206

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Una volta usciti dalla stanza i due uomini, il ragazzino venne fatto rivestire.

Si mise addosso il camice liso e sporco che indossava da un mese a quella parte e che era almeno di tre taglie più grande.

La triste vestaglia era evidentemente di pessima fattura e non teneva affatto caldo, ma era meglio degli stracci sudici che indossavano certi prigionieri.

Sottili brandelli di stoffa rubati a cadaveri senza nome, la logica era semplice:
ormai a loro non sarebbero più serviti, tanto valeva prenderseli.

"206 muoviti!" Gridò l'infermiera rivolta al ragazzino, quello non se lo fece ripetere e in fretta la seguì uscendo dalla stanza.

Fuori una luna pallida ed esangue sostava piena oltre una coltre di nuvole poco spesse.

Un vento freddo spazzava la base, che si componeva di una ventina di edifici collegati tra loro da stradine in terra battuta illuminate malamente da lampioni a gas.

La donna precedeva di pochi passi il ragazzino che camminava spedito. Ad ogni minimo sospiro nuvolette di un denso bianco latte prendevano il volo a partire dalle loro labbra arrossate dal freddo.

"Che schifo di notte, possibile che questi ufficiali debbano fare i loro maledetti sopralluoghi a quest'ora... " Il donnone fasciato di bianco lanciava aspre ingiurie mentre percorreva la stradina.

Tutt'intorno, ad avvolgere la struttura in un abbraccio soffocante, un recinto alto sei metri era sormontato da generose circonvoluzioni di filo spinato arrugginito.

206 venne accompagnato fino alla sua cella che stava nel settore 2, all'interno dell'edificio 8.

In totale i settori erano quattro, esattamente cinque edifici a settore.

Era l'unico detenuto a vivere da solo in una cella.

L'edificio 8 era un semplice magazzino, nel quale venivano riposte vettovaglie e cianfrusaglie di ogni genere. Era posizionato in un punto centrale del campo.

206 era stato spostato lì da quando avevano scoperto qualcosa di diverso in lui.

Le prime sere aveva avuto paura.

Sembra strano e forse lo è per davvero, ma la solitudine lo spaventava. Nonostante fosse già all'inferno, penseremmo noi:
Cosa poteva esserci di peggio?

Ebbene, l'ignoto non è forse il più terribile  dei mostri?
Non è forse la sensazione di incertezza a farci tremare le gambe, a farci accapponare la pelle?

Per sei mesi aveva sempre vissuto in grandi stanzoni sudici, pieni zeppi di persone, o quello che ne rimaneva, catalogate come volumi dentro una biblioteca.

Le file di brande metalliche erano posizionate in maniera tale che ci fossero circa una quarantina di centimetri a separarle le une dalle altre. I simulacri di letto erano tutti a castello e ospitavano ben tre corpi ciascuno.

Gli stanzoni del settore 2 erano tutti dotati di una sola piccola finestra che permetteva a malapena a un sottile filo d'aria di penetrare le fatiscenti mura.

Non erano dotate di riscaldamento, né di luce elettrica e una volta saliti sulle brande in alto, spesso non era possibile scendere per fare i propri bisogni.

Per questa ragione i posti in basso erano i più ambiti e sovente infuriavano terribili liti silenti per contendersi gli spazi favoriti. Dico silenti perché se le guardie sorprendevano due prigionieri a fare chiasso o baccano, questi venivano immediatamente prelevati e sottoposti alle torture più crudeli.

Al giovane 206 tutto questo non mancava, come non gli mancava l'odore di piscio e sudore, i soprusi dei più grandi, i pianti strozzati dei più giovani e i rantoli dei malati.

206 però si sentiva tutto sommato parte di qualcosa ed essere parte di qualcosa è sempre meglio che essere lasciati a sé stessi, ma ben presto 206 cambiò idea.

Quando il giovane si rese conto di cosa comportava la solitudine, di cosa significasse possedere il dono che si ritrovava, smise di avere paura e comprese immediatamente che forse sarebbe uscito di lì vivo.

- Com'è andata 'sta volta? - chiese la Voce.

206 disse che era andata bene, che non gli avevano fatto niente e che avevano solo parlato.

- Meno male...- 206 si sdraiò sulla branda dura, si avvolse dentro un lenzuolo di fortuna.

La Voce riprese - ti vorrei mostrare una cosa... -

206 annuì nell'oscurità e in un istante le sue palpebre erano già calate sopra le iridi scure. Il respiro gli si fece pesante e regolare.

Dormiva rannicchiato in posizione fetale, aggrappato, come un naufrago ad uno scoglio, al lenzuolo che in realtà era una tenda in disuso.

Era solo nella cella.

L'esercito sottile Dove le storie prendono vita. Scoprilo ora