Si accodano al semaforo, uno dietro l'altro; si provocano rumorosamente a colpi di clacson e, quando scatta il verde, pestano così forte l'acceleratore da tatuare l'asfalto. Un'impazienza comune a tutti gli automobilisti che, a quest'ora del mattino, sono già nervosi e stressati. Stringo la pashmina al collo e un caldo tepore mette in fuga i brividi che mi porto addosso, questa cinerea mattina d'Ottobre. Non mi abituerò mai al freddo siberiano di questa città.
Lancio un'occhiata all'edificio di fronte, le finestre del quarto piano sono chiuse. Dorme ancora. Sarà rientrata molto tardi ieri sera. Un allenamento dietro l'altro; una lezione dopo l'altra; ritiri; studio; feste; amici. Mi viene il mal di testa solo a pensarci. Basta organizzarsi, dice lei. Magari fosse così organizzata anche con l'ordine. La sua camera è un dedalo di borsoni, scarpe, tute, vestiti, riviste di moda lasciate ammucchiate sul pavimento, sulla scrivania, sul letto o dove capita. In dodici mesi di convivenza, è sempre stata così: un totale disastro. Non la riordina neanche quando invita le ragazze della Safety per un pigiama party. Ester e l'ordine sono incompatibili, come la panna montata sulla granita di limone. Il giudizio altrui non le interessa, se a qualcuno non sta bene il suo modo di essere, non è lei a dover cambiare.
Io sprofonderei nelle sabbie mobili dell'imbarazzo e farei un enorme fagotto di tutte le cianfrusaglie sparse in giro, nascondendolo nell'armadio. Uno sguardo inquisitore mi uccide. Devo nascondermi, dietro l'apparenza, l'ipocrisia o la falsità. Non ha importanza, non voglio che mi trovi per questo mi rifugio qui. E' come se il mondo ruotasse intorno a me senza mai afferrarmi, così è più facile rendermi invulnerabile a qualsiasi attacco minaccioso.
Oggi sono in anticipo e non costringerò il conducente ad una sosta extra. Compassione? No, penso si tratti di solidarietà tra conterranei, anche lui proviene dal Sud e lì, quelli puntuali, non sono mai i mezzi pubblici. Ma nessuno si lamenta, l'attesa fa parte della routine quotidiana, un modo come un altro per passare il tempo, parlando del più e del meno con chi ti è accanto. Altro che stress.
Il 29 passa di qui alle otto in punto, mancano pochi minuti ormai. Mi guardo intorno. Sono circondata da anziani che fissano l'orologio con una certa irrequietezza; studenti che stanno già abbozzando un reclamo alla Trieste trasporti; una mamma con passeggino al seguito, che sta meditando seriamente di acquistare un'auto, magari usata. L'essere imbottigliata nel traffico è sempre meglio che starsene qui, in attesa di diventare un igloo. Stacanovisti che non contemplano il ritardo. Risiede altrove, probabilmente in piena via lattea, costellazione di Cassiopea, a sud di Andromeda, a nord di Cefeo. Sarà colpa della bora. A nessuno piace essere schiaffeggiato, soprattutto di prima mattina.
Ecco l'autobus. Un minuto di ritardo. Occhiate di fuoco inceneriscono l'autista. Poverino, non vorrei trovarmi al suo posto, la solidarietà la pensa come me e mi segue alla svelta in fondo al mezzo, lontano da sguardi indiscreti. Vorrei sparire nel nulla, fisso il finestrino e tutto il resto scompare, per cedere il posto a ciò che voglio realmente vedere.
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Il Custode dei sogni
ChickLitE' possibile che ogni singola scelta verso il proprio destino sia indirizzata dall'inconscio? E che l'incontro con una persona vista in un sogno abbia uno scopo ben preciso? Fin dove si può spingere il confine tra sogno e realtà, senza cadere nella...