Capitolo 17 Incompleto

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Qualcosa, un rumore, una situazione diversa da quella in cui ero;

Poi niente.

Di nuovo, una sensazione, diversa, qualcosa di diverso, la mia pelle, le mie orecchie, il mio naso sentivano cose, diverse, ma erano immersi in qualcos'altro, da cui non volevano riemergere.

Ah, poi niente.

Era dappertutto, era cambiato, anche quando cambiavo universo, io sentivo l'altro;

Non ho mai smesso, non mi ha mai dato pace, e col tempo impari a conviverci.

Silenzio e niente...

Guardavo il buio attorno a me.
Mi strinsi nelle spalle camminando.

Senti una morsa allo stomaco, mentre continuavo a camminare in quel luogo desolato.

"Forse era paura?" mi chiesi.
"No impossibile."

Come poteva farmi paura questo semplice buio, così inoquo, reale, veritiero.
Io che avevo convissuto per anni con il buio della mia stanza, quello che appena mi ritrovavo in essa entrava dentro di me, e permeava ogni mio respiro, ogni battito del cuore, ogni sussulto, ogni lacrima, penetrava anche nell'antro più profondo della mia testa, e io cadevo sotto alla suo peso.

No non potevo avere paura di questa oscurità, all'apparenza uguale alla mia.

Solo che la mia ti scava dentro, si impossessava di te alla ricerca delle tue paure più profonde, quelle più pericolose, quelle più fragili e se ne impossessava.

E se io avevo convissuto con quello, come potevo avere solo minimamente paura di questo.

Come si può avere paura del buio esterno dopo, che si è morti a causa del buio della propria anima.

"No non potevo."
Mi strinsi nelle spalle e continuai per la mia strada.

Era una stradina stretta, nera con quella sottile striscia bianca, entrambe infinite alla mia vista, avrei continuato a camminare finché non fossi arrivata a casa.

"Rimarrai per sempre sola..." disse poi una voce all'improvviso.
Risate.

"Povera illusa nemmeno sua madre la ama più" disse un'altra voce.
Risate

"Nemmeno la donna che ti ha messo al mondo può amare una creatura come te"
Disse un'altra voce.
E altre risate si presero gioco di me.

Mi fermai.
Un'altra morsa allo stomaco, più forte della precedente.
"No, io non posso avere paura di tutto questo ma dai sarebbe ridicolo." mi confortai, mentre i mei piedi riprendevano a muoversi.

"Piccola illusa, sei sempre sola, ovunque, in qualsiasi posto vai sei destinata alla solitudine."
Risate.

Mi fermai nuovamente, mentre il dolore allo stomaco si trasferì più in alto.
Alla gola.

"La solitudine è tua amica, la tua migliore amica, l'unica che tu possa avere, l'unica che tu ti possa permettere."

Sentivo un groppo alla gola, mentre il mio petto sembrava pesare tonnellate.

"Pure tuo padre ti ha abbandonato, e quando era con te ti piacchiava e basta, perché nemmeno lui ti amava."
Quest'ultima voce aveva qualcosa di diverso, riconoscevo la voce.

Ripresi a camminare.

Il respiro corto, mentre gli occhi bruciavano.

" Quella bambina si merita solo di essere picchiata, è impertinente, non ascolta, non è come tutte le altre. Ha qualcosa che non va dev'essere sistemata" questa volta larlò una voce diversa dalle tre precedenti.

"Lasciala stare, prima o poi cambiera, è solo una fase. " riconobbi anche questa voce.

Accelerai il passo.

" No, la devvo picchiare Caroline, è una piccola bastarda, quella brutta faccia deve essere sistemata, almeno la prossima volta abbasserà gli occhi quando le parlo."

Iniziai a correre, mentre le lacrime mi bagnavono gli occhi, volevo allontanrmi da quelle voci, volevo allontanarmi da loro, non volevo che mi seguissero anche qui, non volevo rivivere di nuovo tutto ciò.

Perché non potevo abbandonare tutto ciò, perché doveva seguirmi anche qui.
Perché quel dolore che mi aveva sempre fatto male, doveva illudermi, maschersi come quel buio che io avevo giudicato inoquo.

Il rumore di una porta che sbatteva, riccheggió dappertutto, ovunque in quel luogo oscuro.

Cadi a terra.

Le mani e le ginocchia doloranti per l'impatto.

Quando rialzai la testa, un urlò risuonk dappertutto.

Erano le mie urla

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