capitolo III

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Arrivata a casa,salii le scale in fretta e furia,e mi posai davanti all'armadio: pieno di felpe,jeans,legginss,T-shirt e cardigan;abiti assolutamente adatti per qualsiasi tipo di occasione, ma niente che possa essere considerato decente per la festa...la mia prima festa del liceo.
In quel momento maledissi il giorno in cui comprai il nuovo guardaroba per i miei sedici anni;oltre ad avere un pessimo gusto in fatto di moda,ero stata davvero un'idiota a non considerare il fatto di poter essere vestita in modo elegante anche per solo un piccolo party.E lo ero tutt'ora,cercando di scegliere un outfit decente,facendo quasi sovraccaricare il mio cervello,che rischiava seriamente di fondersi.
Ero in preda al panico.
Guardai l'ora nel cellulare,segnava le 18:57.Mancava solo un'ora e mezzo alla festa e io dovevo ancora farmi la doccia,vestirmi,mettere le cose necessarie nel mio piccolo zaino e camminare per mezz'ora tentando di arrivare a casa della regina delle feste;anche se ero sicura che la mia assenza non sarebbe stata notata...
Provai a scacciare quei brutti pensieri dalla mia testa,cercando di essere positiva.Fallii miseramente.Di solito ci riuscivo sempre,anche nelle situazioni più difficili,come quando mio padre se ne andò di casa dopo la medesima litigata con mia madre.Lasciandoci sole.Noi due contro il mondo...freddo e crudele.
Dovevamo abituarci.
Da quel momento cercai di trovare sempre il lato positivo nelle persone più orribili,nelle situazioni più miserabili,nelle amicizie più frangibili.
Ma ora...
Che mi stava succedendo?!
Mi ero ripromessa di non mettere al primo posto le emozioni,perché mi avrebbero fatto soffrire di nuovo,e di essere forte,continuando a sorridere,perché pensavo che era quello che la gente volesse che facessi,quello che mia madre volesse che facessi...
In quell'argomento,
Thomas,mi aveva aiutata moltissimo.E non so davvero come potrò mai ricambiare l'enorme favore che mi fece tanti anni fa e che continua a farmi tutt'ora. Dio solo sa quanto la mia vita è cambiata in meglio dal giorno del suo incontro.
Decisi quindi di chiedere consiglio proprio a lui,anche se in fatto di moda era una vera frana... come me infondo.
Presi il cellulare,aprii la casella messaggi e iniziai a scrivergli.
Poco dopo mi rispose:
-T:È solo una festa Nat,mettiti i vestiti che ti fanno sentire più a tuo agio. ;3-
Anche se il suo consiglio non mi faceva ne caldo ne freddo decisi di ascoltarlo.Infondo le scelte migliori le prendeva sempre lui,io ero quella che le seguiva.

Un'ora dopo,ero pronta ad incamminarmi verso la villa.Alla fine,dopo tante peripezie,scelsi dei jeans strappati,un top bianco di pizzo e le mie adorate vans Bordeaux.
Uscii di casa più veloce della luce e mi misi a correre.Ero di sicuro in ritardo.

