Capitolo 17

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Il rumore improvviso che aveva prodotto la finestra, chiudendosi al soffio di una leggera e fredda brezza, la svegliò. Serena non aprì gli occhi e rimase immobile. Stava rievocando il sogno. Se si fosse alzata, lo avrebbe perso per sempre.

Caro diario,

il mio inconscio sta cercando di mettersi in contatto con me attraverso dei sogni angoscianti. Il ricordo manifesto, che ne ho al risveglio, è solo una maschera di ciò che dovrei ricordare davvero. I ricordi rimossi continuano ad essermi latenti, perché non sono ancora pronta a tirarli fuori dal loro nascondiglio.

Cosa fare?

Continuare ad essere tormentata dal fantasma di un ricordo dimenticato o liberarlo dalla prigione in cui è intrappolato, per consentirgli di affiorare alla mia coscienza?

S.

In serata Emis andò a far visita alle ragazze, portando con sé alcuni film horror. Dopo aver preparato una montagna di popcorn, si catapultarono sul divano per accaparrarsi i posti migliori davanti allo schermo.

Trascorrevano spesso le domeniche pomeriggio visionando film cult di qualsiasi genere. Era un modo come un altro per stare insieme e allentare la tensione nei periodi preesame.

«Prendo dell'altro popcorn. Chi ne vuole?» chiese Ester, dopo che, da sola, se ne era spazzolata un'intera boule.

«Io preferisco terminare queste» ribatté Emis, seduto sul divano, con la schiena appoggiata a un mucchio di cuscini e tra le mani una bustina di patatine.

«Che film hai noleggiato?» chiese Serena, seduta accanto a lui, dopo aver preso una patatina dal suo sacchetto.

«Profondo rosso» rispose Emis, prima di afferrare il vecchio plaid sullo schienale del sofà e adagiarlo sulle loro gambe.

«Ci credi che non l'ho mai visto?» dichiarò, afferrando la custodia del dvd per leggere la trama del film.

«Lo so, per questo l'ho noleggiato. È un must, devi assolutamente vederlo.»

Dallo schermo proveniva una musica inquietante che faceva da sfondo alla prima e agghiacciante scena del film. L'ombra di un uomo, proiettata su una parete, infieriva più volte sulla vittima colpendolo con qualcosa. Il tutto avveniva in un salotto addobbato per le feste natalizie. Subito dopo, si vide cadere sul pavimento un pugnale insanguinato.

Serena amava i film horror, ma la vista di quell'arma l'aveva scossa. S'irrigidì. La mano sospesa a mezz'aria. Una patatina stretta fra le dita. Iniziò a sudare freddo. Strizzò ancor più forte gli occhi, per non dare ascolto ad una voce nella sua testa che le ripeteva di ricordare. La stava spaventando a morte con la sua ira penetrante, ma non sapeva come farla tacere. Si stava insinuando nelle viscere più profonde della mente, per redarguirla. Doveva ricordare. Continuava a ripeterglielo, come una cantilena. Quella voce aveva ragione, ma ascoltarla faceva male. Il tono che aveva usato era stato dolce, le sue intenzioni erano buone, ma il dolore nascosto dietro ogni singola parola la stava fagocitando. Raccolse frettolosamente le ultime briciole che restavano della sua viltà, per consentire alla mente di chiudere l'accesso a quel ricordo. Lei ubbidì, servendole la fuga su un piatto d'argento.

Serena sbatté le palpebre lentamente e il salotto ricomparve intorno a lei, accogliendola nella sua atmosfera confortevole.

«La musica di questo film è pazzesca» affermò Emis, ridacchiando. I suoi sorrisetti si interruppero bruscamente, quando posò lo sguardo sull'amica. «Sere?». Emis si alzò di scatto dal divano e urlò il nome di Ester, in preda al panico.

La mano stretta a pugno, le nocche dello stesso colore dei popcorn. Serena si alzò prima che lei potesse raggiungerli, lasciando cadere sul divano briciole di quella che un tempo era una patatina. «Torno subito» borbottò, ignorando lo sguardo di Emis che sentiva addosso.

