Capitolo ventotto.

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20 aprile, lunedì.

- I don't mind no I don't mind the rain...- cancticchiai, continuando a studiare.

La solita aula vuota, la solita ora di buco. I soliti libri. Continuai a canticchiare, sottolineando parole, frasi.

- As I fade away, away, away...-

La pioggia scivolava leggera sulle vetrate della scuola. Cristo, sembrava che il maledetto sole fosse sparito. Solo giornate di pioggia, solo giornate con il cielo grigio, solo giornate tristi. E di tristezza ce n'era già abbastanza. Sospirai, buttando indietro la testa, intonando la canzone che ascoltavo dalle cuffiette. Poggiai i gomiti sul banchetto, chiudendo gli occhi, massaggiandomi le tempie. Forse avevo sbagliato. Non avrei dovuto prendere quel lavoretto al Chillax. Scossi la testa. Troppo avventata ero stata. Sbuffai. E lo studio me lo sarei dovuto recuperare nelle ore di buco. Dio, che casino. Ripresi a leggere, ma gli occhi volevano una pausa. E me lo stavano urlando da troppo tempo. La vista appannata non aiutava, e la testa dolente neanche.

- Gone too far, yeah I'm gone again, it's gone all too long tell you how it ends...I'm sitting on the edge with my two best friends...-

- Once a bottle of pills, once a bottle of gin. -

La voce che continuò la canzone risuonò nella stanza. Alzai lo sguardo. Dio, no. Hill era appoggiato sullo stipite della porta, con le braccia incrociate, e un sorriso dolce sulle labbra. Sospirai, scuotendo la testa. Non si dava pace, eh? Non capiva proprio. Che se volevo stare sola, non volevo nessuno accanto. E lui continuava, continuava a cercare di sembrare qualcuno che non era. Ti prego, vattene, vattene via.

- Canzoni di band che non ascolta nessuno, eh? - chiese lui, avvicinandosi. Annuii.

- Si, esatto, adesso puoi anche andare. - sorrisi, indicando la porta. - Hill, seriamente, devo studiare. Dopodomani ho il test di storia, vattene. -

Il ragazzo sorrise, prendendo una sedia, sedendosi davanti a me. Come l'altra volta. Stesse azioni, stessa rabbia. Quelle stesse emozioni che odiavo provare.

- Non pensavo ascoltassi quel tipo di musica. -

- Già, sento canzoni di band che sono dimenticate da Dio, bene, ok, vai via. -

- Perché te la vuoi spicciare così velocemente? -

- Perché non mi piace parlare con te, e perché devo studiare. Ti sto pregando, vattene. -

La sua risata interruppe la mia voce. Assottigliai lo sguardo, freddando il biondo. Lui allungò la mano, per toccarmi il volto. Mi spostai, alzandomidi scatto. Vattene. Vattene, vattene.

- Senti, non sono dell'umore. -

- Con Allen saresti dell'umore? Dopo tutto quello che ti ha fatto....dopo tutte le volte che ti stava tradendo sotto i tuoi occhi..e tu lo lasciavi fare...Meg...io non ti tradirei mai. - mormorò il ragazzo con un sorriso sul volto.

Feci partire la mano , che però non arrivò alla sua guancia. Fu bloccata prima. I miei occhi guizzarono sul suo viso. Un ghigno aveva preso il posto del suo sorriso. Oh Dio no.

- I giochetti che usavi con Allen con me non funzionano Meg. - sussurrò lui. - Allora? L'offerta è sempre valida. E poi questa classe è così fredda...scaldiamola, no? -

- Per quello ci sono i bidelli, che accendono i termosifoni. Io non devo scaldare proprio niente. E adesso lasciami il braccio. - sibilai. - Sarei grata se, tranquillamente, uscissi da quella porta, e portassi il tuo cu...la tua persona fuori da qui dentro. -

- Adesso fai la gentile? -

- Io non sono gentile. - ghignai. - Adesso fuori. -

- Potremmo andare nei bagni del terzo piano...dopotutto è lì che li hai scoperti, vero? Ad Allen e Sammy. -

