Capitolo 19

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Stranamente euforica, mi sento leggera e senza quel fastidiosissimo senso d'angoscia che spesso mi affligge. Esco a fare una passeggiata. La giornata è calda e assolata. Non ho una meta precisa in mente, ma intanto mi godo i caldi raggi del sole che scaldano dolcemente il mio viso; la leggera brezza che mi accarezza delicatamente i capelli; il cinguettio delle rondini, che sfrecciano alte nel cielo dando luogo a mirabolanti acrobazie da far invidia alla Frecce tricolore. Quel magnifico scenario, che fa da sfondo alla mia passeggiata, mi suggerisce di raggiungere il Castello di Miramare.

Raggiungo piazza Oberdan e attendo alla fermata dell'autobus la linea numero trentasei, che passa da lì circa ogni venti minuti. Dopo aver costeggiato il lungomare, il mezzo giunge a Miramare. Scendo alla fermata bivio e, da lì, mi ci vogliono quindici minuti per raggiungere a piedi il castello.

Mi addentro in un grazioso bosco, percorrendo un sentiero tortuoso che alterna pregiate specie botaniche a spazi erbosi. Fitte formazioni di muschi e altre piante circondano il margine di un laghetto, la cui superficie sembra immobile a eccezione delle scie lasciate dalle anatre che navigano sullo specchio d'acqua. In quel momento si leva una leggera e calda brezza che agita le foglie quasi secche sulla ghiaia ai miei piedi.

«Che sguardo triste» dichiara, cingendomi con fermezza la vita quasi volesse proteggermi dal mondo intero con la sola forza delle sue braccia.

«Ho rivisto quei due. Tu sai chi sono?»

Gabriel sussulta. La sua inquietudine la sento anch'io: le braccia rigide, come immerse nel piombo; la pelle gelida, come fosse di ghiaccio; lo sguardo perso, come una zattera alla deriva. «Sì, Amore.»

«Ci hanno fatto del male?»

Annuisce, mentre la sua mano mi accarezza piano i capelli. «È l'unico aspetto della nostra storia che vorrei non ricordassi mai.»

«Cos'hanno fatto di così terribile?»

«È un bene che tu abbia l'amnesia.»

«Cosa?» urlo, sbalordita. «Stai scherzando, vero? Come puoi dire una cosa del genere?»

«Non volevo dire questo, è solo che non voglio che ti tornino in mente certe cose.»

«Forse non le ricorderò mai, ma potrei non ricordarmi anche di te. Credevo volessi aiutarmi.»

«È così, ma non voglio che tu soffra ancora». Le sue dita affusolate accarezzano con dolcezza il profilo della mia guancia. «Ma non posso fare niente per impedirlo, purtroppo.»

«Non è facile convivere con una parte oscura. Ho sempre la sensazione che mi manchi qualcosa, un senso di inquietudine che non mi abbandona mai.»

«Mi dispiace, Amore. Non deve essere facile per te, ma credimi se tu ricordassi quello che è accaduto, sono sicuro che vorresti dimenticarlo un'altra volta.»

«Mi stai spaventando.»

«Lo so, ma non ho altra scelta. Vorrei che tornassi ad essere felice, ma se ti tornerà in mente quello che è successo, la tua vita ne sarà segnata per sempre.»

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