• Capitolo 8

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                                       DESTINY

Mi sveglio e scopro che è sabato. Non ero particolarmente stanca, con Bill era stata una serata sobria e piacevole. Una cosa avevo ben chiara, che volevo continuare a vederlo. Quando giravamo per quelle strade potevo sentirmi come se fossimo una coppietta felicemente innamorata e le persone ci guardavano ridere con enorme entusiasmo; non era solito da me ritrovarmi a pensare ad un ragazzo dopo una settimana ma lo stavo facendo. Mi sentivo lasciare andare mano a mano che lo vedevo e anche se fra di noi fino ad allora non c'era stato niente, il mio cervello mi conduceva a lui sempre più rapidamente.

Mi alzo e affronto la giornata con un sorriso.
- Buongiorno - dico mentre saluto la famiglia già al tavolo a far colazione.
- Ciao sei già in piedi? - dice mia mamma mentre spalma la marmellata sulle fette biscottate.
- Si non ho sonno - rispondo prendendo posto anch'io.

Quando mi alzo dal tavolo mi appoggio al finestrone del salotto e scopro che piove.
Le giornate da settembre in poi a Berlino si sarebbero accorciate e avrebbe fatto sempre più freddo, era un trauma per me aspettare quel fatidico bus ogni mattina a congelare. Era ora che prendessi la patente forse. Sarebbe stato un buon pretesto per iscrivermi, prima non ci avevo mai pensato, usavo uscire con amici che la macchina la conducevano loro, ma da quando le nostre strade si erano divise per forze maggiori, mi era rimasta solo Cloe, che di patente non ne parlava neppure.

Ricordo che i miei genitori avevano detto che sarebbero partiti e vado da mio padre:
- Papà a che ora partite? -
- Tra poco carichiamo le valige - risponde lui sistemandosi i capelli nel bagno.
- Va bene -

                                             BILL

Ovviamente era sabato per tutti ma non per me e Tom che ci alzavamo per concludere la settimana lavorativa.
Di solito ero io ad usare la macchina ma cercavamo di dividerla per giorni alterni e quella mattina avevo deciso di lasciarla a lui e di andare in bus.

Quando salgo mi reco agli ultimi posti in fondo, dove non era seduto nessuno.
La strada era abbastanza lunga e quindi mi portavo sempre un paio di cuffiette per ascoltare la musica.
Accendo il display del telefono e metto d'istinto "I don't want to miss a thing" degli Aerosmith. Era una canzone decisamente romantica ma che a modo suo trasmetteva anche euforia. Ero contento di aver trascorso una serata con Destiny. Mi stavo accorgendo che passare del tempo con lei mi permetteva di distrarmi dalla quotidianità e quindi di non pensare continuamente alla mia situazione disperata. Era questo che ci voleva in fondo, un qualcuno che ti capisse, che ti circondasse di affetto e che ti regalasse sorrisi sinceri. A lei bastava ridere ed io la seguivo a ruota. Quello che mi importava era che le cose continuassero con quella spontaneità con la quale ci siamo conosciuti.

Prenoto la mia fermata e quando le rumorose porte si aprono scendo e mi dirigo verso il bar per fare le mie quattro ore. Il sabato fortunatamente restavamo aperti solo per mezza giornata.

                                           TOM

Parcheggio nel primo spazio che trovo e poi faccio per entrare in officina mordendomi il labbro fino ad irritarmelo.
Quella mattina dovevo stare calmo, sapevo che dopo la discussione con Peter, mi avrebbe lanciato qualche provocazione per farmi perdere il posto di lavoro, non aspettava altro. A dir la verità non sapevo come aveva potuto assumermi, era cosciente fin dall'inizio del fatto che io non fossi un ragazzo che subisce e sta zitto.
- Ciao ragazzi - saluto i miei colleghi già con la mascherina anti-polveri allacciata.
- Tom nel mio ufficio - dice Peter attaverso la finestra della cabina.
Un nodo mi assale in gola e dall'altra parte mi sento irritato. Se mi avesse ammonito o licenziato per il mio modo di comportarmi e di protestare avrei dato fuoco all'edificio.
Apro la porta della cabina e la chiudo alle mie spalle, in modo che gli altri non sentissero i cazzi miei.
- Dimmi - dico noiosamente.
- Ieri non abbiamo avuto tempo per parlare perchè non mi sono presentato ma oggi mi sembra dovere chiarire la questione di giovedì - dice lui con il suo modo di fare arrogante.
- Non ho niente da dire al momento - rispondo secco.
- Tom nella vita ci sono regole da rispettare, e tu non puoi farmi problemi se io ti do cento euro di meno per una volta. Io sono il capo e tu il dipendente, come la mettiamo? -
Ero già al limite della pazienza dopo le prime due frasi ma stavo cercando di stringere i pugni e trattenere la rabbia:
- Io ho bisogno di soldi, non ho una famiglia che mi mantiene, ho solo mio fratello - rispondo all'apice dell'isteria ma con tono molto pacato.
- Avanti su cento euro non saranno mica la fine del mondo - dice lui sventolando la mano in aria con strafottenza.
- Peter, te lo dico seriamente, forse hai pensato che io sia uno stupido ragazzetto di diciotto anni ma sappi che non è così. Ho resistito fino ad ora perchè questo posto è l'unica chance che ho e non voglio che tu mi metta i bastoni fra le ruote - dico sputando la verità d'un fiato.
Poi aggiungo: - Però se tu continuerai a trattarmi male, sarò io ad andarmene -
I suoi occhi si chiudono in una fessura come per studiarmi da cima a fondo. Forse non lo spaventava che io me ne andassi, ma che avrei potuto raccontare i suoi traffici illegali sì. Voleva liberarsi dell'unica figura coraggiosa dell'officina e tenersi i quattro cagnolini al servizio. Lo avrebbe fatto prima o poi, ma voleva uscirne a testa alta.

