40 . Anime spoglie

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Montréal, Canada.
Appartamento di Astrid Sullivan.

Tony la seguì sulle rampe, tra i muri bui e stretti che sapevano di aria viziata e fumo di sigaretta. Si fermarono davanti alla porta la cui vernice stava cedendo ai bordi. Astrid dovette giocare con la chiave e reiserirla più volte. Non l'aveva mai fatta aggiustare.

Nell'istante medesimo in cui l'aria esterna e quella interna si incrociarono, Astrid inalò l'odore di quelle pareti come un profumo pregiato. Le parve strano, un poco estraneo, ma sapeva di tranquillità, rassicurazione, protezione. Sapeva di casa.

L'interruttore non funzionava, ma con la luce opaca che fendeva dalle finestre, ci si poteva orientare anche nella penombra.

Appese il giubbotto sull'attaccapanni zoppo con un lancio cieco. Si sfilò le scarpe e le abbandonò all'entrata. Saltellò tra le stanze come in mezzo alle giostre di un Lunapark. Davanti alla camera da letto si sentì come se qualcuno le avesse strappato un arto senza anestesia.

Passò col dito sulla scrivania malconcia, la fila di libri sgualciti sulla mensola storta, quel logoro guardaroba che avrebbe dovuto cambiare più di un anno prima, la cassettiera a cui mancava una maniglia. Il primo cassetto grattò un po'. Ci infilò una mano per tastare il fondo.

Tony infilò il naso da dietro la porta. Studiava la stanza con un paio di occhioni grandi e curiosi.

-Dovevo immaginarlo. - disse lei, mentre chiudeva il cassetto con un colpo deciso. - Hanno preso tutto. Persino il mio diario.

-Tenevi un diario? - esclamò lui sorpreso, forse con un filo di derisione.

-Sì, io... Quando è scomparsa Samantha ho preso l'abitudine di annotare tutto quello che succedeva. Ogni indizio, ogni dubbio, ogni dettaglio insolito. Trovare le prove che fosse stato Gus era diventata un'ossessione. Ovviamente è risultato inutile. L'avevo lasciato qui, non pensavo che venissero a rovistare e invece...

Ora avevano tutto. Avevano i suoi pensieri, le sue teorie e avevano anche la sua amica e la loro storia. Si incantò a fissare l'alone scuro dove una volta doveva essere appeso un quadro. Si accorse più tardi che il suo ospite non osava entrare senza un invito esplicito.

-Scusa, sto diventando cupa... Vuoi da bere? Forse posso offrirti qualcosa io, stavolta. Se non mi hanno svuotato anche la cucina!

Lo sorpassò senza guardarlo negli occhi. Stark si fece tutt'uno con il capostipite per lasciarla passare, mentre si dirigeva verso quella che doveva essere la cucina, un antro buio e infestato di ninnoli inquietanti. Tony fece fatica ad immaginare fossero lì grazie a lei.

Una mano tra i capelli come per scovare un argomento che la salvasse dall'imbarazzo, Astrid aprì il frigo, come se per qualche ragione dovesse essere acceso. Un lezzo putrido corse fuori asfissiante.

-Oh, merda...

Estrasse una vaschetta di cibo preconfezionato aperta e scaduta da troppo tempo. Gettò il contenuto nel cestino, annotando mentalmente che non doveva dimenticarsi di portare fuori la spazzatura. Aprì la piccola finestra cigolante, quasi sdraiandosi sul piano di lavoro. Le servirono un paio di pugni col dorso della mano per spalancarla completamente. L'aria autunnale prese possesso della stanza con una sferzata tagliente, ma lei non fece una piega. Stark la squadrò come se fosse pazza.

All'improvviso si sentiva così in soggezione, come se quegli occhi giudici si aspettassero da lei chissà quale prestazione.

-Toh, guarda! - si illuminò alla visione della bottiglia che quella lontana mattina non aveva avuto il tempo di finire. Era ancora lì che l'aspettava, piena per due terzi.

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