Capitolo trentasette.

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5 Maggio, martedì.

- Non è niente. -

- Quanto puoi essere bugiarda da uno a...a te stessa? Cristo Megan! -

Jonh non si arrabbiava quasi mai. Era raro,  rarissimo vederlo così, rosso, con gli occhi severi, scuri. C'era solo una piccola luce, una luce triste, quasi spenta, che continuava ad illuminare le sue iridi per la disperazione. Abbassai lo sguardo, facendo andare i capelli sugli occhi.

- Io...-

- Tu cosa eh?! Che ti passa per la testa?! Come...PERCHÉ NON CE LO HAI DETTO!? CHE COS'HAI NELLA TESTA?! - sbraitò Loris, spostandomi i capelli dal volto. - NON VEDI CHE TI HANNO FATTO? NON LO VEDI?! -

Serrai le labbra, mordendomi la lingua. L'occhio sinistro faceva male. Anche la pancia e le gambe, ma loro non sapevano, non vedevano sotto i vestiti. Quelle macchie violacee che mi deturpavano il corpo, lì, sotto a quei pantaloni troppo larghi, non erano visibili. E ringraziai di avere addosso qualcosa con cui coprirmi. Perché i miei pensieri vagavano senza più ritegno nell'aria, e non mi sarei stupita se ognuno avesse potuto vedere i lividi troppo grandi che avevo. Si, era stato Hill. E no, non era uno stupro. Non mi sarei più fatta vedere in giro,  se fosse stata una cosa del genere. Mi sarei chiusa in camera, e avrei pianto così tanto da non avere più lacrime, e da non riuscire più a chiudere gli occhi. Bill si era più che altro divertito a prendermi in giro. A premere sulle parti più doloranti, a farmi urlare, e a strillare. Lola mi aveva dato un calcio sulla pancia, uno sulla schiena, due sullo stomaco. E il biondo si divertiva a sentire le mie imprecazioni, mentre cercava di farmi dire quelle parole troppo umiglianti. Ma non le dissi. Non ebbi il coraggio. Voleva che lo pregassi. Non lo feci. Non l'avrei mai fatto. L'orgoglio, quello stupido orgoglio che mi possedeva, mi faceva tacere. Alzai lo sguardo nel per guardare Alyssa. E anche lei, con i suoi occhi verdi, mi fissava severa.

- Ragazzi...è..solo una...- provai. Loris non mi fece finire la frase.

- QUELLA TROIA DI MIA SORELLA TI HA QUASI AMMAZZATO! - urlò, stringendo i pugni. - IO GIURO SU DIO CHE LA UCCIDO APPENA LA VEDO! -

Abbassai lo sguardo, mordendomi il labbro. Loris era incazzato. E di solito era freddo, pacato. Non sapevo come prenderlo, né se rispondergli, né se annuire e lasciare stare. Alyssa mi guardò fredda, sussurrando qualcosa. Jonh le mise una mano sulla spalla, facendo guizzare di nuovo i suoi occhi su di me e le mie insicurezze.

- Ragazzi, vi prego...non...non posso...- balbettai, non sapendo cosa dire. - Non posso andare da Hill e Lola tutta incazzata per mettermi a piangere come una bambina. E non voglio che voi vi immischiate in questa storia. -

Alyssa mi gelò.

- Sei completamente impazzita? - chiese, sibilante. - E che vorresti fare, eh? Vorresti passargli davanti facendo finta di non vederli? Vorresti...che so...perdonarli perché ti hanno pestato troppo piano? Megan, sei impazzita? LORO TI HANNO PICCHIATA! -

Il suo tono era così tagliente.

- Alyssa, non voglio che andiate di mezzo a questa storia. Statene fuori. Sia tu, che Jonathan, che tu, Loris. Non mi importa che quella sia tua sorella. Non. Andate. Di mezzo. A questa. Storia. -

Jonathan cercò di dire qualcosa, ma lo bloccai. Perché non ne potevo più. Basta. Basta, basta. Sospirai, guardando i ragazzi. Erano sempre stati lì, a combattere le battaglie al posto mio. Perché ero troppo debole, lo ero sempre stata. Ma forse quello era il momento di smetterla.

Presi un grande respiro, che mi bloccò i polmoni. Lo studio di Frickman, era lì da dove era cominciato tutto. Da dove ho visto Lola e l'uomo baciarsi. Sospirai, poggiando una mano sulla maniglia della porta. Dio, ero confusa. Sbagliavo tutto. E continuavo a sbagliare. Tutto ciò che facevo ero sbagliato. Non mi sarei sorpresa se quello fosse stato l'ennesimo errore. Alla fine era tutto così strano, contorto. Io che provavo a capire come uscirne, gli altri che cercavano di intrappolarmi, e di farmi cadere ancora più in basso. Abbassai lo sguardo, guardando la maniglia. Forse non sarei dovuta entrare. Ma entrai lo stesso, senza bussare.

- Devo parlarle. -

Frickman alzò gli occhi. I suoi occhi neri mi scrutarono.

- Bene, adesso prendi ed entri nel mio studio, volendomi parlare, White. Complimenti. E tutta questa...educazione, da dove salta fuori, tutta all'improvviso? - domandò l'uomo,  posando la penna, poggiando i gominti sulla scrivania.

- Senta....approposito...quella storia...- cominciai, prendendomi le mani. - Ho...-

- Ho cosa? Dall'ematoma che vedo sotto il tuo occhio, Lola te l'ha fatta eh? - sibilò, alzandosi. - Bene, e adesso cosa ne pensi? Cosa vuoi fare? Vuoi...fargliela pagare? Bene, fai pure. -

- Ma professore......-

- Avanti, dillo White. Sei troppo debole e non riesci a capire cosa fare? Vuoi il mio aiuto? Vuoi che metta delle F sulle loro pagelle? Tra poco ci saranno gli esami, e su! Facciamoli bocciare. -

Frickman rise. Abbassai la testa, non appena le sue mani si poggiarono sulle mie spalle. Mi morsi il labbro. Dio se avevo sbagliato. Nella mia testa mi diedi della stupida così tante volte.

- Non voglio aiutarti. Dopotutto, non ci riguadagnerei nulla. Apparte rogne che non mi va di risorvere. E adesso vattene. Vai a studiare per le prove che tra meno di un mese ti scervelleranno. Sono stanco di te e dei tuoi problemi. Perché i tuoi problemi si sono riflettuti su di me. Se fossi stata zitta, White, se fossi stata zitta. -

Il suo tono, da un sibilo, divenne un sussurro. Il mio cuore si frantumò in troppi pezzi.

- Cosa dovrei fare, allora? -

- Sei stata così furba con me, puoi esserlo con loro, no? - chiese, andandosi a sedere di nuovo, prendendo una penna, continuando a scrivere con quella  grafia perfetta.

- E già che ci stai, vai a salutare Allen anche da parte mia, forse mi manca la sua presenza. -

Amore, Bastardo.Dove le storie prendono vita. Scoprilo ora