Lucy Quinzel ogni volta che tento di capirti mi sembra di impazzire

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Sembrò proprio che qualcuno avesse ascoltato le mie preghiere. Era passata ormai una settimana da quando ero andata a casa di Zoe, e da quel momento lì, tutto aveva iniziato ad andare un po' meglio. La madre di Zoe aveva chiamato la zia ed era riuscita a convincerla a lasciarmi andare "in vacanza" con lei. Sarei partita l'indomani perciò finii di preparare la valigia, pronta per andare in vacanza a Boston dai nonni della mia migliore amica.

Devo ammetterlo, mi sentivo in colpa, ma non potevo rinunciare a un'opportunità del genere, non potevo! Quando mai sarei riuscita a tornare a Gotham... Sarei stata una stupida a non andare ... chissà se dopo questa esperienza riuscirò a farmi strada nel mondo dello spettacolo?

I miei pensieri vennero interrotti da mia zia:

- Mad ha chiamato Ley, ha chiesto se può anticiparti la seduta adesso che ha degli imprevisti e dopo deve tornare a Boston –

- Certo, non ci sono problemi, finisco di chiudere la valigia e vado –

- Vai... ci penso io – disse lei facendo cenno di andare

- Grazie mille – risposi baciandole la guancia.

Presi la borsa e mi fiondai in garage, salii in sella alla mia stupenda Kawasaki Ninja viola metallizzato e mi diressi verso lo studio della psicologa.

L'estate ormai era alle porte, ma la temperatura rimaneva ancora abbastanza bassa.

Sfrecciavo tranquillamente tra il traffico della grande Mela e ogni volta che ero costretta ad arrestare la mia corsa per via dei semafori, osservavo la gente indaffarata che camminava frettolosa da un capo all'altro del marciapiede. Una Ferrari nera mi affiancò e il conducente abbassò il finestrino:

- L'hai fregata a paparino quella moto lì, mi sa un po' troppo potente per una ragazzina come te – mi stuzzicò, non era la prima volta che capitava

- Senti amico, non rompere che se voglio riesco a farla correre più forte della tua macchinina – risposi a tono

- Cento verdoni se passi ora – ghignò porgendo i soldi dal finestrino, il semaforo era ancora rosso

- Certo – sorrisi, afferrai la banconota, rimase sbigottito, credeva che non l'avrei fatto e invece accelerai di botto e sfrecciai tra le persone ancora intente ad attraversare, per poco non investii un tizio in giacca e cravatta intento litigare con qualcuno al telefono.

Decine di clacson suonarono contemporaneamente, mentre facevo lo slalom tra le macchine che attraversavano l'incrocio, ci furono diverse brusche frenate, ma non mi fermai, anzi accelerai ancora di più.

Delle sirene incominciarono a capeggiare alle mie spalle, imprecai tra me e me, e decisi di fare la cosa meno ragionevole, cioè seminarli. Per mia grande fortuna ero su una strada principale che si ricollegava ad alcune secondarie, tramite dei vicoli abbastanza angusti; svoltai in uno di questi e continuai a zig zag fino a quando non sbucai su una strada leggermente più grande.

Senza farlo a posta mi ritrovai dietro l'edificio, dove c'era lo studio di Ley, pensai che fosse meglio mettere la moto in garage, giusto per essere sicura che la polizia non la trovasse. Presi le chiavi che Ley mi aveva dato e aprii il portone del lotto e vi parcheggiai la moto.

Dopo essermi sistemata i capelli e aver sistemato orgogliosamente la banconota nel portafoglio, andai al piano di sopra.

- Permesso – bussai e senza attendere alcuna risposta entrai, Ley mi dava le spalle, sembrava assorta nei suoi pensieri – nok nok – ridacchiai, sobbalzò per lo spavento

- Lucy, scusa più vado avanti e più mi sembra d'impazzire, sai com'è, con tutti i pazienti che ho – sorrise sistemandosi gli occhiali sul naso, poi si alzò e mi venne in contro per abbracciarmi

- Non ti preoccupare – ridacchiai nascondendo il voto tra i suoi capelli color cioccolato – lo so come sei fatta –

- Come stai? – mi chiese tenendomi ancora stretta a se, in questi momenti facevo finta che lei fosse come mia madre e tutte le volte sentivo un nodo alla gola, che col tempo da doloroso era diventato piacevole

- Bene – sussurrai e dopo poco scoppiai in lacrime, avrei voluto raccontarle tutto quello che era successo e ciò che ero costretta a fare per inseguire i miei sogni, avrei voluto dire del mio grande senso di colpa per via di quelle bugie che stavo raccontando a mia zia, ma come al solito sviai l'argomento e passai ad altro.

Per mia fortuna riuscivo sempre a incasinare la mente delle persone, e in questi casi quando non volevo raccontare alcune cose mi bastava blaterare un po' per mandare in tilt Ley fino a quando lei non si scaldava troppo

- Lucy Quinzel – sospirò lentamente togliendosi gli occhiali, non so perché ma da quando l'ho conosciuta, si è sempre ostinata a chiamarmi con il mio secondo nome, strano vero... a quanto pare non le piace Madison – ogni volta che tento di capirti mi sembra di impazzire – sorrise chiudendo gli occhi e massaggiandosi le tempie

- Lo so, anch'io impazzisco quando tento di capirmi – sorrisi sotto i baffi

- Smettila di prendermi in giro – ribatté guardandomi torvamente, tuttavia ero consapevole che stava scherzando

- Scusa - sussurrai

- Allora dimmi, sei felice di andare a Boston? –

- Sì... spero di passare delle buone vacanze – non sembravo molto convincente, stranamente in questi momenti la mia indole di attrice si spegneva

- Certamente, e che ne pensa tua zia , è tranquilla che tu stia via per così tanto? – chiese appuntandosi velocemente qualcosa sul quaderno

- Più o meno, forse tra le due la più agitata è lei, come al solito d'altro canto – sbuffai incrociando le braccia sulla scrivania e appoggiandovici sopra la testa

- Sorvoliamo questa cosa, ne abbiamo già parlato tante volte del fatto che tua zia è così protettiva... lo so perché sei così giù, forza Lucy sono anni che parliamo, perché continui a nascondermi le cose, tanto lo sai che in un modo o nell'altro ti faccio parlare lo stesso – disse masticando una chewingum, me ne offrì una e silenziosamente l'accettai; studiai il suo volto apparentemente impassibile, e più lo fissavo, più mi convincevo che fosse una persona che si faceva credere superficiale, ma che in fondo era una persona attenta e manipolatrice... ed ovviamente io non potevo fare altro che paragonarmi a lei – Ley chiama Lucy... ohi mi hai sentivo ? – mi domandò schioccandomi le dita davanti al volto

- Sì... scusa... eh va bene, ho le scatole un po' girate per quello che è successo con lo spettacolo – sbuffai

- Lo sai che mi dispiace per questo, ma prova a pensare che forse tua zia ha un motivo sensato per cui non vuole che tu vada a Gotham – mi suggerì

- Credimi ci ho provato, ma l'unico motivo per cui non mi ci lascia andare è perché la ritiene "pericolosa" - brontolai – e non dirmi che hai ragione, perché se la pensasse veramente così per tutto, non mi lascerebbe neanche andare a Boston-

- Pensi che ti nasconda qualcosa? – mi domandò, non l'avevo mai vista sotto quest'ottica

- Sì... ma non so cosa -

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