Quando si svegliò, sapeva esattamente dove si trovava: casa. Percepiva la morbida consistenza del cuscino del suo letto, l'odore tanto famigliare. Finalmente era al sicuro. Ethel strabuzzò gli occhi e si tirò lentamente su. Per la prima volta dopo una delle sue visioni, si era risvegliata a casa e non in un ospedale. Era una cosa bellissima, un senso di protezione che gli ospedali non riuscivano a darle. La camera era immersa in una luce quasi spettrale, il cielo al di fuori era buio e allungando lo sguardo verso l'orologio, Ethel scoprì che erano le dieci di sera. Eppure, solo in quel momento, capì che c'era qualcun altro oltre la sua famiglia lì, in casa. E la voce di Ben riuscì a distinguerla senza troppe difficoltà. Alzandosi dal letto, Ethel si avviò verso la porta socchiusa. La aprì silenziosamente per poi scendere le scale a stesso modo.
«L'unico motivo per cui ti permetto di vedere mia figlia, è per proteggerla. E, invece, in pochi giorni ha rischiato di morire, ormai, non so quante volte!» Era la voce di sua madre. Si sentiva una tale irritazione che poteva spaventare chiunque: una cosa a cui le mamme ricorrono per i propri figli, soprattutto se riguarda la salute e la protezione di questi ultimi.
«Nonostante possa sembrare il contrario, sto facendo davvero di tutto per tenerla al sicuro.» fu Ben a parlare. E in quell'istante, la mente di Ethel tornò a quegli ultimi momenti in cui era ancora cosciente, quando lo Scongiuratore era arrivato a salvarla.
«Non stai facendo abbastanza!» continuò sua madre, cercando di moderare i toni, essendo ancora probabilmente convinta che la figlia fosse addormentata.
Ben non rispose. Attese, invece, che Gaila proseguì.
«Non mi fido per niente di te, Benjamin Jenkins.» disse la donna e Ethel, che non vedeva i due, sentì come lei si stesse avvicinando al ragazzo; «Se fosse per me, ti terrei il più lontano possibile da mia figlia.»
«Non le farei mai del male.» ribatté Ben con tono deciso.
«Ma le hai già fatto del male!» Gaila tornò a spazientirsi. Sospirò prima di continuare: «Ti rendi o no conto che non riuscirà a vivere per un altro mese se continua così?»
«E cosa volete che faccia? Che l'abbandoni?» con quell'espressione, Ben si mostrò ancor più fermo sulle sue decisioni. Ethel allungò un piccolo sorriso: sapere che pensava ciò che diceva era rassicurante e lei era certa che le parole dello Scongiuratore fossero vere: «Volete che torni a vivere la vita di prima? Io sarei disposto a farlo, ma deve volerlo lei.»
«Non farmi passare per la cattiva della vicenda, ragazzo.» ribatté acidamente Gaila: «Hai lo stesso carattere di tuo padre: pensi solo a te, a come tu abbia ragione, e hai quel fastidioso sentimento di superiorità nei confronti di tutti proprio come lui. E proprio come lui indossi una maschera immacolata che nasconde la tua vera natura.»
«E lei che ne sa di mio padre?» la voce di Ben suonò roca, come se parlare di quell'argomento fosse la cosa più difficile da affrontare.
«Oh, io lo conosco bene. E, purtroppo, ho fatto lo stesso errore che mia figlia sta facendo con te: mi sono fidata di lui e solo alla fine ho scoperto che razza di persona fosse.»
Ethel non voleva più ascoltare in silenzio: stavano parlando anche di lei, dopotutto, per cui voleva mostrarsi, e per una volta discutere insieme. Si tolse da dietro la parete e si fece vedere. Gaila e Ben si trovavano faccia a faccia e la situazione era un po' strana dato che il ragazzo era così alto che troneggiava sulla donna. Ma quest'ultima non scherzava, e con il suo sguardo tagliente, riusciva a portare lo sguardo dello Scongiuratore ai piedi.
Finché non la videro; sua madre per prima che corse subito dalla figlia: «Tutto bene?» le carezzò una guancia.
«Benissimo.» rassicurò la ragazza puntando poi lo sguardo su Ben, che ricambiò timidamente: «Perché parlate di me in mia assenza?»
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Bitter Fate - Destino Amaro
Paranormal***NOTA: Quest'opera è stato un tentativo di scrittura di un'idea che mi era venuto molto tempo fa. Trovo quella stessa idea ancora validissima, però l'opera che ho scritto, ha diverse cose che, lette e rilette (col senno di poi), non sono realizzat...