Capitolo 13

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<< Come osi? >> dissi seguendolo.
<< Io oso eccome.>> disse entrando nella stanza in cui mi ero risvegliata.

<< Questa è camera tua? >> dissi guardandomi attorno.
<< No ci vive mia zia Marinne.>>
<< Sei proprio negato a fare battute. >> dissi sedendomi sul letto, mentre rimbalzava su e giù, sotto il mio peso.

<< Grazie e poi non era una battuta. >> disse chinandosi, apri un casseto nella parte basa dell'armadio e prese una camicia bianca.
<< Davvero?>> dissi distentendomi sul letto, con i piedi che erano appoggiati sul pavimento.
<< Si. >> disse secco quasi irritato allacinadosi la camicia.
<< Io dico di no. >> dissi andando verso di lui.
Mi fermai a pochi centimetri da lui e inizia a sbotonargli l'indumento , sotto il suo sguardo più curioso che shockato.
<< Non penso che sia il caso...>> disse prendendo le mie mani.
<< Ma che hai capito. >> dissi ridendo.
<< Che idiota, avevi la camicia abbotonata male. >>
Mi guardo per un attimo stranito.
<< La camicia. >> dissi indicandola.
<< Si, giusto. >> disse continuando a sbottonarsela per poi allaciarsela on modo corretto.

<< Così va bene. >> disse dopo aver finito.
<< Sei strana lo sai?>> disse appoggiandosi all'armadio.
<< Io strana, e perché mai. >> domandai risidendomi sul letto.
<< Non so i tuoi atteggiamenti, tu, come parli come ti comporti, sei strana. Non so diversa, come se venissi da un altro pianeta.>>

<< Forse è meglio che chiami mia madre, probabilmente sarà su un letto ad aspettare che passino ventiquattrore da quando mi ha visto per poter denunciare la mia scomparsa. >>
<< È lo dici così. Ragazzina ho già abbastanza problemi di mio, non mi servi anche una qualche figlia di papà che mi metta nei casini con gli sbirri. >> scatto improvvisamente.
Lo guardai per un attimo.
<< Dammi un telefono. >> sbottai, uscendo dalla stanza.

<< In salotto. >> disse seguendomi.
<< Sta calma. >> disse prendendomi per un braccio.
<< Non toccarmi. Dov'è?>>
Me lo indico, era in un angolo vicino alla cucina.
Composi il numero di mia madre, squillò una, due, tre volte, ma non rispose.
<< Se non volevi guai allora non avresti dovuto rapirmi. >> sbottai nervosa.
<< Io non... >>
Lo interrompei. << Prendermi, portarmi in salvo, chiamalo come vuoi. >>
Attaccai.
Niente mia madre non rispondeva.
Composi un altro numero.
<< È per la cronaca non vedo mio padre da 11 anni. >> dissi componendo il numero di Jake.
Miguel apri la bocca per dire qualcosa, ma lo io lo interrompei prima che potesse profelire parola.
<< Jake... Si sono io, c'è Caroline accanto a te? >>

Due ore dopo, ero in macchina con mia madre.
Neanche mezz'ora dopo che l'avevo chiamata, lei aveva mandato subito un paio di agenti a casa di Miguel, per controllare che fosse tutto apposto, e una decina di minuti dopo era arrivata anche lei, inutile dire che sarebbe voluta saltare addosso a Miguel e farlo arrestare per il resto della sua vita, e probabilmente avrebbe voluto fare lo stesso con me.

<< Zoe non uscirai mai più da sola per, ecco per... >> urlò isterica mia madre uscendo dalla macchina.
<< Tu rimarrai in punizione fino...>>
<< O mamma risparmiati per favore, io sono in punizione da praticamente tutta la vita. >> dissi andandomene verso il cancello.

<< Zoe, smettila, sai che lo faccio per il tuo bene. Zoe, Zoe non andartene quando ti parlo. >> ricominciò a urlare isterica.
<< Seeh.>> sussurrai, suonando il campanello.
<< Apritemi dannazione. >> dissi battendo forte alla porta.

<< Oh Zoe sei tu, eravamo veramente preoccupati. >> mi apri Jake parlando con il suo solito tono calmo e pacato.
<< Si, mi dispiace e tutto. >>
Atreversai il salotto, dando un occhiata veloce su chi c'era mentre salivo le scale.

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