Ester aprì la porta del bagno e trovò Serena china sul lavandino, con l'acqua che scorreva. «Sere, è tutto okay?»

«Sì» ribatté lei, chiudendo l'acqua in modo brusco.

Dal finestrino aperto del bagno entrava aria fresca. Eppure, Serena stava sudando al punto tale che i capelli le si erano incollati sul viso bianco, come cera di una candela.

«Stai da schifo» affermò Ester preoccupata, dopo averle girato il viso verso di sé. «E' stato il film a ridurti così?»

L'immagine di quel pugnale insanguinato continuava ad essere davanti ai suoi occhi, non voleva andare via.

«A Emis gli è preso un colpo.»

La voce di Ester le risuonò stridula, come se stesse calpestando schegge di un vaso andato in frantumi. La guardò, assente. Raggiunsero insieme il salotto, Serena lo perlustrò, per un momento: il soffitto alto, le pareti bianche. Lo sguardo le cadde su quell'intreccio di piume, pietre e brillantini colorati, che esibiva la maschera veneziana che Emis ed Ester le portarono come ricordo del Carnevale. Lei aveva preferito vedere le sfilate dei carri in tv. Non amava avventurarsi in gite fuoriporta. Non amava l'ignoto, né il suo acre odore d'incertezza. Incominciò a intuirne il perché.

Emis era in piedi accanto al divano, con una mano chiusa a pugno appoggiata al bracciolo, un segno evidente dell'ansia che stava provando. «Come stai?»

«Bene.»

«Sei molto pallida.»

«Il tizio accoltellato lo è più di me» rispose sarcastica, ma il tono della voce la tradì.

Emis ed Ester continuavano a fissarla insistentemente, come se stessero cercando di leggerle nel pensiero o, peggio ancora, come se sapessero la verità e volessero costringerla a confessarla.

«Credo che per questa sera i film horror è meglio lasciarli stare» sentenziò Ester, dopo aver premuto il tasto eject del lettore ed estratto il dvd che vi era all'interno.

«Non avevo poi tanta voglia di vederlo», blaterò Emis. «Allora, che si fa?»

«Continuate pure a godervi il film, io me ne andrò in camera ad ascoltare un po' di musica» ribatté Serena, con un tono che non ammetteva replica.

«Musica? E da quando l'ascolti?» le domandò Ester, allibita.

«Da oggi» dichiarò, strizzandole l'occhio con un sorriso d'intesa e abbandonando il salotto in tutta fretta.

Quella notte Serena non riuscì subito a prendere sonno, complici il forte soffio del vento e il rumoroso tamburellare della pioggia sulla finestra. Rimase sveglia a lungo, a fissare il soffitto e a rimuginare su quello che le era accaduto. L'amnesia era un meccanismo che lei aveva messo in atto per difendersi da un ricordo doloroso. Una parte di lei sapeva di quel ricordo, ma un'altra continuava a nasconderla. Attraverso i sogni, i ricordi stavano riemergendo in superficie uno alla volta. E se il sogno rappresentava il regno dell'inconscio dove erano tenuti prigionieri, il risveglio rappresentava il regno della consapevolezza.

La coscienza.

Era lei che aveva rimosso i ricordi, per impedirle di rivivere l'evento traumatico; la tirava fuori dal sogno per impedire a lui di aiutarla a risolvere il conflitto; censurava le immagini dei sogni, camuffandoli e imprigionandoli nel regno dell'inconscio, per impedirgli di superare il confine della consapevolezza e rendersi visibili ai suoi occhi.

Coscienza.

Inconscio.

Due facce della stessa medaglia.

Se stessa.

Nella sua mente, in un angolino assai remoto e custoditi in un cassetto, vi erano dei ricordi. Serena sapeva della loro esistenza, perché era stata lei stessa a nasconderli. Lei aveva creato quel cassetto, nascondendoci dentro qualcosa che andava custodito ad ogni costo. Lei ne possedeva la chiave, ma la cosa più inquietante era il non ricordare quale fosse.

Il Custode dei sogniDove le storie prendono vita. Scoprilo ora