17 . Casta Diva

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A braccia conserte, seduta scomposta sul sedile di pilotaggio, i piedi sul pannello di controllo, Astrid osservava ogni minima mossa dalle immagini provenienti dalle telecamere esterne, riflesse sul parabrezza.

Il dottor Banner era seduto più in fondo e non si era mosso da lì quando erano usciti tutti.
Piegato sulla schiena, i gomiti sulle ginocchia che ballavano, le dita intrecciate in una stretta nervosa, lo sguardo fisso nel vuoto.

Astrid lo guardò perplessa, mentre la noia la faceva sbadigliare.
Si alzò in piedi per stiracchiare le gambe e iniziò a passeggiare lì accanto giocando con le cinture di sicurezza. Lui non la notò e rimase a fissare il suo affezionato punto invisibile. Un sibilo ottuso fuoriusciva dalle cuffie che gli tappavano le orecchie.
Astrid rese il collo per afferrarne il ritmo, ma appena cominciò a carpirne la melodia, Banner fece uno scatto. Astrid urlò pensando di trovarsi all'improvviso una versione verde del dottore che le urlava in faccia mostrando tutti i denti grossi quando le sue mani.

-Perdonami. Ero perso nei miei pensieri. - fece lui sfilandosi le cuffie, imbarazzato.

Astrid, che era balzata all'indietro, si rimise composta sul sedile tenendosi il petto e il cuore che batteva forte.

-La prego, non si trasformi, non volevo spaventarla.

-Sinceramente, tra i due, credo di essere il meno spaventato.

Astrid continuò a guardarlo attonita finché non si accertò che l'uomo non cambiasse forma.

-Volevi chiedermi qualcosa?

-Ero curiosa di sapere cosa stesse ascoltando.

-"Casta Diva" di Bellini cantata da Maria Callas.

Astrid annuì con la testa. Ancora non era sicura di potersi avvicinare.

-La conosci?

-Non me ne intendo di musica classica. La aiuta a rilassarsi?

-Non penso sia la musica a farmi rilassare. Credo piuttosto che sia placebo.

-Cioè?

-Se penso che possa aiutarmi, allora funzionerà. Vuoi provare?

Astrid indugiò. Gli occhi buoni del dottor Banner le sorridevano più di quanto fosse capace lei con tutti i muscoli del viso concentrati assieme. Quella posata gentilezza era qualcosa che la faceva sentire a disagio, come se qualsiasi cosa avesse risposto, sarebbe andata a minacciare l'armonia fragile che sostava attorno alla figura dell'uomo. Astrid afferrò le cuffie e poggiò il cerchio di spugna su un orecchio solo. La melodia lenta e delicata degli archi e del clarinetto dondolava come onde del mare, mentre la voce della Callas piroettava su di essa elegante e prorompente.

-Cosa ti agita di più?

Astrid si abbassò le cuffie attorno al collo per rispondere alla domanda.

-Non mi piace aspettare.

-È sempre una tortura. - rispose lui con un sorriso empatico.

-A lei cosa agita di più?

-Ho paura di sentire il mio nome. Spero ogni volta di tornare a casa senza dover fare uscire il bestione.

Il dottor Banner si rese conto dell'espressione confusa di Astrid che l'unica cosa che voleva era sentirsi utile e non aveva mai messo in conto che qualcuno potesse desiderare esattamente l'opposto. Lo si capiva da come fremeva e non riuscisse a stare ferma. Così si spiegò.

-Non mi piace quando l'altro prende il sopravvento. Non so mai cosa potrebbe succedere.

-Lei non è presente?

-Ci sono, ma è come se fossi rinchiuso in una scatola, finché non si tranquillizza.

Astrid strofinò le mani sulle cosce. Era una sensazione che conosceva bene quella della perdita di controllo su sé stessa. Fino ad allora non aveva mai creato grossi problemi. Aveva ucciso con intenzione e la sua ira era sempre stata contenuta sul momento. Tuttavia sapeva il rischio che un giorno quel malloppo di frustrazione e angoscia che si trascinava da tempo potesse scoppiare. E se avesse spento il cervello chissà che i suoi poteri potessero divorarla, come Hulk sul dottor Bruce Banner.

-Cosa staranno combinando?

Il dottore si avvicinò al pannello di controllo. Il suo volto si corrugò in un'espressione inquieta. Le voci e i sussulti dei combattenti erano ben udibili. Sembravano in difficoltà e il dottore iniziò a preoccuparsi. Di colpo la voce del Capitano echeggiò in tutto l'abitacolo.

-Banner?

Astrid scattò in piedi.

-... abbiamo un'arma molto meno ingombrante che potrebbe rapidamente raffreddare i bollenti spiriti del nostro amico e tu non le permetti nemmeno di uscire. Cosa c'è? Hai paura che si graffi?

Astrid ci mise un attimo perché capisse che parlavano di lei.

-Non se ne parla, Stark. Non è pronta.

-Non è pronta lei o non sei pronto tu ad ammettere che possa essere utile?

Astrid guardò la mano tremante di Banner che si avventava sul microfono.

-Ragazzi, è un codice verde?

Nessuna risposta. Astrid sentiva tutto il corpo scalpitare come un cavallo selvaggio.

-Stanno litigando su chi sia meglio tra noi, come se fossimo delle armi e non persone. - commentò sprezzante.

Banner non le diede retta, completamente assorbito nel cercare di capire se era il momento di affrontare la sua paura.

-Ci serve il Verde.

-No, non ci serve il verde.

-Sei diventato tu il Capitano?

-Portalo fuori. Avanti, finiamo l'opera di d'istruzione di questa creatura demoniaca.

Banner si tolse gli occhiali e si massaggiò gli occhi. Astrid percepì un senso di ingiustizia e il dovere morale di mettere fine allo strazio in cui si contorceva quel pover'uomo davanti ai suoi occhi. Inoltre, il suo pressante bisogno di riconoscimento si sarebbe conciliato alla perfezione.
Senza pensarci ancora molto, attivò l'auricolare nell'orecchio e si avviò verso il portellone.

-Vado io.

Banner la seguì con sguardo disorientato mentre si stringeva i lacci e si rifaceva la coda dei capelli più stretta di prima.

-Dove stai andando?

-Ad aiutarli. Mi sembra ovvio.

-Non è previsto. Dobbiamo aspettare gli ordini del Capitano.

-Me ne frego dei suoi ordini.

-Non ne sarà contento.

-Io voglio combattere. Lei no. Mi sembra chiaro chi debba andare.

Detto ciò, schiacciò la mano sul pulsante per aprire il portellone. Si spalancò facendo entrare l'aria estiva. Astrid accolse il calore nelle sue mani e nella sua pelle sotto la tuta. Si abbassò la zip sul petto per sentire il bollore del sole baciarle il collo. Era una sensazione quasi erotica. Una scarica dell'adrenalina le percorreva la schiena. Nessuno l'avrebbe fermata.

-Non devi farlo per me. Sono abituato.

Astrid si voltò verso Banner che si appoggiava alla parete, sudato, la fronte agrottata, rinchiuso in una camicia ordinata e pulita. Proprio non riusciva a vederlo a dare pugni a destra e a manca e spaccare tutto. Non era il suo momento.

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