65 . Formicolii

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Qualcuno parlava al suo orecchio. O forse era un'allucinazione, perché quando roteò il capo non vide nessuno. Le scoppiava la testa e si sentiva ubriaca. Quel malessere era persistente come lo spuntone che premeva nel gomito e le ammaccature sparse per il resto del corpo. Richiuse gli occhi e si sentì strattonata da una parte all'altra, come rinchiusa in una cassa e trascinata dalle onde del mare.

La voce del Capitano e di Natasha erano suoni senza senso che si mischiavano a quelli del sogno. Tutto sembrava fosse accaduto, tutto sembrava immaginato e nulla era certo.

Un intenso brusio tagliato da un fischio acuto intermittente, un afflosciarsi ad un suolo instabile, un abbandonarsi a spinte violente, un sonno pesante e uno superficiale in continua alternanza, pace e tormenta, sospiri e spaventi. Qualcuno si affacciava di tanto intanto, tra bagliori e ombre.

Quando riuscì a percepire l'ossigeno nei polmoni e si rese conto che poteva muovere le mani e i piedi capì che si era svegliata da un riposo indotto.

La prima cosa che le venne in mente era l'immagine del Soldato d'Inverno che la strangolava rabbiosamente sbattendola come un fuscello da una parte all'altra sulla strada contro le vetture. Il soffitto era dello stesso colore dei suoi occhi. Incerto. Ignoto. Angosciante.

La luce che illuminava la stanza era tenue e calda, come una premura amichevole.

C'era calma.

Troppa calma.

Si alzò di scatto con la schiena. Portò subito una mano al collare medico che le fasciava il collo provocandole prurito e cercò l'apertura alla cieca mentre osservava la stanza per trovare una telecamera. Bussò con una nocca alla parete alle sue spalle ed essa suonò piena. Cemento. Nessuno la stava osservando dall'altra parte di un cartongesso.

Il collare cadde sul lettino. Mise i pedi a terra proprio mentre un paio di teste stavano passando aldilà della porta chiusa. A passo felpato, rasentando il muro, si afrettò alla porta. Affondò la maniglia senza far rumore scoprendo che la serratura era aperta. Diede un'occhiata discreta nel corridoio. Non c'erano soldati a fare la guardia. Con cautela si sporse convinta che avrebbe potuto far scattare il sensore a raggi X di una qualche trappola mortale o che potesse essere assalita da un momento all'altro da qualche soldato nascosto nell'ombra. Invece non accadde nulla. 

Continuò a guardarsi le spalle e a tenere d'occhio gli angoli delle pareti, mentre si addentrava in quello che definitivamente poteva essere un altro covo dell'Hydra. Per questo motivo non si permise di abbassare la guardia nemmeno per un istante. Eppure era troppo strano che fosse sola e in libertà.

Udì un vociare sommesso e decise di seguirlo. Forse l'avrebbe portata all'uscita o verso informazioni utili. Si dannò per non avere un'arma con sé e di non aver nemmeno cercato un oggetto contundente con cui difendersi. La Vedova l'aveva introdotta al corpo a corpo non per nulla. Poteva sentire la sua voce mentre le consigliava di considerare la condizione di stallo in cui si trovava come un esame di verifica delle sue capacità combattive.

I suoi poteri ancora non si ridestavano. Non aveva bisogno di testarli per capirlo: percepiva un silenzio dentro di sé, un'assenza, come uno scrigno vuoto, una sedia in una stanza senza persone. C'era una presenza, quando aveva i suoi poteri, che l'accompagnava sempre, che la guidava. Era come se l'energia cinetica degli atomi attorno a lei provocasse un suono. Un ronzio sottile, come quando dimentichi la fiamma accesa dei fornelli così bassa da udirne solo un debole fischio. 

Ora era tutto immobile. Si sentiva come rinchiusa in una bolla in Vibranio o come se non vivesse più nel suo corpo. Si sentiva alienata da tutto ciò che toccava. Nemmeno l'aria pesava come prima. Era ignota, anonima, non le diceva niente. A volte, nel buio poteva orientarsi grazie alla posizione degli oggetti che riusciva a localizzare tramite la differenza di densità dello spazio degli oggetti stessi. Lo stesso succedeva per i corpi vivi che le si avvicinavano. Anzi, in quel caso era più semplice perché il calore emanato era un punto di riferimento più consistente e più veloce da cogliere. Era qualcosa che l'aveva sempre facilitata negli scontri: le permetteva di prevedere un minimo gli attacchi alle spalle o di sentire ciò che non arrivava alla vista. Forse se avesse iniziato a farci più attenzione, avrebbe vinto gli scontri molto più spesso.

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