Capitolo 28.

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Alle due e mezza avevo già finito di mangiare ed ero davanti all'armadio, ad osservare il cumulo disordinato di vestiti che ci viveva dentro, pensando a cosa diavolo avrei dovuto indossare per l'allenamento speciale con Alex. Alla fine mi decisi a indossare un paio di pantaloni blu scuro della tuta, una maglietta nera termica, dato che avremmo dovuto stare all'aperto ed era gennaio, e sopra una felpa pesante color panna. Anche se non ero io che dovevo allenarmi preferivo essere comoda, così potevo fare almeno finta di essere una persona atletica e allenata.

Alle tre in punto Alex era fuori dalla mia porta vestito di tutto punto: pantaloni grigi, maglietta e felpa della sua squadra, ai piedi portava le sue uniche ed inseparabili Nike e lo zaino in spalla.

"sei pronta?" mi chiese sorridendomi non appena chiusi la porta di casa.

"sono sempre pronta" risposi alzando le sopracciglia.

"bene, andiamo" concluse prima di voltarsi e iniziare a correre.

"ma ehi, che stai facendo?" chiesi io intimorita dalle sue intenzioni. 

"sto andando al parco. Come pensavi di raggiungerlo? In elicottero?" mi prese in giro. 

"ti prego dimmi che stai scherzando" provai io speranzosa.

"ti sembra questa la faccia di uno che scherza? Dai muoviti!" mise fine al discorso voltandosi per l'ultima volta e riprendendo a correre

"tu sei pazzo!" gli urlai prima di cominciare anche io a muovere le gambe "aspettami almeno, brutto imbroglione!" gridai cercando di raggiungerlo ma invano. Okay, andavo a correre con mio fratello la domenica mattina ma non avevamo certo quel ritmo.

Un chilometro e 200 metri dopo giunsi al parco con la lingua praticamente a terra, mentre Alex mi aspettava, seduto comodo su una panchina guardandosi in giro.

"mi è cresciuta la barba! Sei davvero lenta" mi prese in giro ed io in risposta lo fulminai con uno sguardo che lo fece ridere ancora di più.

"ora hai due cose per cui dovrai pagare" risposi accasciandomi sul prato con le mani sugli occhi per proteggerli dal sole.

"dai alzati che siamo solo all'inizio" disse porgendomi una mano per aiutarmi a rialzarmi che io afferrai prontamente.

Come d'accordo, io mi sedetti sulla panchina bevendo beatamente dalla mia bottiglietta mentre lo osservavo fare addominali e flessioni: era davvero attraente.

"così però non vale!" si lamentò lui sedendosi sull'erba

"su,su avanti altri addominali che io qui seduta mi sto godendo questo bel sole mentre ti guardo faticare" risposi a tono reclinando la testa per avere più accesso alla luce e al calore del sole. Era vero, era uno spettacolo stare lì a guardare Alex a fare gli esercizi: era così affascinante!

"vieni qui anche tu a farmi compagnia su!" mi propose ed io scossi la testa ridendo.

"e va bene" disse spostandosi per ricominciare gli esercizi ma in un attimo mi aveva raggiunto alla panchina mi aveva presa con la forza e messa su una spalla, come se fossi un sacco di patate, mentre si dirigeva alla piazzola dove si trovava prima.

"beh ma se riesci a prendermi in spalla con questa facilità direi che possiamo terminare qui l'allenamento speciale" tentai io di dissuaderlo. 

"oppure no. A proposito di esercizi vedo che tutti gli squat che fai stanno facendo effetto" ghignò. 

"sei un cretino!" risposi tirandogli uno schiaffo sulla nuca, unica parte che riuscivo a raggiungere da quella posizione. Mi posò a terra e come se fosse un personal trainer cominciò a dare ordini:

"avanti, iniziamo con una trentina di addominali" rispose sedendosi a terra e tenendo ben fissati a terra i miei piedi per non farli muovere. Così cominciai a fare gli esercizi e, ogni volta che tornavo su con il busto, faccia a faccia con lui, avevo pronto un insulto:

" io non ti sopporto più" "io ti uccido prima o poi" "ma chi me l'ha fatto fare?" "te l'ha mai detto qualcuno che sei un idiota?" e così per tutte e trenta le ripetizioni ottenendo in lui soltanto più risate.

