Capitolo 10

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<< Come mai conosci questi ragazzi?>> le domandai.
<< E tu perché mi fai questa domanda?>> chiese poggiando la mano sulla maniglia della porta.
<< Non saprei, e solo che...>>
<< Solo che sembriamo diversi?>>

"Diversi, e chi ha parlato di diversi, e poi in che senso sembriamo diversi? Io stavo per dire... Neanche io so esattamente cosa stavo per dire, solo che io le ragazze come lei le conosco, senza neanche conoscerle, un paradosso, ma è questo quello che fai quando non stai con nessuno, rimani nel tuo piccolo cerchio, con te e te stessa, nel buio del tuo cuore e nella luce della tua anima, e impari a giudicare le persone, senza neanche conoscerle, e alla fine accade quello che avevi immaginato, a arrivi a dire a te stessa <<Te l'avevo detto>>. "

<< No, non c'è un motivo preciso per cui te lo chiesto, ero curiosa e basta. >>
Mi sorrise, entrando nel locale seguita da me.
<< Sono gli amici di mio fratello. >>
<< Ah... >> dissi con noncuranza, guardandomi attorno.
Il locale era abbastanza carino, un ambiente caldo e familiare.

Una donna con la divisa rossa mi sorrise appena incrociò il mio sguardo, aveva la pelle scura e gli occhi color cioccolato e i lunghi capelli corvino erano raccolti in una coda

<< Ciao Lia. Il solito grazie. >> disse Ashley andando a sedersi su una delle seggiole davanti al bancone.
Mi sedetti accanto a lei.

<< Per la tua amica invece? >> chiese la donna, mentre ci dava le spalle intenta a fare qualcosa.

<< Emm... >>
<< Ah il menù è lì. >> disse Lia indicando un punto in cui c'erano appoggiati gli uni sugli altri menù.

Ne presi uno.
<< Penso che prenderò un frullato alla fragola e banana, grazie. >> ordinai appoggiando il menù rosso sopra il bancone.

Dopodiché Ashley si alzò e andò a sedersi in direzione dei ragazzi in fondo al locale.

<< Luke vai più in lì.>> disse Ashley sedendosi accanto a lui.

Rimasi ferma davanti al tavolo, c'era un posto accanto a Damon, ma non volevo sedermi accanto a quell'idiota.

C'erano i camerieri che andavano da una parte all'altra del locale e io ero lì che ostacolavo il loro percorso.

<< Che fai ti siedi o vuoi continuare a rimanere lì in mezzo ai coglioni? >> chiese Cameron

Lo fulminai con lo sguardo poi mi sedetti accanto a Demon, a distanza di sicurezza, davanti ad Ashley.

I ragazzi iniziarono a parlare tra loro, escludendoci dalla conversazione.

<< Sorellina hai ordinato anche per noi vero?>> domandò Luke mettendo un braccio attorno alle spalle di Ashley.

<< Sorellina? >> domandai stupefatta.
<< Zoe te l'ho detto prima. >> disse lei guardandomi stranita.

<< Ah si, no, forse si. >> dissi ricomponendomi.

<< Si lo so, sembra impossibile che uno come me sia fratello di questo sgorbietto qua, ma che ci vuoi fare madre natura è strana. >>

<< Uno toglimi le mani di dosso cretino, due non chiamarmi più cosi e tre vattela ad ordinare da solo la tua stupida roba. >> disse lei con fare arrabbiato, mentre leggeva qualcosa al cellulare.

<< Io vado a prendere da mangiare. >> sbuffò Demon alzandosi, mi spostai per farlo passare e poi mi risedetti .
<< Va bene ma fammi passare ...>>
Ashley si alzò, seguita dal fratello.

<< Sgorbietto. >> disse lui strappandole il cellulare dalle mani ridendo.
Lei si alzò di scatto infuriata.
<< Mmm... chi è questo Daniel, non voglio che il mio sgorbiettino si senta con certi individui. >> la derise lui rigira dosi il telefono fra le mani.

<< Luke vieni subito qui!>> urlò lei arrabbiata.

Li guardavo dal mio posticino, come facevo spesso.

Dicono che nella vita ci sono tre tipi di persone: colui che agisce, colui che racconta e colui che ascolta

Io non appartenevo a nessuna delle classi.

Guardavo.
Gli guardavo senza espressione, cadendo nuovamente nel mio baratro.
Mi mancava.
Vederli così mi fece ricordare mio fratello.

Mi accasciai pesantemente sulla sedia rossa.

<< Zoe? >>

<< Mmm... >> risposi meccanicamente.

<< Stai bene?>> l'effetto di quel suono  fu come un secchio di acqua gelida su un corpo morto abbandonato nel deserto.
<< Sto bene. >>
<< Hai uno sguardo...>> si interrompè un attimo poi riprese a parlare.
<< Non so sembri strana.>>

Chiusi gli occhi e mi massaggiai la fronte con una mano.
<< Ho solo mal di testa. E smettila di guardarmi. >> dissi portando i capelli dietro la schiena.

Mi guardo con aria confusa.
<< Tu stai male. >> affermò distogliendo lo sguardo, scuotendo la testa.
<< Mi stavi guardando. >> dissi togliendo la mano dalla faccia.
<< Io non ti stavo guardando e poi come fai a dirlo, avevi gli occhi chiusi. >>
<< Tu smettila e basta! >>
<< E, e poi anche se fosse, se ti stavo guardando e dopo? >> chiese scocciato, alzandosi, lasciandomi sola al tavolo.

<< Lo sento... >>
Si girò a guardarmi, come chi è la notte stato morso da un ragno, e ora c'è l'ha affianco e lo guarda, lo guarda in un modo che non è curioso, ne spaventato, e nemmeno con odio, lo guarda in un modo a cui non è ancora stato dato un nome.
<< E mi da fastidio. >>

<< Tu sei pazza. >> disse andandose dagli altri, mentre scuoteva la testa e ripeteva le parole che aveva detto, ridendo in modo ironico.

Mi alzai anch'io.

Gli passai accanto e raggiunsi la porta.

Lo sentivo di nuovo, nonostante gli dessi le spalle.

Mi guardava dal suo posticino, mentre accanto a lui c'erano gli altri che ridevano.

Apri la porta e me ne andai.

E straordinario come per un attimo mi fossi dimenticata del perché.
Perché io ero così.
Mi fossi dimenticata di Zoe.

E ormai quella è la mia droga.

E io non potevo più farci niente.

Non avevo nessuno con me, ma almeno avevo me stessa.

Avvistai una panchina sotto una palma a qualche centinaio di metro da dov'ero.

Quando la raggiunsi, mi sedetti, raccolsi I capelli.

Guardai il cielo davanti a me.
Era confortante e allo stesso tempo deprimente.
Mi mancava il cielo sempre grigio  di Boston e anche la sua aria sempre fredda e soprattutto le folate di vento che a ogni soffio ti ghiacciavano da  testa a piedi e ma ti scaldavano il cuore.

E allora senti qualcosa dentro.

Presi un bel respiro.

Senti di nuovo qualcosa, ma sta volta non era dentro di me, ma mi stava bagnando la guancia destra, e poi la guancia sinistra.

Mi mancava
Mi mancava da morire.

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