capitolo 15 parte 1

236 8 3
                                    

27 marzo, venerdì.

Tirai le coperte sulla testa. La luce del sole filtrava dalla grande finestra, la playlist degli Hollywood Undead era partita a palla. Sbadigliai, mugugnando. Oh no, non mi sarei alzata. Poggiai la testa sul morbido cuscino, chiudendo gli occhi. La mia mano uscì dalle coperte, tastando il comodino alla mia destra, cercando il cellulare. Una botta secca, e quell'affare smise di suonare. Ascoltai il silenzio che nella stanza si era creato. Il silenxio delicasto che a volte mancava. Sospirai. Frickman mi avrebbe disintegrato se non fossi stata in orario. Ma la mai mente pensava solo al calore delle dolci lenzuola, così avvinghiate al mio corpo come un caldo abbraccio. Tesi l'orecchio. La porta che dolcemente si stava socchiudendo mi fece gelare. Mi strinsi nelle coperte, lasciando che le mie gambe, le mie braccia, il mio busto, affondassero nel materasso. Lasciatemi in pace, vi prego.

- Megan. - sussurrò la donna. - Megan, tu dois se réveiller. -

Quella lingua così lontana dalla mia mi echeggiò nelle orecchie, troppo stanche per ascoltare. Abbassai le coperte, incontrando gli occhi azzurri della signora Rousseau. Si era seduta al mio fianco, con un sorriso delicato, quasi fosse una nonna che stesse sorridendo ai suoi nipoti. Sospirai, stropicciandomi gli occhi.

- Oh, bonjour. - dissi, togliendomi i capelli dalla faccia.

Lei sorrise, alzandosi, andando verso la porta.

- Le petit-déjeuner est prêt. -

- Oui, je...arrivo. -

Non ebbi il coraggio di guardarmi allo specchio. Le occhiaie viola sotto gli occhi, i capelli spettinati, la postura incurvata. Passai una mano sul volto, barcollando verso la valigia. Lentamente, pigramente, aprii la cerniera che teneva chiuso quell'obbrobrio rosa, buttando sul letto i vestiti. Volevo farmi una doccia. Cavolo, ne avevo bisogno. Mi alzai da terra, strusciando i piedi a terra fino alla porta. Camminai in quel piccolo corridoio, andando nell'enorme soggiorno. La signora Rousseau mi guardò, quel poco sorpresa, quel poco divertita.

- Ha una doccia? La douche? - chiesi, il mio tono di voce era troppo basso per il sonno.

La donna mi venne incontro, arrivando ad una porta affianco alla mia stanza. Aprì la serratura, sorridendomi così dolcemente. Quella signora era fatta di zucchero filato, si vedeva dal sorriso, dai modi delicati, dal suo tono quasi sussurrato.

- Tu peux pendre une douche après le petit-déjeuner. -

- Oui, oui, grazie signora Rousseau. -

Quell'acqua era così calda. E quella doccia era così grande. La stanchezza era troppa, mentre le goccioline vagavano sul mio corpo. Chiusi gli occhi. L'odore di quel bagnoschiuma alla fragola mi indondò le narici, mentre la cuffia proteggeva i capelli dal bagnato. E quel rumore di acqua scrosciante sulla mia testa mi faceva sembrare tutto caotico, come una piccola tempesta pronta ad abbattersi. Sospirai, chiudendo l'acqua. Si, Frickman mi avrebbe ucciso. Presi un'asciugamano, avvolgendomici il corpo. Quel toc toc alla porta mi stringere d'istinto ancora di più il telo attorno a me stessa.

- Megan! Est tard! Sont le dix à huit! - esclamò la donna.

Arricciai le labbra. Dix à huit voleva dire sette e cinquanta. O sette e dieci? No, no, no, no, huit era otto. E io ero fottuta.

- Cazzo! - urlai.

Aprii la porta in asciugamano, correndo in camera. Cazzo, cazzo. Presi un paio  di jeans e una felpa nera, le solite vans nere ai piedi. Mi spazzolai velocemente i capelli, prendendo il telefono tra i denti, scaraventando la macchinetta fotografica nello zaino. Misi le cuffie al collo, afferrai la cartina. Guardai la stanza e sperai di aver preso tutto. Cristo, era tardi. Troppo tardi. E con il senso di orientamento che mi ritrovavo ci avrei messo minimo un quarto d'ora per trovare la strada. Cazzo!

Amore, Bastardo.Dove le storie prendono vita. Scoprilo ora