37. Dolci addii (Chantal)

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È anche questo il bello delle nuove esperienze: nel bene o nel male, vieni a contatto con molte persone e alcune di esse possono essere un ostacolo, altre magari un regalo che la vita ha deciso di farti affinché tu capisca che c'è anche qualcosa di buono in quella che sembra essere un'oscura realtà.

«Sono fuggita solo per vederti» rivela Lady Helene, mentre pizzica le mie goti arrossate. Le dedico dolci sorrisi, le sue parole mi mettono di buon umore e mi strappano un po' di felicità. Non pensavo di essere entrata così presto e facilmente nel suo cuore, ma la verità è che anche lei sembra essere entrata nel mio.
Lady Helene profuma di limone e di fiori di pesco, sebbene rimanga chiusa ogni giorno nella sua triste stanza.
«Volevo che tu portassi con te questo. Buona fortuna, cara!» mi stampa un bacio sulla fronte e poi qualcosa cade nelle mia mani. Non la guardo, troppo presa dalla donna che mi sta salutando velocemente.

«Cos'è?» domando, incrociando ancora una volta i suoi occhi malinconici. Se potessi esprimere un desiderio, vorrei che Lady Helene e Lord Christopher possano essere felici insieme, per il resto della loro vita.

«Una parte di me, voglio che la tenga tu» dichiara, poi mi abbraccia, scompigliandomi appena i capelli.
«È tempo di andare. Non perdete altro tempo».

Nella mia mano credo ci sia un pezzo di carta stropicciato, mi chiedo cosa contenga. «È un addio, Lady Helene?» mi dispiace dover lasciare questo posto solo per la donna dei dipinti, quella donna che ho conosciuto appena per sbaglio e che mi sembra di conoscere da una vita. Forse perché è stata un'amica di mia madre, è entrata in contatto con lei e io e Katherine magari ci intendiamo.

«Spero per te di sì» sorride. In fondo è felice per me, lo leggo nei suoi occhi e perfino nelle sue guance. Si allontana, salutandomi con la mano ed io saluto lei, consapevole che probabilmente non la rivedrò mai più per davvero. Non mi sembra il caso di correre da lei per un ultimo abbraccio, alcuni addii non hanno bisogno di essere esasperati, basta un piccolo gesto per racchiudere un mondo di parole e di emozioni.

Osservo il pezzo di carta nella mia mano: come avevo immaginato è un foglietto ingiallito, piegato più volte e stropicciato, sul quale le parole sono scritte con inchiostro nero. In alto, riporta la data di molti, moltissimi anni fa ed inizia con Mio adorato diario. Che buffo, Lady Helene si rivolge al suo diario come se fosse una persona. O forse immagina che lo sia, magari immagina di rivolgersi a Lord Christopher. 

«Chantal, andiamo?» Luna sfiora la mia spalla, riportandomi alla realtà. Immersa nel mistero di questa strana pagina di diario, avevo perso la cognizione del tempo e dello spazio. È ora di andare, non posso perdermi fra i miei pensieri. Infilo il foglietto in tasca, una volta a casa lo leggerò per bene. Intanto, in silenzio, riprendo il cammino dietro Dylan, Patricia e Augustus, mentre Luna affianco a me mi guarda stranita.

«Quella è la donna raffigurata in tutti i ritratti?» domanda ad un tratto, come colpita da un'improvvisa illuminazione. Mi viene da sorridere, se ripenso a quando l'ho vista la prima volta, oggi stesso. Di tempo ne è passato poco, eppure sembra essere trascorsa un'eternità.

Annuisco. «Sì, Lady Helene... o meglio, forse dovrei dire soltanto Helene».

Ricordo bene il suo discorso, gli appellativi Lady e Lord sono stati solo una delle assurde invenzioni di Elizabetha, immotivata e senza senso.

Il portone della Reggia si para dinanzi ai nostri occhi, alto, imponente e spaventoso come lo è sempre stato, inquietante e misterioso, l'ostacolo oltre il quale si trova la libertà – forse. Cosa ci sarà oltre questa porta, in giardino? Quale panorama ci attende? Chi avrà avuto la meglio?

Dylan non perde tempo, in un attimo apre il portone, facendo filtrare nel gran salone qualche raggio luminoso di un sole sbiadito che sta per lasciare spazio a grossi nuvoloni grigi. Il mal tempo non preannuncia nulla di buono, eppure la situazione sembra essere piuttosto tranquilla. Usciamo di corsa dalla Reggia e ciò che ci troviamo davanti non ci meraviglia più di tanto: le guardie del Purgatorio sono a terra prive di sensi – ovviamente non morte: gli Angeli non uccidono, utilizzano solo la legittima difesa –, alcune combattono ancora con i nostri guerrieri e i ragazzi sono spariti, mentre il professor Hedinsburgh è intento a fare una chiacchierata amichevole con una Elizabetha immobile, legata al tronco di un albero e ormai innocua.

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