In partenza

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Come al solito precedetti di pochi secondi il trillo della sveglia, quando devo partire per andare da qualche parte succede sempre così. Rimasi nel letto per qualche minuto pensando a tutto quello che era successo, ora che sono tranquilla mi sento quasi in colpa per quello che ho dovuto fare. Per evitare che i sensi di colpa mi portassero a fare stupidaggini, iniziai a preparami per l'arrivo di Zoe. Cercai di fare colazione, ma la cosa risultò quasi impossibile, non riesco ancora a credere che tra poche ore sarò a Gotham; più ci penso e più mi sembra un sogno che possa sgretolarsi da un momento all'altro; solo quando sarò sull'aereo sarò sicura che nessuno potrà più portarmi indietro.

Senza indugiare, controllai per l'ultima volta di aver preso tutto il necessario poi con un grande nodo in gola portai la valigia in salotto. Come al solito mia zia stava pulendo, io mi sedetti sul divano e aspettai che mi dicesse qualcosa, ma dalla sua bocca non uscì neanche una sillaba; per un attimo pensai che fosse del tutto disinteressata del fatto che stavo per partire, per inciso per un mese; ma tutti i miei castelli mentali crollarono quando mi squillò il telefono.

 Zoe era arrivata, feci un respiro profondo e mi alzai dal divano, guardai la zia, aveva gli occhi lucidi, il mio nodo in gola si fece sempre più stretto fino a quando anche respirare risultò doloroso. Senza dire niente l'abbracciai e non appena la sentii sussultare iniziai a piangere per infiniti motivi; il primo di tutti era perché le stavo mentendo, poi me ne stavo andando per un mese, che per me è tantissimo, e sono sicura che mi mancherà un sacco anche se nell'ultimo periodo non abbiamo fatto altro che litigare in continuazione... in più so già che per non stare male quando sarò via, non le risponderò al telefono neanche una volta... poi quando tornerò mi farà delle ramanzine per un mese a fila perché non ho risposto alle sue chiamate...

Tutti questi pensieri incominciarono a sovrapporsi sempre più velocemente e per un attimo mi sentii così stordita che per poco caddi a terra. Cercai di ricompormi e la salutai con un semplice "Ciao". Mano a mano che mi allontanavo l'angoscia aumentava, ma allo stesso tempo ero anche entusiasta per il viaggio che stavo per compiere.

Misi la valigia nel baule e salii dal lato del passeggero:

- Pronta? – mi domandò Zoe

- Sì – sospirai – speriamo solo che tutto vada per il meglio –

- Non ti preoccupare – mi rassicurò lei, poi mise in moto e partimmo per l'aeroporto. Accessi la radio al massimo e incominciai a fantasticare sul ragazzo che avrebbe interpretato Clyde, chissà se è carino? Non vedo l'ora di conoscerlo. I miei pensieri furono bruscamente interrotti quando Zoe parcheggiò la macchina.

Entrambe prendemmo le valigie e ci dirigemmo all'interno dell'immenso Newark airport, dopo aver girato a vuoto per un po' tra la folla, finalmente trovammo il mio gruppo. Zoe mi abbracciò stretta e mi avvertì per l'ennesima volta di non fare delle cazzate. Dopo di che mi unii al gruppo e partimmo per la nostra avventura. Superammo i controlli poi corremmo per i corridoi come dei pazzi, ammirammo l'aereo e tra miliardi di foto salimmo e aspettammo con ansia che si accendessero le spie raffiguranti le cinture poi decollammo e fu pura magia.

...

Si accese la spia che indicava di allacciare le cinture, stavamo atterrando, il cuore mi balzò in gola, ancora non riuscivo a credere che ero a Gotham. Lanciai uno sguardo fuori dal finestrino, e notai che stavamo passando sopra al mare, diretti verso l'imponente isola. Una volta atterrati, ci dirigemmo a recuperare i bagagli, appena presi il mio, mi avvicinai alla grande vetrata che dava sulla città. A prima vista mi ricordò un po' New York, tuttavia solo ora capii cosa intendeva mia zia. In effetti non dava senso di sicurezza, è vero che neanche New York è un paradiso, però questo posto mi ispirava omicidi... probabilmente le luci assai lugubri dei lampioni non aiutavano molto.

- Allora Mad... come ti sembra?- chiese una voce alle mie spalle, era il mister

- Bhe – dissi incerta – da l'impressione di essere come Manhattan... alias pericolosa-

- In effetti si deve stare attenti, ma non preoccuparti, vi dirò io quali sono i posti che dovete evitare – disse stringendomi le spalle, annuii e così tornammo dal resto del gruppo. Mi aggregai alle altre e incominciammo una pura sessione di gossip intensivo, il quale è ritenuto dalla scienza come la migliore valvola di sfogo che esista.

All'uscita dell'aeroporto ci stava aspettando un pulmino privato che ci avrebbe scortato fino all'albergo, con grande piacere, scoprimmo che l'autista paffuto aveva il compito di farci fare un breve tour della città.

La cosa più ridicola per la quale non riuscivamo a smettere di ridere era il fatto che l'autista si stava trovando in difficoltà nell'interpretare il ruolo di guida turistica; non azzeccava una parola, e quando era riuscito a catturare la nostra attenzione... era passato col rosso, rischiando di fare un incidente. Le altre continuavano a ridere, io tuttavia, penso che il gioco è bello fin che è corto, infatti iniziai a ascoltare la musica. Lasciai che le dolci melodie mi cullassero tra le modeste vie della città... ogni via era contornata da immensi palazzi, uno più sporco dell'altro, e come a NY, quando alzavi il capo per osservare il cielo, vedevi solo lo smog e i riflessi delle luci della città.

Sperai con tutta me stessa di cambiare opinione sulla città, anche se mi inquietava molto; incominciai sempre di più a dare ragione alla zia, infatti per un attimo pensai di prendere il primo aereo per New York.

La parte folle di me fece capolino e mi convinse che il Mister ci avrebbe indirizzato nei posti migliori, così da tenerci fuori dai guai; risi tra me e me, sicuramente io non mi sarei cacciata nei guai, pensai sarcasticamente.

Per gioia dell'autista, arrivammo al nostro albero: Hotel Royal. Era immenso e dava l'idea che vi risiedessero le star. Quando entrammo nella Hall restammo a bocca aperta, il pavimento di marmo bianco rispecchiava la luce dell'immenso lampadario di cristallo situato al centro della sala.

Un pinguino magro in picco si fece avanti dandoci il benvenuto, ci spiegò le varie regole e sottolineò più di una volta quanto fosse importante non fare casino. Dopo la noiosa introduzione venimmo scortati nelle nostre stanze, io, per via del fatto che avevo dato la conferma all'ultimo, mi ritrovai una stupenda stanza solo per me.

L'intera camera era lussuosa come l'intero albergo, abbandonai la valigia vicino all'armadio poi mi buttai sul letto matrimoniale, scrissi un messaggio veloce a mia zia per dirle che stavo bene e infine sospirai, ce l'avevo fatta, ora nessuno mi può riportare indietro.





Salve a tutti,

Scusate immensamente per il ritardo, ma in questi giorni sono stata super impegnata tra scuola e altri problemi. Spero che il capitolo vi piaccia... a presto!

Un bacio

Elly


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