19 . Ottimo lavoro, soldato

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Un'esplosione fece tremare il terreno. L'antifurto di un paio di auto andò in tilt. La voce imperatoria del Capitano le arrivò assieme alla vista. Tossì. Una fitta lungo la colonna la immobilizzava a terra e le impediva di respirare. Le costole doloranti premevano sul petto. Il Capitano la trascinò verso una zona più sicura, lontana dai piedi infuocati.

-Sto bene... - rispose fiaccamente. - Alla grande.

Gli occhi azzurri del Capitano erano talmente vicini che avrebbe potuto toccarli col naso se solo il collo non fosse stato tra una delle parti incriminate nel dolore.
Sollevò la schiena e tutte le ossa cominciarono a scricchiolare come gusci di frutta secca.

-Era questo che volevo evitare.

Eccolo che ricominciava. Nemmeno si era alzata in piedi che già aveva pronta un'altra ramanzina.

-C'ero quasi. Devo riprovare.

Astrid drizzò le gambe, ma esse tremarono e il Capitano dovette sostenerla. Il suo volto era sporco di terra, sangue e dissenso, ma si era ammorbidito, come se si fosse intromesso del dispiacere.

-Tony, aiutami. Portala via.

Iron Man volò su di loro, spense i propulsori e ridusse il casco.

-Steve, io non avevo idea...

-Ne parliamo più tardi.

-Posso farcela. - insistette Astrid. Si diede una scrollata mentre sentiva le ossa ricomporsi. Poteva reggere la schiena, muovere le gambe e aprire e chiudere le mani. Non sapeva nemmeno lei come. Una caduta di quel tipo avrebbe dovuto ammazzarla e invece ora poteva stare in piedi con tutti gli arti al loro posto. Fu una sorpresa che la accolse piena di una nuova sicurezza. Non seppe se interpretarla come un segno o un'incredibile botta di sedere, ma dal momento che qualsiasi ferita e frattura nella sua vita si erano sempre risolte in pochi minuti, anche quella doveva fare parte del pacchetto scoperte che era in procinto di fare. Scrocchiò il collo e la schiena mentre i due uomini la guardarono come si guarda un fantasma.

-Ero certo che quel braccio fosse rotto. Jarvis, fai un check.

-Parametrici ottimali. Nessuna frattura rilevata.

-Ma guarda... Potrei dire che sei pronta per il secondo round!

Il Capitano gli lanciò un'occhiata torva.

-La smetti di contraddirmi?

-Non ti sto contraddicendo, Capitano.

-Non stai facendo altro da quando siamo qui.

-Voglio solo dire che non c'è bisogno di tutta questa apprensione. Te lo sta mostrando. Ce l'hai davanti agli occhi. Dalle una possibilità.

-Gliel'avrei data, Tony, ma non adesso. Non è il momento.

-Bene, ora lei è qui. Cosa facciamo? Devo portarla al Quinjet di peso?

Quando smisero di bisticciare era troppo tardi. Astrid era sparita dalla loro visuale. Il gigante stava scorrazzando indelicatamente accanto a due palazzi troppo vicini tra loro perchè ci passasse lasciandoli integri. Il figlio di Odino saltava da una parte all'altra degli edifici tuonandolo col martello senza recargli particolari danni, ma divertendosi tantissimo.

-Thor! - Astrid lo chiamò sgolandosi. - Mandalo da me!

Egli inquadrò la ragazza che agitava le braccia sopra un cumulo di rocce e si metteva a correre dall'altra parte dei due edifici. Il Dio del Tuono non se lo fece ripetere due volte. Balzò impetuosamente col suo martello, attirando l'attenzione del bestione. L'altro non si fece problemi e ci si introdusse dentro, pensando di poterli sgretolare con le spalle. Invece si incastrò.
Astrid sfilò il coltello che si ricordò di aver nascosto solo dopo la caduta perché era sgusciato dalla tasca. Prese la rincorsa verso il gigante che non poteva muoversi. Spiccò in un salto e cominciò ad arrampicarsi, infilzando il pugnale nella carne di catrame come sostegno. Mentre quello si dimenava non capendo perché il marmo tenesse appeso le sue grosse braccia indistruttibili, Astrid arrivò in cima. Attorcigliò le gambe attorno al collo, che era l'unica parte che si poteva ancora scuotere come quello di un toro infuriato. La sua pelle era tornata a scurirsi, ma questa volta non se ne curò. Ficcò con forza il pugnale nella testa del gigante. Strinse le gambe e si tenne saldamente al manico mentre assorbiva tutta l'energia termica che possedeva la bestia.

Digrignò i denti in una smorfia di fatica. C'era talmente tanta energia che avrebbe potuto alimentare una città intera per qualche ora. La sentiva scorrere tra le vene, calda, intensa, accompagnata dal pizzicore consueto che la pervadeva e le annebbiava il cervello come una potente sostanza stupefacente.

Era qualcosa che non aveva mai imparato a controllare del tutto. C'era sempre un punto limite oltre il quale il suo corpo non ascoltava più i suoi comandi e non sarebbe stato strano se un giorno avrebbe assorbito tutto il calore della vittima, prosciugandola anche dell'anima. Proprio in quel momento le venne in mente quello che si erano raccontati lei e il dottor Banner. Era contenta di essere uscita al posto suo.

Il gigante si spense come una lampadina esausta e rimase con le braccia appese, crocefisso nel marmo.

Astrid prese fiato ancora sul suo groppone. Aveva così tanta energia nel corpo che per esprimerla tutta dovette mettersi ad urlare e a improvvisare un balletto.

-Mai i miei occhi assistettero ad un'azione tanto eroica! - esclamò Thor fiero di lei. La prese in braccio e saltarono a terra dove li aspettavano tutti. Natasha le mise un braccio attorno al collo e le arruffò i capelli, Clint le disse che era stata grande, Tony aveva un sorriso vittorioso e si pavoneggiava perché aveva creduto in lei fin da subito e quindi era anche merito suo. Thor la tirò su come un trofeo e nell'entusiasmo generale il Capitano si schiarì la gola. Il cerchio attorno a lei si ruppe e Astrid incrociò il suo sguardo. Stava in piedi, a braccia conserte. Fermo. Serio. Non era pronta per un'altra paternale. Proprio non ce l'avrebbe fatta ad ascoltarlo rivangare il codice militare, ma se lo meritava.

-Hai disubbidito agli ordini. Ciò avrà delle conseguenze. L'insubordinazione non è accettabile. Non dovrà ripetersi mai più.

Astrid abbassò gli occhi.

-Voglio sapere se hai capito quanto sia stata grave questa tua azione.

-Sì, Capitano.

-Perché?

-Perché è lei il capo e lei decide.

-No, non perché io sono il capo e io decido, Astrid. Perché siete una mia responsabilità e non posso permettermi di perdere un membro della squadra perché qualcuno ha deciso di fare il coraggioso evadendo dal piano.

Tony abbassò il capo, deglutì. Sapeva bene di cosa stesse parlando. Nei suoi incubi si apriva ancora il buco nero e lui ci finiva dentro perdendosi nel vuoto.

Astrid annuì. In fondo aveva ragione lui. I piani erano stabiliti per una questione di sicurezza oltre che di efficacia. Semplicemente il Capitano non voleva morti sulla coscienza per colpa di azioni non ragionate. Alzò lo sguardo quando si accorse che il volto contratto si era ammorbidito.

-Ad ogni modo, hai fatto un ottimo lavoro.

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