La mia attenzione fu rivolta alla casa più grande,illuminata e affollata di quel sofisticato quartiere.Anche se sicuramente costosa,quella villa era,all'apparenza,fuori luogo dal resto del quartiere,era più adatta come discoteca.
Il cancello era aperto,ed io,senza ripetermelo due volte,entrai.
Il giardino con piscina era pieno di gente,probabilmente già ubriaca,che si buttava in acqua vestita,nonostante fuori gelasse...ma si sa l'alcool azzera tutto,perfino il freddo.
Tra di loro scorsi il mio migliore amico che veniva spinto,per scherzo,da alcuni della squadra,in piscina.
Strano....Lui ubriaco alle 21 di sera?!
Questa serata stava cambiando un po tutto...
Nah...solo impressione.
Gli accennai un saluto,lasciandolo con i suoi amici.Non potevo portarlo via da loro solo per dover sorbettarsi le mie chiacchierate.Volevo che lui si divertisse,come ogni altra persona in questo luogo.
Entrai dentro e il rumoroso suono di una strana musica mi fece pulsare costantemente i timpani.Mi coprìì le orecchie con le mani,per non rischiare,davvero,di perdere l'udito.
La situazione era più critica dentro che fuori.
C'era gente che ballava,si baciava e che scherzava.
La stanza era davvero affollata,e chiunque soffrisse di claustrofobia si sarebbe subito sentito male...
Un'olezzo,tipico da chi ha bevuto troppo alcool,mi invase le narici.
Per poco non vomitai.Non ero proprio abituata a questo ambiente.
Decisi di cercare il bagno, per avere un po di tranquillità in mezzo a questo disastro,ma mi bloccò la voce di Jackson.
Mi voltai e lo vidi ciondolare sul posto,con una bottiglia di birra in mano e con un un gruppo di persone posizionate in cerchio,ad ascoltarlo,interessate.
Decisi di aggregarmi anche io,tanto ormai ero determinata a non partecipare né nel ballo,nè nei baci,né nei tuffi in piscina.
-Sii e così abbiamo vinto la partita di Fooootbaaalllll-
Disse con la voce impastata.
-Iooo,il ragazzo più bello, ho vinto-ripeté più volte
-Come fai a dirlo?!-Chiese qualcuno in mezzo alla folla.
-Beh sapete no?!ognuno nella nostra scuola ha un ruoloooo!-Rispose sonoramente Jackson.
Non riuscivo a capire,di che ruolo stava parlando?
Decisi di farmi avanti,anche se la mia timidezza mi impediva di parlare normalmente:
- c-che in-intendi dire? -
-Beh,è semplice piccola - rispose con gli occhi socchiusi. Continuavo a non capire...
Poi si spiegò:
-Io,ho il ruolo di essere un bellissimo campione,rendendo fiera la mia scuolaaa-
-Rebecca,il bel visino,di far innamorare perfino i professoriiii-
Ancora non riuscivo a comprendere,gli altri invece sembra di si,visto che iniziarono a chiedere ripetutamente:
-E io?-
-Io invece?-
-Che dici di me?-
Ma che stava succedendo?
-Tu...-Jackson,poi,tentò di indicarmi con il suo tremolante indice.
-Tu...sei quella secchiona,Santarellina che...che è amica di quell'altro popolare come...come me-
-Thomas - risposi con un filo di voce,mentre ascoltavo le scioccanti dichiarazioni che aveva da dire...
-Sì lui.Pfff,lo fa solo per pietà-
-Che intendi dire scusa?-
Chiesi,ormai con le lacrime che minacciavano di uscire dai miei occhi.
- Se-secondo te,perché è tuo amico,eh?-
Non risposi,non volevo rispondere.Sapevo che la mia voce tremolante avrebbe preso il sopravvento...
-Perché p-prova pena per te,chi vor-rebbe un'amica come te?Gli fac-cevi pena, sempre da sola in...in classe,a ripassare-
La mia vista cominciava a farsi sempre più appannata.Sempre più lacrime di tristezza minacciavano di uscire dai miei occhi,non potevo permetterlo.
Scappai, mentre sentivo in lontananza il suo urlo:
-Lui ti odia!!!!-
Abbandonai quella casa piena di cattiverie,delusioni e alcool.Sapevo che il mio migliore amico...o quello che era...,ormai non lo sapevo più,era ancora a quella festa.Non badai a lui,non badai a nessuno.
Entrai in casa,chiusi la camera a chiave e mi buttai sul letto,bagnando con le lacrime il cuscino,ormai diventato negli anni,mio ascoltatore e compagno di racconti e dichiarazioni.Passai tutta la notte a piangere,con i miei pensieri fissi su Thomas e sui nostri momenti passati insieme.
Stavo continuamente oscillando tra 'devo farcela' e 'sto per crollare'...

Una ribelle in uniforme Dove le storie prendono vita. Scoprilo ora