- Smettila, cazzo, smettila! - sbraitai, tirando il braccio verso di me, lasciando che le mani di Hill si staccassero dalla mia pelle. - Smetti di cercare di mettere zizzania tra me e Alex, perché tanto NON FUNZIONA, OK? Adesso vattene, o giuro su me stessa, ti caccio fuori a calci. -

- Che paura. -

- Dovresti averne. -

- Come ti pare. - sorrise lui, alzandosi. - Se vuoi chiamarmi, hai il mio numero in rubrica. -

- Sai che non ti chiamerò. -

- Dicono tutte così, poi, non appena il fidanzato le lascia, cadono ai miei piedi....devo solo essere paziente, giusto? Ciao ciao Meg. -

Chiuse la porta, lasciandomi sola nella stanza. Continuavo a fissare un punto fisso, con la bocca spalancata. Non ci credevo. Non credevo a quanto sfacciata potesse essere la gente. Sbattei un pugno sul tavolo. Bastardo.

Mi presentai al Chillax con un paio di jeans e una semplice felpa. Le altre sorrisero, non appena mi videro. Tutte erano così carine, simpatiche. Avevano tutte più o meno la mia stessa età, alcune venivano nella mia scuola. Tutte con il grembiule, tutte sorridenti. Piper mi venne vicino velocemente, scavalcando il bancone, come sempre, prendendomi sotto braccio. Alcuni clienti la guardarono storti, poi tornarono a sorseggiare il loro caffè, o il loro thè. Senza dire una parola, la ragazza mi portò velocemente negli spogliatoi, lanciandomi un grembiule, rimanendo accostata alla porta. Rimasi un momento interdetta, guardando la stoffa che avevo in mano. Lei sorrise, sospirando. Ero tanto divertente?

- E questo...cos'è? - chiesi, alzando un sopracciglio.

- Devi metterlo, è il grembiule. - spiegò lei. Feci una smorfia. - Non rompere e indossalo. -

- Agli ordini. -

- Senti, appena esci vai alla cassa, là Maria ti dirà quello che devi fare e cose così....ehm..lascia pure qui tutte le tue cose. -

La ragazza uscì velocemente, frenetica come al suo solito. Legai il grembiule bianco attorno alla vita, guardandomi allo specchio. La scritta "Chillax" in basso a sinistra era carina. Affianco alla scritta c'era una piccola tazza di caffè ricamata in marrone. Sorrisi. Forse sarei potuta sopravvivere. Forse. Appesi la giacca e la felpa a due stampelle, rimanendo con una maglietta a maniche corte bianca. Mi morsi il labbro, provando a sistemarmi i capelli, legandoli in una coda, ma li sciolsi subito dopo. Presi un respiro profondo, uscendo dalla piccola stanza.

- Sei Megan? - chiese una ragazza alla cassa. La sua pelle scura era così in contrasto con la mia. Aveva gli occhi neri, i capelli del medesimo colore delle iridi. Era in carne, formosa. E il suo volto pareva così dolce.

- Si..sei Maria? -

- Maria Rose Parker, piacere. -

- Frequentiamo...le classi della Rogers insieme, vero? -

- Esatto ragazzina...a quanto pare sei bianca ma non stupida. - sorrise Maria. - Senti...Philip ti ha detto come funziona  o..-

- No, mi ha...semplicemente detto che avrei cominciato oggi...ehm...ma so come funziona, ho già lavorato qui, non preoccuparti. - dissi, sorridendole. - Philip....non è tipo da...conoscere le persone e poi assumerle, vero? È cambiato così tanto...-

- No, assumerebbe una novantenne senza neanche rendersene conto...che ci puoi fare? - rise lei. - Senti, comincia dal tavolo 4, e poi passa....a...tutti gli altri. Sai come si fa, no? Sempre gentili, educate, e sopratutto carine. -

Storsi il naso.

- Ragazzina, è per questo che sto in cassa. Non sono né gentile, né educata, né tanto meno carina. Adesso porta le tue chiappe bianche in mezzo ai tavoli. -

Sospirai, annuendo. Presi un block notes, guardando i clienti.

Che cavolo di lavoro che mi ero scelta.

Ciao a tutti💙
Come state? Spero vi stia piacendo la storia =]

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