Dalle ceneri

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Le tende delle alte finestre ad archi a sesto acuto filtravano la luce del sole. Settembre volgeva al suo termine e il calore emanato dai raggi solari non era più abbastanza per riscaldare gli studenti di Hogwarts.

L'Infermeria quel giorno era praticamente vuota: solo due letti, infatti, erano occupati. Su uno era sdraiata Caridee McMillan, una Corvonero del quarto anno che si era presa una bella influenza.

A qualche letto di distanza, invece, giaceva Remus Lupin. Le ragioni della sua permanenza in Infermeria erano tuttavia molto differenti da quelli della ragazza: era appena passata la notte di plenilunio. I segni che la nottata appena passata aveva lasciato sul ragazzo stavano iniziando a sparire, grazie ad alcuni unguenti magici che Madama Chips si era sbrigata a spalmargli sulle ferite.

Il ragazzo era molto provato: lo si poteva capire anche solo guardando le occhiaie scure che gli cerchiavano gli occhi. Aveva qualche graffio qua e là, più una costola incrinata alla quale l'Infermiera aveva già provveduto.

« Albus, per favore, prova a ragionare » stava dicendo Minerva McGranitt, seduta su uno dei letti più lontani dall'entrata dell'Infermeria. « Non è una scelta saggia, la tua: sono solo dei ragazzi ».

Albus Silente sospirò, accarezzando con l'indice il profilo del proprio naso.

« Ritengo di non avere molte possibilità » commentò il preside, affranto. « Posso aspettare ancora, ma se la situazione dovesse peggiorare, Minerva, sarò costretto a dirglielo ».

« Come pensi che reagiranno? Sono troppo giovani! »

« Non sono più dei bambini, sono sicuro che comprenderanno l'importanza di quello che stiamo facendo » rispose l'uomo. « Potranno scegliere, ovviamente. Non imporrei mai loro niente ».

Minerva McGranitt era sinceramente preoccupata. Guardando il ragazzo steso sul letto, si sentì sopraffare dallo sconforto. Erano così giovani e già si vedevano costretti a dover entrare in una guerra senza aver commesso alcun errore.

« Albus... »

« So cosa stai per dirmi, Minerva » la interruppe lui, guardandola dritta negli occhi. « Aspetterò, ma prima o poi sarò costretto a dirglielo, e lo sappiamo entrambi ».

*

Seduti all'ombra di un grande albero nel parco del castello, Dylan e Mary chiacchieravano a bassa voce: lei era seduta tra le sue gambe e poggiava la schiena al suo petto, mentre Dylan le cingeva la vita con le braccia, il capo appoggiato al tronco dell'albero.

« Sono passate solo tre settimane dall'inizio della scuola e io non ce la faccio già più » stava dicendo Mary con aria sconsolata, facendo ridacchiare Dylan, che in risposta la strinse un po' di più a sé.

Lily arrivò in quel momento, un po' imbarazzata: le dispiaceva disturbare i due, soprattutto perché sembravano totalmente presi da loro stessi e dai loro discorsi. Prese un respiro e parlò.

« Ehi, ragazzi! » li salutò con un sorriso, avvicinandosi.

Mary posò subito gli occhi su di lei e le sorrise a sua volta; Dylan fece lo stesso e lasciò che Mary si alzasse per poi mettersi in piedi anche lui.

« Scusa, Dylan. Avevo promesso a Lily una cosa! » disse Mary, girandosi verso il proprio ragazzo e scoccandogli un bacio sulle labbra. « Ci vediamo stasera a cena? » gli domandò poi.

« Certo, tranquilla » rispose lui con un sorriso tranquillo, sistemandosi la borsa in spalla. La baciò un'ultima volta, prima di salutare anche Lily e allontanarsi verso un gruppo di studenti del loro stesso anno seduti poco lontano.

Sotto La Pelle [Malandrini, 1977-1978]Dove le storie prendono vita. Scoprilo ora