Qualche flessione, squat e altri esercizi faticosi dopo, ci spostammo al campetto da basket del parco e, seduta a bordo campo a gambe incrociate, lo guardavo tirare la palla da varie distanze e centrare sempre il canestro. Mi invitò a provare ma su 10 tentativi 10 erano falliti, così, con la promessa che mi avrebbe insegnato, uscimmo dal parco per avviarci verso casa.

"ciao Elisa. Mi sono divertito tanto oggi pomeriggio, a domani" mi salutò abbracciandomi davanti al mio cancellino

"ci credo che ti sei divertito, hai torturato una povera ragazza indifesa" risposi staccandomi dall'abbraccio

"ci vediamo domani Elisa" mi salutò definitivamente con ancora il sorriso sulle labbra.



Finalmente era arrivato il weekend ponendo così fine a quella settimana che sembrava infinita: dal litigio con Andrea del lunedì alla sua rivelazione bomba del martedì, dalla prima dello spettacolo all'allenamento con Alex per finire con la replica del venerdì sera nel teatro della città vicina. Durante la mattinata tutti i professori avevano ripreso il ritmo abitudinario dato che lo spettacolo era ormai superato. Avevano spiegato come delle macchinette, sfruttando ogni minimo minuto per recuperare le ore perse dei giorni precedenti. Nelle cinque ore di lezione tutti e cinque i professori avevano programmato una verifica o interrogazione per la settimana successiva, giusto perché il riposo fa male.

Dopo aver pranzato con gli zii che erano venuti a farci visita mi preparai per la partita di Alex a cui mi aveva invitato. Indossai un paio di jeans stretti di colore chiaro, un maglioncino bordeaux e le scarpe dello stesso colore, feci una veloce treccia laterale e dopo aver preso giacca e borsetta uscii per passare a prendere Jes che mi avrebbe fatto compagnia in palestra.

Quindici minuti circa più tardi eravamo all'ingresso del palazzetto, ad aspettare l'inizio della partita, prima di prendere posto sugli spalti. 

La partita era cominciata e la nostra squadra era sotto di tre punti, Alex era ancora in panchina in trepidante attesa di entrare e, da quanto si poteva capire dalla sua espressione, anche piuttosto arrabbiato con l'allenatore. Quando incrociò il mio sguardo mi sorrise e io ricambiai cercando di trasmettergli almeno un po' di calma.

"ma mi sono persa qualcosa?" mi richiamò Jes.

"a cosa ti riferisci?" chiesi io dubbiosa.

"a te e ad Alex. Quei sorrisini non mi convincono nemmeno un po'"

"ma cosa dici? Sono sorrisi innocentissimi, siamo amici."

"amici? Continuo a non essere convinta. Cosa è successo ieri al parco? Vi siete baciati lo so."

"ma cosa stai farfugliando? Non è successo niente, ci siamo allenati te l'ho detto. O meglio lui l'ha fatto, io lo insultavo per le fatiche a cui mi sottoponeva"

"esagerata! Ma cosa sarà mai un po' di esercizio fisico"

"dovevi esserci, io ho un fisico abbastanza preparato. Insomma, faccio un sacco di lezioni di danza classica e prevedono anche addominali, dorsali e via dicendo ma quello di ieri, fidati, era un suicidio" spiegai la mia versione a Jes che non mi ascoltava per niente, tutta presa ad osservare la partita cui io non prestavo poi tanta attenzione.

"guarda" indicò Jes "mentre eri impegnata a sostenere la tua tesi Alex è entrato in campo" seguii il suo sguardo e lo vidi sul parquet con la palla tra le mani pronto a fare canestro: il punto che ci avrebbe portati a parità.

Tra il primo e il secondo tempo avevo preso una bottiglietta di tè al limone al bar e mentre bevevo la mia bevanda preferita suonò il telefono di Jes la quale lesse il messaggio, sorrise e alzò lo sguardo verso di me:
"Leo è stato convocato all'ultimo minuto per la partita, mi aspetta al campo di calcio, non ti dispiace, vero, se vado da lui?"

"non ti preoccupare Jes, me la caverò. Chissà, senza la distrazione delle chiacchiere con te, sarà la volta buona che capirò qualcosa di basket. Divertiti" la rassicurai abbracciandola, subito dopo lei si voltò e corse fuori dal palazzetto per raggiungere il suo ragazzo.



Il cestista e la ballerinaDove le storie prendono vita. Scoprilo ora