17. already dead

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Il mio braccio fa più male a ogni passo veloce, non sarei sorpresa se alla fine di tutto questo, se mai ce ne sarà una, fossi costretta a farmelo amputare.
I ragazzi dietro di noi si fanno sempre più vicini, i loro piedi colpiscono l'acqua con sempre più forza e velocità.

«Non so dove stiamo andando, dobbiamo fare qualcosa!» grida Matt con il fiato corto.

«Quanti sono?» grido io in risposta.

I respiri affannati della ragazza che Matt ha salvato poco fa coprono leggermente le nostre voci, quindi io e lui siamo costretti ad usare toni troppo alti, cosa che probabilmente tradisce la nostra posizione e permette ai ragazzi dietro di noi di individuarci meglio.

«Quattro, massimo cinque» grida Matt senza esitare un secondo. La sua corsa è rapida e regolare, è incredibile come riesca a pensare così lucidamente e fare quello che stiamo facendo allo stesso tempo. «Posso provare a sparargli, ma probabilmente non farei in tempo.»

Non so per cosa sto combattendo così duramente, ormai il salvare Melanie è quasi secondario, la mia mente si è quasi arresa all'idea di non riuscirci, potrei semplicemente fermarmi, smettere di correre e finirebbe tutto, ma non riesco. Sarà l'adrenalina, la paura, ma non riesco ad arrendermi adesso, e non voglio farlo finché sono con Matthew e so che lui può trovare una via d'uscita.

«Prima o poi ci deve essere un altro bivio, possiamo seminarli!» grido anche io, sento gli occhi riempirsi di lacrime, e non so il perché. Questa non è la situazione peggiore in cui mi sono trovata oggi. Essere rinchiusa in quel palazzo, scalare la tromba dell'ascensore, tutto quello era decisamente peggio, ma la fatica si sta accumulando e sento solo voglia di gridare e piangere.

«Tu riesci a vedere qualcosa? Non so nemmeno dove ci troviamo.»

Giusto. Potremmo già aver superato dieci incroci e non saperlo. Proposta stupida.

Gli affanni della ragazza si fanno quasi violenti quando sento degli schizzi d'acqua bagnarmi le gambe e un rumore pesante.

«Non- non ce la faccio,» la sua voce è spezzata da singhiozzi, sembra una bomba sul punto di esplodere, con il fiato che si accorcia seguendo il conto alla rovescia. 3, 2, 1, un colpo.
E anche lei tace.

Mi sento tirata verso il basso, così mi accascio per terra senza energie.

«Spara!» mi ordina la voce di Matthew, così punto la pistola davanti a me e sparo alcuni colpi alla cieca, sperando di colpire qualcuno ma non capendo comunque cosa sia successo.
Dei colpi arrivano anche dai ragazzi mascherati, così cerco di abbassarmi sempre di più provando a non lasciare che l'acqua sporca delle fogne bagni il mio braccio ferito.

«Ho un'idea.» Matthew si muove all'improvviso, e l'acqua con lui. «Nasconditi dietro di lei.» dice, tocca il mio braccio e mi sposta in avanti, «Devi usarla come scudo e illuminare davanti, così posso sparare.»

Lo guardo sconvolta senza ricordarmi che non può vedermi, una ragazza è morta e lui pensa a sfruttare la cosa per trarne vantaggio.
È così sbagliato, ma probabilmente è quello che qualsiasi persona farebbe in una situazione del genere.
I proiettili continuano a superarci senza arrivare nemmeno lontanamente vicini a noi, e ne sono grata.

Mentre Matthew continua a sparare, mi allungo in avanti appoggiando la pistola sulle gambe per qualche istante, con queste incrociate afferro qualcosa, probabilmente le spalle della ragazza senza vita. La sposto mettendoci tutte le forze che mi restano, e faccio si che il suo corpo si appoggi al mio. Questa è di sicuro la cosa più disgustosa che abbia mai fatto, la cosa più disumana e peggiore che lo Sfogo mi abbia mai costretta a fare, a parte uccidere.

Pochi secondi dopo sono pronta, afferro la pistola e tengo il corpo della ragazza dalla vita con lo stesso braccio, con l'altra mano prendo il cellulare dai pantaloncini, «Sei pronto?» gli chiedo non aspettandomi una risposta, dopo un veloce conto alla rovescia lo accendo e faccio partire la torcia. Illumino prima la parte sinistra, e li trovo subito.

Sono quattro ragazzi, e diventano subito due, non appena Matt spara i primi colpi. Inizialmente sono colpiti dalla luce, ma quando si riprendono e provano a sparare contro di me, colpiscono la ragazza. Il contraccolpo mi fa indietreggiare, quasi cadere all'indietro, e sparo un colpo involontariamente che arriva vicino ad uno dei due, che prova a nascondersi dietro all'altro.
Matthew spara ancora, colpendoli entrambi uno dopo l'altro, e io lascio cadere in avanti il corpo della ragazza per poi muovermi sulle ginocchia fino alla parte cementata e appoggiare la schiena contro il muro, sedendomi e lasciando la pistola e il cellulare si appoggino a loro volta al suolo.

È finita anche questa, ce l'avete fatta, ora calmati. Continuo a ripetermelo mentre singhiozzi e lacrime prendono il sopravvento su di me. Non è da me
piangere, e mi odio per star lasciando che la debolezza si impossessi di me, ma sento il bisogno di sfogarmi e non so se ne avrò ancora occasione.

«No, no, no, dobbiamo andare.» Matthew si affretta a raggiungermi, scivolando tra i suoi stessi passi. «Questo non è un posto sicuro, potrebbero esserci altre persone.» prova a spiegarmi ma non lo ascolto, le sue mani si appoggiano sulle mie braccia, provando a fermare il mio tremolio.

«Non ci sono posti sicuri, siamo già morti, non capisco nemmeno perché continui a combattere.» sbotto, le mie parole sono mischiate al pianto e la mia voce è un po' troppo alta per il silenzio tombale che c'è in questo momento.

«Tu non capisci, non posso arrendermi, e non posso lasciare che tu lo faccia, devo farlo per Cameron.»

Killer Game | Matthew Espinosa Dove le storie prendono vita. Scoprilo ora