Capitolo dodici

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Serena non era sicura se le lacrime avessero appena bagnato le sue guance o si trovassero lì già mentre dormiva. Era intenta ad osservare il soffitto, mentre si interrogava ancora un po' assonnata.

Amnesia psicogena.

Iniziò a tremare, segno che l'ansia aveva fatto il suo ingresso; il cuore le diede il benvenuto, incespicando nei suoi battiti e inasprendo la nausea. Stava andando fuori di testa. Si guardò attorno, smarrita. Una sensazione orribile. Si alzò, aggirandosi per la camera come un fantasma, non riusciva a credere di avere un buco nero nella testa. Sentì qualcosa montarle dentro che le comprimeva il petto, togliendole il respiro. Iniziò a sudare freddo e a tremare, le girava la testa. Prese il diario e incominciò ad annotare in modo frenetico quel tumulto di emozioni che stava provando e che non riusciva a tenere a bada: frustrazione; paura; rabbia; impotenza; disperazione; collera.

Amnesia.

Quella parola incominciò a farle ribollire dentro la rabbia come lava incandescente, afferrò il diario e lo scaraventò contro l'armadio. Provò a calmarsi, fece un respiro profondo e si obbligò a svuotare la mente da ogni pensiero e il cuore da ogni emozione. Solo alla luce di una fredda lucidità, avrebbe potuto essere obiettiva e analizzare con distacco quella notizia choc. Aveva la sensazione, a volte, di aver già vissuto una determinata scena, una sorta di ponte mentale che collegava spazio e tempo in un viaggio nella memoria che, però, si sgretolava ancor prima della partenza. Volti ignoti che si affacciavano alla finestra dei ricordi, per poi svanire pochi istanti dopo come bolle di sapone, lasciandole solo brandelli che non sembravano avere alcun legame con lei.

La testa le diventò improvvisamente leggera e si sentì sospesa nel vuoto, soffriva spesso di vertigini nell'ultimo periodo. Come pure di ansia e di incubi. L'amnesia era responsabile di tutto quello? Provò a collegare ogni singolo sintomo a quel comune denominatore, lasciando che il sogno avesse la meglio sulla sua lucidità. Si sentì serrare la gola in una morsa sempre più stretta, non riusciva a calmarsi. Il solo pensiero che potesse avere un disturbo della memoria, e che la sua famiglia glielo avesse taciuto, la lasciò senza fiato.

Suonò il campanello e si destò da quei pensieri. Si sarebbe aspettata di vedere chiunque dietro la porta, persino un vicino di casa che in quella città era un evento straordinario tanto quanto una nevicata sul deserto. Tutti, tranne lei.

«Sorpresa!». Nina la strinse in un forte abbraccio, mentre il viso di Serena indossò lo stupore in tutte le sue gradazioni.

«Cosa ci fai qui?»

«Mi mancavi.»

«E Ale?»

«E' ora che Biagio si assuma le sue responsabilità, non si è padri solo a parole.»

«L'hai lasciato da mamma, vero?»

«Te lo vedi Biagio nelle vesti di Mrs. Doubtfire?»

Serena si accigliò, ripensando a quanto le mancasse sua madre, ma il pensare a lei le mise uno strano tarlo in testa. Iniziò a fissare la sorella, che ostentava una calma innaturale. Stroncò sul nascere quella voglia irrefrenabile di sapere, che sentiva crescerle dentro. Avrebbe voluto bersagliarla di domande, ma più ci rimuginava e più le sembrava una follia. Serena fece accomodare Nina in salotto e le offrii un aperitivo. Incominciarono a raccontarsi di tutto, ma, dopo un'ora di chiacchiere e risate, il sogno rivendicò prepotentemente la sua presenza tra loro.

«Nina» esordì, con voce roca. «Volevo parlarti di una certa cosa.»

«Non dirmelo» Nina la guardò, con uno strano luccichio negli occhi. «C'è di mezzo un ragazzo, vero?»

Il Custode dei sogniDove le storie prendono vita. Scoprilo ora