Sostanza

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Di che sostanza sono fatti i sogni?

Molti poeti se lo sono chiesto, toccando punte di raffinatezza difficilmente replicabili, attraverso le loro opere.

Il dilemma è diventato non solo questione poetica e ragione di affannata ricerca stilistica, si è sviluppato anche attraverso la scienza.

La psicologia ha indagato usando i suoi mezzi che ne descrivevano la componente emotiva, relazionale, in poche parole: hanno scavato nella mente cercandone le ragioni nascoste.

Ma anche la fisiologia ha avuto modo di contribuire e con essa la fisica, la chimica, la filosofia; ogni disciplina schierava il suo esercito di prove e risultati.

In definitiva, di qualunque sostanza possano essere composti i sogni, si tratterebbe in ogni caso di una sostanza a noi estremamente cara.

Ma che accadrebbe se questa sostanza avesse una propria volontà, un suo rigido sistema di regole e valori.

In breve, che succederebbe se i sogni potessero avere la meglio su di noi.

O addirittura, se il sonno fosse dotato di una propria volontà della quale
noi non fossimo nient'altro che il mezzo necessario per manifestarsi?

Non riesco a credere alla mie orecchie, la scena è surreale. Prego di aver frainteso, di aver avuto un'allucinazione, ma voltandomi lo vedo.

Lo zio se ne sta sulla soglia della cucina, gli occhi azzurri immobili, la fronte alta spianata, le labbra serrate appena.

Riprende a parlare, inesorabile, prima che riesca a riordinare le idee.

"Puoi cercarla quanto vuoi, puoi setacciare ogni centimetro del paese, ma non troverai nulla. Sarebbe tutto inutile."

Un sorriso glaciale e affilato si dipinge sul suo volto.

È un sorriso che non riesco a comprendere, che mi salta addosso vorace e si ciba del mio sgomento.
È un sorriso pronto a dilaniare la realtà, a farla a pezzetti e a risputarmela davanti irriconoscibile.

"Chi sei tu? Cosa sta succedendo?" La mia voce prorompe di getto, alterata come provenisse da un altro, quasi non la riconosco.

Il respiro mi si fa serrato.

"Non sono nessuno," fa l'uomo, poi aggiunge subito "esattamente come tu non sei nessuno. Ognuno di noi può essere chiunque quando è davvero libero, perché parlare di uno, quando l'unità è la più grande delle illusioni. Comunque non mi piacciono i sofismi."

Ride, di un riso infantile e dissacrante, è un modo di ridere insopportabile.

"Per comodità diciamo che io sono l'unica salvezza per Enrica. Ma in fondo anche per te... " ride di nuovo, poi si fa serio ed esclama solennemente,"Una volta superata una certa soglia non si torna indietro."

Le sue parole mi colpiscono come un pugno in pieno volto.

Come una cassa di risonanza, un antro cavo e vuoto, nella mia testa le sue parole riecheggiano ovunque.

Mi sento per la prima volta privo di difese, l'assurdità della situazione diventa lentamente solida, tangibile.

La logica si sgretola inesorabilmente sotto il peso del suo sguardo.

Chi è davvero quest'uomo?

Mentre me lo domando, lo zio riprende a parlare.

"Ora ti dirò cosa farai, però prima devi sapere questo," si schiarisce la voce, " se non seguirai alla lettera le mie istruzioni non otterrai alcunché, ma non solo... Potresti perdere anche qualcosa di prezioso."

Lo osservo dritto negli occhi per un istante appena. È più che sufficiente.

In fretta sposto lo sguardo.

La freddezza innaturale incastrata nei suoi occhi s'insinua troppo rapidamente nei pensieri.

Qualcosa di inqualificabile e sgradevole è in agguato nell'intricato puzzle della sua espressione.

"Partirai questa notte, solo dopo che tutti saranno andati a dormire, "
S'interrompe, facendomi segno con la mano di accomodarmi.
Mi siedo sul divano di pelle, sotto il mio peso cigola leggermente.

"Appena sarai arrivato dovrai tornare a casa tua, non andrai da nessun'altra parte, non parlerai con nessuno di questa storia."

"Una volta a casa ti chiuderai nella tua stanza a chiave, abbasserai la tapparella e tirerai la tenda. Non deve entrare neppure uno spiraglio di luce"

"Quando ognuna di queste condizioni sarà soddisfatta ti contatterò nuovamente. Ovviamente se qualcosa dovesse andare storto, o anche solo uno dei miei ordini non venisse eseguito correttamente succederà qualcosa di spiacevole..."

Sto per replicare, raccogliendo pezzo per pezzo i cocci dai bordi irregolari di quel che rimane del mio senso di realtà.

Non faccio in tempo. È un secondo, una scarica elettrica mi percorre e intuisco, in un'epifania vedo chiaramente la soluzione di fronte ai miei occhi.

No, non posso credere alle sue parole.

È evidente ormai, quest'uomo è solo un pazzo.
Probabilmente per non allarmarmi nessuno ha voluto accennare alla questione, ma davanti a me si trova semplicemente un folle che di tanto in tanto farnetica, delira.

Mi tranquillizzo, il cuore mi si calma.

Come ho potuto farmi suggestionare fino a questo punto?

Lo zio sembra intuire i miei pensieri, ma ormai non lo temo, posso affrontare la sua follia senza lasciarmi trascinare.

"So che questa storia di Enrica ti ha un po' scosso, ma vedrai che si sistemerà tutto, non è colpa di nessuno... Sono sicuro che tornerà presto."

"Certo, hai perfettamente ragione. Dipende tutto da te, so che puoi farlo. E ora riposa, questa sarà una lunga notte..."

Lo zio si volta per andarsene sollevando in segno di saluto la mano magra segnata da vene azzurrine e contorte.

Le palpebre mi si fanno improvvisamente pesanti.

Vorrei muovermi ma non ci riesco.
Vorrei gridare ma la voce mi si spegne in gola.

Un sonno profondo, pesante come un pachiderma mi si siede addosso, è troppo, non posso nulla per contrastarlo.

L'esercito sottile Dove le storie prendono vita. Scoprilo ora