Sette ore dopo.
Sitwell non voleva stare fermo al suo posto. Navigava da un lato all'altro del sedile, un po' accostandosi sulla spalla di Natasha e un po' a quella di Astrid. Ad una curva si sentì autorizzato ad appoggiare una mano sulla coscia della seconda.
-Mi scusi. Non era mia intenzione. - blaterò l'uomo, ricomponendosi.
-Tenga le mani dove devono stare, altrimenti gliele trasformo in un paio di moncherini carbonizzati. - ringhiò Astrid.
Lo sguardo sorvegliante del Capitano intercettò le iridi di brace dallo specchietto e scappò via, per non rimanerci incastrato.
Natasha allungò un braccio e le diede un pizzico sul ginocchio. Un cenno col mento e i dischi smeraldini che avevano afferrato ogni dettaglio nelle ore precedenti, adesso attendevano che la loro curiosità venisse soddisfatta.
Astrid era corsa in cucina appena aveva sentito bussare alla porta e la sua voce riecheggiare tra le mura di casa, ma ora stava iniziando a scocciarla. La stava assillando da quando erano usciti dalla base militare di Fort Meade, poi sul tetto del palazzo dal quale Sitwell era partito per farsi un giretto sulla giostra del panico in caduta libera e ora stava ricominciando. Non le era bastato il muro repulsivo che si erano creati entrambi gli interessati.
Scoprire il motivo per cui Astrid facesse finta che non fosse successo niente e per cui il Capitano fingesse di non darvi importanza stava diventando un'ossessione per Natasha. La fuga di occhiate, gli sguardi bassi, la tensione palpabile e soprattutto l'espressione frustrata di entrambi, stavano stuzzicando la sua tentazione ad indagare.
Una smorfia era apparsa sul volto di Astrid. Natasha non si sarebbe fermata ad una conclusione così sbrigativa. Era da tempo che non la vedeva in quel modo, più o meno da quando aveva messo piede alla Torre. E se da un lato non sembrava niente di speciale, dall'altro, si aggiungevano un paio di occhi cerulei più feriti del solito, ma dignitosamente muti. L'atteggiamento distaccato e quasi estraneo che si rifilavano lei e il Capitano dava ancora più importanza alla sua intuizione. Per questo Natasha ci si era aggrappata con sentimento e non era intenzionata a lasciarla andare.
Astrid corrucciò le sopracciglia, sul punto di afferrare a mano piena il cranio di Sitwell e spiaccicarlo contro il retro del sedile finchè non avesse sfogato tutta la pazienza che la stava abbandonando. Mancò poco che le rispondesse come aveva parlato al proprietario del corpo che le separava. Serrò i denti perché non le sfuggissero parole scortesi. Non serviva che Astrid emettesse particolari suoni affinchè facesse intendere che era sufficiente, anzi che era necessario che il gioco terminasse proprio in quel momento, poiché lei non lo avrebbe sostenuto ulteriormente.
-Che succede là dietro? - chiese Sam con sospetto.
Natasha si portò avanti col busto.
-Stavo pensando che i nostri due musoni qui presenti, si stanno comportando in modo più strano del solito.
-Non insistere, Natasha. - fece Steve tagliente.
Il sorriso furbesco di Natasha si spense in modo definitivo. Lanciò la schiena contro il sedile, braccia conserte, ingoiò la sconfitta. Erano più cocciuti del previsto. Eppure, in qualche modo aveva avuto la sua conferma. Era successo qualcosa e prima o poi sarebbe saltato fuori.
All'intromissione definitiva del Capitano, Astrid provò di nuovo quella fitta al ventre della notte precedente. L'alcol non era mai stato un buon anestetico per lei. Percepiva ancora le mani di Steve percorrere le sue cicatrici. Si stava maledicendo per avergli permesso di avvicinarsi a lei così nocivamente. Quel piccolo immenso "niente" che era accaduto quella notte aveva recato loro più danni del previsto. E adesso ce l'aveva con lei perché non era stata disposta ad illuderlo.
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Neve E Cenere | MARVEL ❶
Fiksi PenggemarAstrid non è un'eroina e non si aspetta che il mondo la acclami. È anarchica, polemica, insubordinata, curiosa ed impulsiva. La rabbia e il fuoco scorrono nelle sue vene come il sangue per i comuni mortali. Dopo la sua cattura, si trova a dover sceg...