Capitolo cinque, parte 1

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15 dicembre, lunedì.

Camminavo per il corridoio, gli occhi dei ragazzi puntati su di me. Camminavo con la testa alta, con lo sguardo proiettato in avanti. Speravo nell'incontrare Alyssa, O Lola, O Loris, o chiunque potesse darmi un maledetto sostegno. Ma entravano più tardi, avevano i corsi spostati. Cazzo. Chiusi gli occhi, sospirando. I loro sguardi mi trapassavano, mi ferivano. Non sapevo, non sapevo più che fare. Non ce la facevo più a nascondermi dietro un flebile sorriso, un finto orgoglio. Mi era stancata di far vedere di stare bene. Ma di piangere ne avevo abbastanza. Volevo mia sorella. La rivolevo indietro adesso. E i miei desideri andarono a puttane. Aprii l'anta dell'armadietto, posando i libri di chimica, prendendo quelli di matematica. Guardai il quadro orario. Alle undici avevo fisica. E sarei dovuta stare vicino a quel coglione. Ancora.

- Megan! -

Una voce dalla fine del corridoio. La ignorai. Basta ascoltare le persone, cazzo.

- Megan, Megan! -

SMETTILA.

- Cosa vuoi, eh? Mi hai già rovinato questi ultimi mesi di scuola, ok? Non ti basta, eh?! - sbraitai. - Eh no, la vita, quella non me la faccio rovinare da un coglione, puttaniere, approfittatore come te! -

- Meg, io volevo dirti che non so chi ha postato le foto...né chi le ha scattate...io... -

- Io cosa?! Io, io io, sempre io! Pensa agli altri! Ero ubriaca, mi sono sprecata con te! Non ragionavo, non mi sarei mai abbassata al tuo livello. - sibilai, chiudendo l'armadietto. Lo guardai con disprezzo. Ancora. Un tic nervoso mi fece tremare l'occhio sinistro. Basta guardarmi. Smettila, smettila.

- Megan, prima o poi doveva succedere, è stato con me, dovresti reputarti fortunata. - si vantò lui.

- E tu considerati fortunato che sei ancora tutto intero. -

- Non fare così, vieni qui. - disse lui. Si stava avvicinando, troppo per i miei gusti. Che cazzo volevi fare eh? Abbracciarmi? Toccarmi?

- Uno, non mi toccare. - mi allontanai. - Secondo, questa è la tua schifosa camicia, te l'ho anche lavata. - lo gelai. - Adesso sparisci. -

- Un bacio? - chiese lui, sporgendosi in avanti.

- Un vaffanculo? - sorrisi, alzando il dito medio. Lui fece il labbruccio, gli occhi tristi. - Trovati un'altra troia da scoparti. -

- Tua sorella sarebbe stata perfetta. -

I capelli ordinati, mossi, biondi di Sammy si fecero spazio, facendo apparire la ragazza in tutte le sue forme scoperte. Alex si fermò ad ammirarla. Lei ghignò, posando i suoi occhi grigi su di me. Quanto mi davano fastidio, quei maledetti occhi, così strafottenti. Trattenni gli insulti, stringendo i pugni. Puttana.

- Forse parlavo di tua madre. - risposi, scrutandola. - Mia sorella era tutto tranne che troia. -

- Allora non sono vere le voci che GIRAVANO su di lei? Dicevano che nei bagni era una vera bomba. -

- Oh questo non lo dovevi dire. - sibilai. Alex tentò allontanarci. - E TU NON MI TOCCARE CON QUELLE MANI! -

- Alex, amore, stiamo perdendo tempo, non accetta che la sorella crepata fosse una puttana, adesso possiamo andare. -

- Che sta succedendo qui? -

Oh cazzo. Frickman. Il vicepreside. Perfetto come la suo solito, i capelli pettinati, la cravatta sistemata. La valigetta con dentro i suoi appunti, il suo computer era tenuta nella mano sinistra. Gli occhi neri spaventavano. I capelli erano grigiastri. La sua altezzza era fastidiosa. Il suo volto non era mai travolto da un sorriso. Era serio. Sempre. Insegnava tecnologia, come usare il computer, queste sciocchezze. Mi morsi il labbro, abbassando lo sguardo. Lui ci gelò.

Amore, Bastardo.Dove le storie prendono vita. Scoprilo ora