16. Acqua e mele (Dan)

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Passo la mano sui fogli, sulla tintura nera e colorata, il mio sguardo saetta da un disegno all'altro.

Anche in quelli in bianco e nero, il soggetto si riconosce alla perfezione. Vorrei che non fosse così, ma purtroppo ora come ora è inutile negare la realtà.

Chantal. È lei.

Lei in un'espressione furiosa, lei appoggiata ad un albero, lei raggomitolata nelle coperte e stretta da due forti braccia, lei con lo sguardo perso e incantato, lei imbarazzata, lei con un meraviglioso abito blu notte che anche solo da questo ritratto sembra starle un incanto.

Tutto questo è incredibile. Questi disegni non sbagliano di una virgola, sono così realistici che mi sembra di averla qui.

«È lei», affermo con voce strozzata.

Anche Harriet e Luce si avvicinano, afferrando i disegni ed osservandoli con attenzione. Questo dev'essere l'angolo più segreto e privato di Dylan. «C'è la sua firma, non ci sono dubbi che li abbia fatti lui», constata la sorella di Chantal, come se mi avesse letto nel pensiero. «Sono bellissimi! Non sapevo di questa sua passione, Dylan l'ha sempre tenuta nascosta».

«Non a caso questi disegni si trovavano lì dentro, in quel cassetto nascosto e segreto. Lui non voleva che qualcuno li vedesse e sono abbastanza certa che nemmeno Chantal li abbia mai visti», dice Harriet. Nel suo sguardo non ci sono la rabbia e la delusione presenti nel mio, nel suo sguardo io leggo stupore, eccitazione.

«Di cosa state parlando?», domanda Theodore, comparendo dietro di noi.

Lo abbiamo totalmente ignorato, dimenticando persino di ringraziarlo. Quando è entrato nella stanza, ci siamo affrettati ad uscire dai nostri nascondigli ed io sono direttamente corso a prendere i disegni.

Luce si volta e gli mostra l'album. Lo sguardo del capoclan vaga fra le linee precise, è sorpreso anche lui, confuso e stordito. Posso capire che non si aspettava affatto una cosa del genere. «E questi? Li ha fatti Dylan, non è vero?».

Annuiamo, seppur malvolentieri. «Pare di sì, signor Theodore. O forse dovrei dire... zio?», risponde prontamente sua nipote.

Lui alza gli occhi e la fissa attentamente, si inumidiscono e rimane per un attimo senza parole. «Luce, io...».

«Per favore, non è il momento. Avremo tempo per parlarne», lo prega lei e lui si limita ad annuire, assecondandola.

Sfoglia le pagine e si sofferma su ogni disegno, sui lineamenti inconfondibili della nostra Chantal. «Meglio andare, adesso. Devo farvi passare inosservati, dobbiamo superare le guardie ed evitare che vi vedano. Non sarà facile», ci spiega. «Seguitemi», conclude, avviandosi verso la porta della stanza.

Harriet e Luce lo seguono e, dopo essermi accertato che tutti loro siano di spalle e non possano vedermi, prendo un disegno a caso dall'album, senza nemmeno guardare e me lo infilo velocemente in tasca, per poi correre con aria innocente dagli altri. Nessuno deve sapere del mio furto.

Usciamo dalla camera in maniera silenziosa, Theodore ci copre le spalle, andando per primo e dandoci il via libera e solo in questo modo riusciamo a giungere nuovamente a piano terra, stando attenti a non farci vedere, ma soprattutto a non fare rumore.

Infatti, come prima, i corridoi sono deserti perché ultimamente tutti sono concentrati in vari reparti per le ricerche dei due fuggiaschi e nessuno pensa più alla sicurezza del Palazzo e del Castello.

Com'è stato facile uscire dal Castello, così è stato abbastanza facile entrare anche a Palazzo. 

Sono tutti troppo impegnati, preoccupati e poco attenti a chi entra ed esce.

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