. Dio, che schifo. Ricordarla faceva così male. Ma la ritrovavo ovunque. In ogni persona che camminava, mi aspettavo di vedere il suo viso, le sue forme delicate, i suoi capelli neri, i suoi occhi azzurri.

Mi mancava, cazzo. Mi mancava troppo.

Sbuffando, mi diressi verso l'entrata dell'istituto. Intravidi Lola e Loris, ma non mi avvicinai. Dopo quello che avevo visto, di parlare con Lola non ne avevo voglia. Non la giudicavo, ma iniziavo a farmi un quadro più ampio. Molto più ampio. Troppo ampio. Avrei preferito sapere di meno, e continuare a vedere le persone per quello che non erano. E non farmi male. E continuare ad essere la ragazza ingenua, che poco sapeva e poco voleva sapere. Perché più sai più ti fai male. E di dolore...oh, non ne avevo bisogno.

- Megan. -

Mi voltai. Mi spostai, indietreggiando. Assottigliando lo sguardo, feci per andarmene, ma il mio polso venne bloccato. E assieme a quest'ultimo, mi si bloccò anche il cuore. Persi un battito al suo contatto. E ne persi altri, sentendolo parlare. La sua voce...la sua voce.

- Credevo di averti detto di non voler essere toccata. - sibilai. Lui non lasciò la presa.

- Megan, fammi parlare, poi possiamo fare tutto ciò che desideri. -

- Parla. - dissi secca, incrociando le braccia. - E cerca di sbrigarti che devo cercare una persona. -

- Non mi starai mica tradendo. - rise lui. - Come faccio poi se no? -

- Alex, smettila, e parla, che non ho tutta la giornata. - esordii, cominciando a battere la pianta del piede a terra, impazziente.

- Allora...ehm...ah si, posso cominciare a dire che non so chi ha pubblicato le foto, non so chi le ha scattate, so solo che Cesly he delle belle tette. - parlò il ragazzo. Lo freddai, facendo un'espressione schifata.

- Sei un ragazzino, Alex. -

- Scherzavo, scherzavo. - sorrise lui. - Ultimamente stavo pensando alla nsotra situazione sentimentale, e so che è difficle, e che abbiamo scopa....fatto sesso da ubriachi, e che quindi non ricordiamo niente... -

- Con questo? - chiesi, alzando un sopracciglio. - Quale sarebbe la tua "soluzione "? -

- Bhe, vorrei uscire con te, provare a vedere come funziona tra noi due e...soprattutto vorrei essere il primo con cui tu farai... l'amore...mi da fastidio pensare che tu possa appartenere a qualcuno che non sia io. -

Amore, Bastardo.Dove le storie prendono vita. Scoprilo ora