- Io ti do le cento euro, ma i tuoi giorni qui dentro sono contati- risponde lui con tono minaccioso passandomi vicino e aprendo la cabina per uscire.
Ero sull'orlo di una crisi di nervi e per calmarmi poggio le mani sulla scrivania e sospiro per scaricare la tensione. Dovevo trovare una soluzione e andarmene via da lì il più presto possibile.

                                            BILL

Finito il turno rientro a casa con il bus e quando scendo alla mia fermata posso sentire l'odore di bruciato evadere le mie narici. Suoni di sirene e un enorme cumulo di fumo grigio provenivano dalla mia via o meglio dal mio palazzo.
Quando mi avvicino al posto, scopro una signora sulla settantina piangere mentre viene scortata fuori da due ragazzi molto robusti con le divise da vigili del fuoco. La signora sembrava essere sotto shock e ferita all'addome e sul viso.
Era successo qualcosa di grave.
Il vicinato era nel cortile a mormorare sull'accaduto. C'era chi urlava contro i carabinieri qualcosa di incomprensibile da parte mia e c'era chi si dirigeva all'esterno con delle borse e delle valige. L'unico che non sapeva cosa stesse succedendo ero io.
Mi avvicino ad un carabiniere seduto dentro la macchina con la portiera aperta che stava probabilmente verbalizzando qualcosa.
- Mi scusi?- dico cortesemente.
- Un attimo solo - dice lui senza neppure guardarmi.
Aspetto e nel frattempo guardo il palazzo. Nessuna traccia di fuoco ma alcune finestre rotte. Sposto gli occhi verso il mio balcone sperando che Dio mi volesse bene e invece scopro che la vetrata è completamente spaccata. Mi assale un nodo che non mi permette di respirare bene quando il carabiniere si presta alla mia attenzione: - Mi dica -
- C..cosa è successo? - chiedo con l'ansia a mille.
- Una fuga di gas. Una signora anziana ha acceso la luce non curante che la chiave del gas fosse aperta da ore e ha fatto saltare il suo appartamento ripercuotendo danni anche sugli altri - dice lui con tono tranquillo.
Rimango fisso sul mio appartamento. Gli occhi improvvisamente mi diventano lucidi e i battiti iniziano ad accelerare.
- Posso entrare? - chiedo intimorito di cosa avrei potuto trovare.
- Certo signore l'area è accessibile per tutti coloro che devono prendere qualcosa, questa notte il palazzo sarà sotto osservazione e perciò le case dovranno essere sgomberate fino a quando non ve lo diremo noi - 
E io dove andavo adesso? Come lo avrei detto a Tom che casa nostra non c'era più?
- Quanto ci metteranno a ristrutturare le abitazioni? - chiedo quasi piangendo.
- Signore non credo che i lavori verranno finiti nel giro di poco, dovrà trovare un'altra sistemazione -
Ero spiazzato. Morto. Senza un briciolo di tranquillità. Non sapevo dove andare a sbattere la testa.
Le mie mani tremano e il mio viso si corrugava per cercare di trattenere le lacrime. Eravamo destinati alle sventure.

{Eccoci qua, la storia sta prendendo una piega diversa ora. Ho voluto inizialmente farla leggera per dare un carattere ai personaggi, ora sarà dura per Tom e Bill. Se vi piace e se vi ha colpito quest'ultima parte potete votare o commentare, a me fa sempre moltissimo piacere sapere che mi seguite! Un bacio❤}
Ps. Come vi ho scritto nell'altro capitolo, mi ritrovo a dover pubblicare di nuovo questa parte. Dal prossimo capitolo subentreranno le parti nuove finalmente, continuate a leggere😘😘😘

The Same Souls {Le stesse anime} TWINSKAULITZDove le storie prendono vita. Scoprilo ora