La camera nel buio

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Avevo avvicinato le mani, accostando bene i palmi a formare una figura che potesse combaciare perfettamente da qualunque parte la si guardasse. Come sempre tenevo la testa china, il mento teso nel tentativo di aderire allo sterno. Riflettevo. Un misto di eccitazione e sconforto a condire improvvise epifanie transitorie. La stanza era così buia da farmi sentire solo un'idea, strana ed imperfetta, mio malgrado.

D'improvviso, tuttavia, accade che l'energia iniziò a fluire internamente, come un corso d'acqua sotterraneo che prenda a sgorgare dalla fredda roccia. Mi sentivo compiutamente presente: una foresta che cresceva in una mattina d'estate, il solletico delle piante brulicanti penetrava dentro i contorni indistinti del mio corpo che sfumava.

Quando rinvenni la stanza era ancora completamente oscurata. Battei le palpebre più volte prima di sincerarmi di aver effettivamente gli occhi aperti.
Quante ore erano passate?
Non avrei potuto dirlo: tre, otto, dieci? Ormai contarle non avrebbe avuto senso, come del resto ci aveva ripetuto molto spesso il guru.

Il tempo è funzionale a questo mondo, e nulla più, che senso avrebbe portarsi addosso una concezione superata e fuorviante quando si raggiunge una dimensione assai più elevata?

Aprirono la porta con foga. Un fascio di luce penetrò perentorio ferendomi quasi come un fendente dritto nelle iridi. Una mano spuntò nella luce e io l'afferrai senza esitazioni. Le gambe mi tremavano mentre a fatica mi rialzavo. La posizione mantenuta a lungo le aveva inesorabilmente rese apatiche e instabili.

Ma faceva tutto parte della mia routine.

Mi diedero subito del tè caldo, andava bevuto bollente. Me lo porsero appena fui fuori dalla stanza. Un lungo corridoio da entrambi i lati; era costellato da porte identiche a quella dalla quale ero uscita. In alcune stanze qualcuno entrava, da altre qualche figura indistinta usciva esitante, proprio come era appena capitato a me.

Sul soffitto neon oblunghi illuminavano coercitivi ogni superficie; diffondevano una luce molto più gialla di quella che appariva in un primo momento.

Disincanto, disillusione.

Proprio come accade alle persone, proprio come accadde a me.
Loro indossavano delle maschere di elefante durante questa fase, era previsto che così fosse, nessuna scelta personale.
Gli unici abiti che era permesso indossare erano tuniche.

In base al colore era possibile intuire il ruolo, anche qualora una maschera nascondesse il volto dell'altro. La mia tunica era lilla, un livello intermedio. I novizi ne indossavano una rossa, i più alti nella gerarchia ne indossavano invece una bianca candida. Era un percorso lungo il più delle volte, ma non tutte.

Chi pagava o chi aveva competenze ingegneristiche, chimiche o mediche saliva più in fretta. Era semplice tutto sommato, fin troppo quasi. Ma da dentro nulla era veramente come appariva, ogni cosa detta e non detta era circondata da un alone di mistero e di tremendo timore reverenziale.

Dogma.

Quando le gambe mi smisero di tremare tutti gli altri adepti si spostarono veloci nella stanza successiva. Io mi diressi a passi ancora esitanti verso l'uscita.

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⏰ Ultimo aggiornamento: Apr 24, 2017 ⏰

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