Capitolo 15

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Alla fine mi addormentai, tra un singhiozzo e l'altro, sopra quella scomodissima sedia in plastica bianca.

<< Bill smettila e vai via. >> dissi agitando le mani davanti alla faccia.

Qualcuno accanto a me aveva appena fatto cadere qualcosa.

<< Ti ho detto di uscire. >> sussurai, la voce impastata dal sonno, con gli occhi che non ne volevano sapere di aprirsi.

Un'altro rumore.
Il rumore dei passi di qualcuno, che si stava avvicinando.

<< Bill! Stai lontano dalla mie cose ed esci dalla mia stanza.>> gridai arrabbiata per avermi svegliato, mentre mi alzavo dalla sedia diretta a mandare via quel imbeccile, che frugava fra le mie cose.

Entrai dentro la stanza.

La camera era immersa nell'oscurità più totale ed a una prima impressione era vuota.

<< Bill esci fuori, non ho voglia di giocare. >>

Andai ad accendere la luce.
Nessuna traccia di quella piccola peste.
Apri l'armadio, sicura che si fosse nascosto lì.
Non c'era.
Controllai anche sotto al letto.
Ma niente.

Mi sedetti sopra al letto esasperata.
<< Ti ho detto che non ho voglia di giocare, ora vai via o chiamo l'uomo nero. >>

Guardai la sveglia sopra il comodino.
Segnava le due trentasette.

<< Bill? >> riprovai

Silenzio.
Nessuna risposta.

<< Basta io vado a chiamare mamma. >> dissi andando verso la porta, sicura che così sarebbe uscito dal suo nascondiglio.

Però proprio all'uscita della camera, qualcuno mi prese da dietro, sollevandomi da terra e riportandomi dentro la stanza.

Mi divincolai cercando di liberarmi dalla presa dal mio aggressore.

Oh no, gli aggressori dell'altra notte mi avevano seguito fino a qui.
Io lo sapevo, lo sapevo di non essere pazza.
<< Cosa vuoi da me, prendi quello vuoi e lasciami. >> cercai di contrattare, provando a parlare con un tono di voce fermo, come avevo visto in qualche film.

Ma la mia voce risuonó più disperata che ferma.

<< Ehy... >>
Ma non ricevetti nessuna risposta.

<< Lasciami! Lasciami o mi metto a urlare, ho detto lasciami brutto vigli.. >>non riuscì a finire la frase che il mio agressore mi tappò la bocca con la sua grande e lurida mano.

<< E stai zitta un po'. >> disse quello portandomi verso il balcone.

La sua voce mi sembrava familiare.

Ma non mi fecci distrare e quando mi tolse la mano dalla bocca per chiudere la porta del balcone, mi misi ad urlare: << Aiuto! >>

Lui di risposta mi spinse sulla ringhiera.
<< Zoe stai zitta sono io. >>

Mi aveva spinta così forte che se non mi fossi tenuta alla ringhiera fortemente, sarei caduta dal secondo piano.

Quando mi girai a vedere la brutta faccia del mio aggressore, pronta a gridare aiuto, l'urlo mi morì in gola.

<< Che diavolo ci fai qui? >> gli chiesi arrabbita quanto stupita.

<< Non urlare ti ho detto. >> mi disse sottovoce lui avvicinandosi.

<< Stammi lontano. E poi dimmi la verità: eri tu anche l'altra notte vero? Io sapevo di non essere pazza, sapevo che non era solo un presentimento. >> gli domandi con una nota d'isterai nella voce.

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