Si svegliò trattenendo a stento un urlo. Tra le coperte, Ethel aveva i capelli castani appiccicati alla fronte. Non aveva sognato. Non aveva avuto un incubo. Eppure perché si sentì come in pericolo? Gli occhi le pizzicavano, desideravano piangere, anche se Ethel non ne capì il motivo. Aveva bisogno di alzarsi. Cosa le stava succedendo? Qualcosa che la madre, oppure Leroy e Ben non le avevano detto? Nella sua vita era stata più volte svegliata dagli incubi che ricordavano le sue crisi, ma quella notte non era accaduto. Ethel non seppe dare una risposta a tutta l'agitazione che si sentiva addosso, quasi come se fosse una brutta sensazione, come se la mente l'avesse costretta a svegliarsi per mettersi in guardia.
Si alzò. Forse si trattava solo dello stress della giornata precedente, pensò mentre si avviò al bagno. Lavarsi il viso con dell'acqua fresca, l'avrebbe fatta riprendere. Cercando di non andare a urtare nel buio contro ostacoli nascosti, raggiunse il bagno. Vi entrò, chiudendo la porta alle sue spalle e accendendo la luce. Per poi cacciare un urlo. E non fu l'unica. Un'altra persona gridava con lei. Questo, finché Ethel non riconobbe l'intruso: Stella, la ragazza di suo fratello.
Cercò di riprendere fiato, sperando di non aver svegliato nessuno della sua famiglia, anche se probabilmente Kimball era tutt'altro che addormentato.
«Mi hai fatta spaventare!» disse Ethel con un mezzo gridolino. Quella notte si stava dimostrando ancor più agitata di quel che sembrava all'inizio.
«Mi dispiace!» ricambiò con lo stesso tono Stella. Aveva addosso solo una canottiera celeste e dei pantaloncini dello stesso colore. Ethel non poteva definirsi altrettanto carina: maglietta rosa con al centro il disegno di una rana e dei pantaloni verdi, con centinaia di ranocchie rosa.
«Kimball non mi aveva detto che dovevi dormire qui. Quando sei venuta?» quella volta, Ethel cercò di controllare il suo tono di voce.
Stella lanciò un'occhiata alla porta del bagno per poi tornare a guardare la sorella del suo ragazzo: «È stata una decisione dell'ultimo minuto. Tu dovevi già stare a dormire.»
Le due udirono dei passi proprio fuori la porta del bagno che si aprì mostrando il volto di Gaila, assonnato: «Ragazze, che succede? Avete urlato.»
«Non è niente. Scusaci.» affrettò una scusa Ethel.
«C'è stata un'incomprensione. Ci scusi, signora Palmer.» Stella fu molto più cortese.
Gaila guardò entrambe per poi fare un piccolo sorriso, gli occhi mezzi chiusi: «Va bene. Ma tornate a dormire.» e poi richiuse la porta.
Ethel tornò a guardare Stella: «Cosa ci facevi qui?»
Stella la guardò strabuzzando gli occhi scuri: «Cosa pensi che ci faccia una persona in bagno?»
Ethel si sentì una stupida: «Oh...»
«Comunque, ho finito, non preoccuparti. Anzi, scusami per lo spavento.» Stella tornò alla porta.
«Figurati.» ricambiò Ethel vagamente incerta. Subito dopo, Stella aprì la porta, uscì e sparì. La Rivelatrice raggiunse lo specchio e cacciò un grosso sospiro. Dopo essersi lavata il viso, raggiungendo la camera da letto, lanciò uno sguardo a quella di suo fratello: la luce era accesa. Chissà che stanno combinando quei due, pensò, per poi decidere di farsi i fatti propri e tornare a letto, come aveva promesso a sua madre. Una volta sotto le coperte, però, lo stato di confusione non era ancora svanito, quello che l'aveva fatta svegliare nella più piena agitazione. Il problema era che non sapeva minimamente di cosa si trattava.
Quando si svegliò, erano le otto. Si diede un'occhiata allo specchio, guardando il suo ridicolo pigiama (eppure, era uno dei suoi preferiti) e dando un'occhiata al suo viso. C'erano delle lievi occhiaie, la pelle era chiara, le labbra secche, i capelli vergognosamente arruffati; davvero stupenda, pensò.
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Bitter Fate - Destino Amaro
Paranormal***NOTA: Quest'opera è stato un tentativo di scrittura di un'idea che mi era venuto molto tempo fa. Trovo quella stessa idea ancora validissima, però l'opera che ho scritto, ha diverse cose che, lette e rilette (col senno di poi), non sono realizzat...